Su Rete 4 Vittorio Feltri ha invocato la fucilazione dei cacciatori a fini educativi.
«Una fucilazione dei cacciatori in massa non mi renderebbe triste, ma mi farebbe ridere [visto che così] capirebbero che non è gradevole pigliarsi una fucilata nel culo»: si sa che il gusto della provocazione lo coltiva da quando è nato, e che è impensabile che s’ammorbidisca a ottant’anni, ma comunque non si può fingere di non aver sentito le parole pronunciate da Vittorio Feltri durante Diario del giorno (Rete 4) di lunedì 3 luglio.
Coinvolto insieme a Michela Vittoria Brambilla in una discussione sul controllo dei cervi in Valtellina e sui problemi generati dalla coesistenza con orso e lupo, dopo essersi autodefinito «animalista fervente» Feltri si rende protagonista di un’escalation considerevole.
Una trasmissione a senso unico
Prima d’invocare la fucilazione di massa a fini educativi aveva infatti già detto che la caccia è «una pratica orribile e da far cessare»; che i cacciatori «se non sparano e non uccidono si sentono male, e allora vogliono lo sterminio che produce molti voti» a favore di «chi tutela la loro bramosia di sangue»; che «prendere il fucile e sparare è una cosa orrenda, che non ci rende umani ma disumani».
Due cose fanno specie: che lo studio fosse completamente orientato verso una sola posizione, nessun cacciatore presente (peraltro non sempre funziona; ma sarebbe bastato anche qualcuno con un po’ più d’equilibrio nell’analisi); e che oltre che un giornalista Feltri è un esponente politico, eletto in Lombardia con Fratelli d’Italia, partito guida d’un governo che la guerra ai cacciatori ha deciso di non farla.
Se ci s’aggiunge che il conduttore Andrea Giambruno che da Feltri non si dissocia (anzi, in un caso – non quello sulla fucilazione di massa a fini educativi, uno meno clamoroso – commenta «Sono assolutamente d’accordo con te») è il compagno di Giorgia Meloni, lo straniamento è totale.
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