La Cassazione s’è espressa sulla possibilità di punire le violazioni della legge sulla caccia anche con le sanzioni previste dal codice penale.
Se l’articolo 30 prevede già sanzioni specifiche le violazioni della legge sulla caccia non possono essere punite anche dal codice penale, neppure dall’articolo 544-bis relativo «all’uccisione di animali senza necessità»: si tratterebbe infatti d’un raddoppio estraneo all’impianto giuridico.
Lo ha chiarito la terza sezione penale della Cassazione (sentenza 7529/2024) accogliendo il ricorso d’un cacciatore grossetano che, all’interno della riserva naturale Foce Volturno Costa di Licola, aveva ucciso quattro marzaiole in periodo di divieto, impiegando mezzi vietati (fucile semiautomatico senza riduttore); pur considerando prescritte le violazioni della legge quadro sulla caccia, il giudice d’appello lo aveva condannato per il reato previsto dall’articolo 544-bis del codice penale.
Ma la normativa prevede che questa disposizione non valga per i casi previsti dalle leggi speciali (sulla caccia, sulla pesca, sulla macellazione, sulla sperimentazione scientifica sugli animali, sull’attività circense). Perché si possano applicare le sanzioni previste dalla legge quadro sulla caccia è infatti sufficiente che la fattispecie concreta rientri nella casistica; altrimenti ogni violazione della legge quadro sulla caccia finirebbe punita dal codice penale come «uccisione d’animali senza necessità».
Da queste considerazioni restano fuori il bracconaggio, che a differenza della caccia di frodo (il bracconiere è «del tutto privo di licenza») non ricade nel campo d’applicazione della 157/92, e il maltrattamento animale, del tutto estraneo alla caccia e dunque punibile anche con le sanzioni previste dal codice penale.
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