Caos nell’Arcicaccia: dal comitato scientifico si sono dimessi sia il responsabile Gabriele Sperandio sia l’ex presidente nazionale Osvaldo Veneziano.
Non è riducibile a una semplice questione interna: le dimissioni di Osvaldo Veneziano e di Gabriele Sperandio dal comitato scientifico dell’Arcicaccia, in opposizione esplicita alle scelte della dirigenza nazionale, si legano infatti a una riflessione profonda sul ruolo dei cacciatori e delle associazioni venatorie nella società contemporanea.
Nella lettera in cui rinuncia all’incarico Veneziano segnala la propria preoccupazione «per lo smarrimento dell’identità dell’Arcicaccia», della quale è stato uno dei presidenti nazionali più noti, e ricorda che ogni tattica risulta vana se non si riescono a individuare le priorità e i valori su cui costruire valide relazioni esterne; per farlo non ci si può allontanare dal «percorso di ricerca identitaria», nel quale contenuti, forma e dirigenza formano «un trinomio inscindibile».
Veneziano ricorda che l’Arcicaccia non ha mai avuto remore a prendere posizioni poco popolari tra i cacciatori: ha voluto i Parchi, s’è opposta alla caccia primaverile e all’uccellagione, ha chiesto la chiusura della caccia al fringuello, ha combattuto per far estromettere la Federcaccia dal Coni («così il Paese ha riconosciuto che la caccia non è uno sport»).
Per salvare la caccia («è già in necrosi») ritiene che occorra recuperare quello spirito, e trasformarla in cultura e pratica della gestione faunistica, ossia «in un prelievo conservativo rispettoso del principio di precauzione».
Ma l’Arcicaccia si sta muovendo su un piano diverso: Veneziano ritiene che gli Atc «siano stati venduti ai mercanti di tessere e di voti», e retoricamente si chiede quale voto di scambio sia più vergognoso «di quello che concorre scientificamente a distruggere il patrimonio delle generazioni future».
Le dimissioni di Sperandio
È molto critico anche Gabriele Sperandio, che oltre che da responsabile del comitato scientifico s’è dimesso anche dall’ufficio di presidenza nazionale: non condivide infatti «metodo e merito» delle valutazioni sul ruolo dell’organo che coordinava.
Anche la sua è una critica pesante: la sua lettera mette in evidenza le sconfitte dovute all’esclusione dell’Arcicaccia dal comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e dai comitati di gestione di alcuni Atc e «la mancanza [sia] di una gestione organizzativa collegiale», sia di «una linea associativa chiara, [aderente] alle idee che da sempre ci hanno contraddistinto da un mondo troppo demagogico e populista».
Sperandio sta vedendo svanire «i convincimenti culturali e scientifici» per cui anni fa s’era iscritto all’Arcicaccia, e che forse qualcuno «pensa scaduti»; pur restando disponibile a dedicare il proprio tempo all’associazione nelle Marche, si dimette perché non vuole inseguire «le posizioni anacronistiche e antiscientifiche della Fondazione Una», e «non vuole essere complice nel costruire la brutta copia di qualche altra associazioni venatoria ben più grande della nostra».
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