L’assunto, diffuso in gran parte del mondo venatorio, che un bel trofeo di capriolo o un trofeo kapital debba necessariamente, o quantomeno generalmente, appartenere a un animale maturo ci ha indotto a ragionare sul tema. Già parlare di animale maturo con un cacciatore evidenzia che la conoscenza della specie è ancora piuttosto limitata. Generalmente un capriolo, valutato dalla mandibola, di 6-7 anni è considerato vecchio. Ma che cos’è veramente un capriolo vecchio? Ricercatori francesi dell’Università di Lyon per anni hanno marcato i piccoli di capriolo e molti altri li hanno seguiti con radiocollari, scoprendo che ci sono maschi che arrivano a 15-16 anni e femmine anche oltre. Altri studi in Svizzera e Germania hanno dimostrato che i caprioli possono arrivare tranquillamente ai 15 anni di età. La verità però è che, come emerge da una ricerca tedesca, generalmente nella Mitteleuropa, con popolazioni gestite venatoriamente, solo il 15 % circa supera l’età di 4-5 anni. Diversi esperti hanno chiaramente affermato che, biologicamente parlando, un capriolo raggiunge la massima grandezza fisica appena a 4-5 anni e inizia a invecchiare e indebolirsi solo dopo i 9-10 anni. L’età che può raggiungere un animale in natura è poi di fatto strettamente correlata all’areale in cui il capriolo vive. Al di là dell’impatto venatorio e predatorio, l’età è correlata al consumo dei denti, e ciò è a sua volta correlato all’area in cui vive e quindi alla vegetazione di cui si nutre. Se i denti sono consumati e non può più assumere cibo, muore. Questa fase di decadenza abitualmente inizia dopo i 10 anni. Nonostante questa longevità, il massimo sviluppo del trofeo avviene solitamente entro il terzo, qualche volta il quarto e solo raramente il quinto anno e oltre, contrariamente a quanto crede la maggior parte dei cacciatori. Sorprende pertanto che anche su di una delle specie di ungulato cacciabile più comuni si ignori ancora così tanto. Torniamo però all’argomento principe dell’articolo, il rapporto tra la bontà del trofeo e l’età del capriolo. Mentre appunto nel cervo al crescere degli anni aumenta la prosperità dei palchi, almeno fino agli 11-12 anni, e necessariamente nel camoscio o stambecco ogni anno si aggiunge un anello d’età e quindi il trofeo cresce, nel capriolo è tutto un po’ più complicato. Abitualmente lo sviluppo maggiore avviene alla fine del secondo anno: successivamente si passa al risparmio, l’incremento procede con parsimonia, per fermarsi intorno ai 4-5 anni e poi mantenersi o calare già dal sesto anno. Le eccezioni naturalmente ci sono sempre e ovunque, ma questa sembra essere la regola.
Singolarità
I caprioli sono delle personalità, intese come individualità. Non sono fatti con lo stampo, non funzionano tutti in maniera uguale e pertanto non raggiungono in maniera uniforme il culmine della crescita del palco. Dipende dalla predisposizione e dall’ambiente in cui vivono. Certo è che al passaggio dal primo al secondo anno si ha l’aumento più consistente. Chi sostiene o respinge questa teoria, per sostenere la propria idea deve aver marcato molti piccoli, o kitz, come si è soliti chiamarli nelle alpi centro-orientali, nella sua vita. E poi averne osservato la dinamica. Infatti le marche auricolari o i radiocollari sono gli unici certificati anagrafici con validità. Il resto delle discussioni è solo fuffa. Il duca Alberto Leopoldo di Baviera (Herzog Albrecht von Bayern), grande cacciatore e ricercatore, oggi spesso declassato a studioso dilettante, nella sua riserva di Weichselboden in Stiria (Austria), oltre 10.000 ettari di dimensione, ha raccolto dei dati impressionanti. In 30 anni di osservazioni ha marcato 1.292 kitz maschi di capriolo, seguendone poi la crescita, documentata anche attraverso la raccolta di ben 3.425 stanghe. Una decina di guardiacaccia lo aiutò a raccogliere in maniera meticolosa, anche attraverso migliaia di fotografie, lo sviluppo dei singoli individui. Così fu possibile seguire una moltitudine di animali registrandone, attraverso le marche auricolari, lo sviluppo del trofeo e l’età. Il risultato evidente mostra che lo sviluppo principale avviene al secondo anno e che la massima esuberanza del trofeo succede rapidamente, intorno al terzo e quarto anno. Raramente oltre.
Attenti osservatori
Nonostante che questi interessanti dati siano stati attentamente registrati e documentati, non essendo mai stati elaborati secondo i crismi della scienza (elaborazioni statistiche) e quindi pubblicati come articoli scientifici (sono “solo” raccolti in meravigliosi libri e appunti), non sono mai stati riconosciuti come meriterebbero. Ciò non toglie che a quelli come il duca vada riconosciuto lo status di attenti e preziosi osservatori. Già prima di lui, negli anni 1920 e 1930, tal Franz Vogt, direttore forestale del Gatter Schneeberg in Boemia (oggi le foreste intorno alla città di Děčín nella Repubblica Ceca ai confini con la Sassonia – Germania), una riserva di 12.000 ettari di proprietà del Principe Franz Anton von Thun- Hohenstein, aveva marcato centinaia di caprioli studiandone attentamente la crescita e lo sviluppo dei trofei, anticipando i risultati del duca bavarese. Sempre negli anni 1970-1980 un altro tedesco, Franz Rieger nella regione del Baden Württenberg, aveva marcato e studiato anche lui una moltitudine di caprioli. Tutti maschi. Non era infatti interessato a ricerche scientifiche sul capriolo, ma solo allo studio dello sviluppo dei trofei. La combinazione dei colori delle due marche apposte all’orecchio destro e sinistro dei kitz definiva l’anno di nascita. Il sistema era semplice, ma funzionale. Presto anche Rieger aveva riconosciuto quale fosse l’età della maggior crescita e quelle della massima bontà del trofeo. La quintessenza era la stessa evidenziata dai colleghi, ossia massimo accrescimento a 2 anni e massimo sviluppo a 3, 4 e qualche volta a 5 anni.
Uno sguardo contemporaneo
E oggi che dati abbiamo in merito? Niente di speciale: non ci sono ricerche specifiche in tal senso. La maggior parte degli sforzi scientifici, peraltro giustamente, è rivolta alla biologia ed ecologia della specie. Ma ci siamo tolti la curiosità raccogliendo dati di oltre 400 caprioli kapital abbattuti negli ultimi 10 anni in Austria, Croazia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Romania, Svezia, Norvegia e naturalmente anche Italia. Abbiamo valutato o fatto valutare da colleghi esperti le loro mandibole. Con tutto il limite dell’interpretazione soggettiva dell’età che così si può fare (ma il margine di errore di un capriolo di 3 o 4 anni di età per le caratteristiche della dentatura è di fatto piuttosto ridotto), è tuttavia emerso chiaramente che si trattava di caprioli giovani classificabili, ma che sorpresa, tra i 3 e i 4 anni. Il 64% dei caprioli oltre i 400 grammi classificati aveva solo 3 anni. Il 28% 4 anni e solo l’8 % oltre. Ora, qualche critico potrebbe naturalmente rimarcare che questi caprioli avrebbero potuto sviluppare trofei ancor migliori, se solo avessero potuto invecchiare ancora un po’. Obiezione corretta: dato che però ormai sono morti, non si può dimostrare né questo, né l’opposto. Fatto sta, che i caprioli già in giovane età arrivano a trofei da record e che dopo il quarto e quinto anno gli stessi calano.
Molte variabili
Tutti gli osservatori avevano notato che comunque ci sono annate buone e meno buone per lo sviluppo dei trofei. Evidentemente il tempo, la temperatura, la densità e altri fattori influenzano direttamente e indirettamente la crescita. E ciò sicuramente non sorprende. Va sottolineato che in molte delle aree dove sono state svolte queste osservazioni i caprioli in inverno e primavera sono stati foraggiati con mangimi, anche consistentemente. Ed è possibile che senza questo foraggiamento artificiale il massimo sviluppo dei trofei potesse avvenire un anno più tardi. Ma non lo possiamo sostenere finché non lo andiamo ad analizzare. E comunque, anche nelle aree dove sicuramente non si foraggia, i risultati non cambiano.
Grande rompicapo
Rimane il rebus del perché. Perché lo sviluppo massimo del trofeo nei caprioli avviene così presto, visto che possono vivere abbondantemente oltre i 10 anni? Ancor prima si pone la domanda: a che può servire un trofeo grande e pesante a un capriolo? Non gli procura uno status speciale tra i consimili, né gli riduce lo stress. Non lo favorisce nei confronti delle femmine, né aumenta l’efficacia del trofeo come difesa; anzi, in questo caso un bel puntuto sarebbe favorito. Quindi? Quindi prendiamo atto che abbiamo ancora molte questioni da risolvere. Proprio nell’ungulato più comune e, come molti evidentemente erroneamente credono, nell’ungulato meglio conosciuto. Per non parlare di ciò che sappiamo (o non sappiamo ancora) della struttura sociale, del comportamento delle femmine, della dispersione e molto altro ancora. Ogni giorno, grazie anche a nuovi metodi e tecnologie di ricerca, scopriamo cose nuove. Un affascinante viaggio di scoperte ci attende ancora. Intanto ci godiamo i bei trofei senza troppi grattacapi sull’età.