Le associazioni venatorie hanno rinunciato al ricorso: pertanto il Tar dell’Umbria non s’è pronunciato sul merito della legge che introduce una clausola di salvaguardia per i calendari venatori.
Non si può «prescindere dal recepire l’atto abdicativo» delle associazioni venatorie, che hanno rinunciato al ricorso contro il provvedimento con cui la Regione Umbria ha anticipato la chiusura della caccia al tordo e alla beccaccia: pertanto il Tar (sentenze brevi 215/25 e 216/25) ha deciso di non pronunciarsi sulla nuova formulazione dell’articolo 18 della legge sulla caccia, quello che introduce una clausola di salvaguardia per i calendari venatori.
Il provvedimento, scrive il Tar, riguarda «una stagione venatoria ormai conclusa», né si prospettano «questioni risarcitorie» o effetti retroattivi; dunque la fine del procedimento senza una sentenza di merito non ha conseguenze dirette.
Rappresentate dall’avvocato Andrea Filippini (Samuele Tofani lo intervista sull’ultimo numero di Caccia Magazine, marzo 2025, già disponibile in edicola e nello shop online di Editoriale C&C), Lipu, Wwf, Lav, Enpa e Lndc avevano chiesto invece una sentenza di merito, «sottolineando l’importanza [della vicenda] e l’attualità della questione di legittimità costituzionale» della legge.
Dunque al momento resta intatta l’unica interpretazione possibile dopo gli sviluppi giuridici dell’ultimo bimestre: «la sentenza che definisce il merito», quella in attesa della quale torna in vigore il calendario venatorio della stagione precedente, è il provvedimento che, distinto dai decreti e dalle ordinanze cautelari, pone fine a ogni singolo grado di giudizio, irrilevante la sede.
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