Nella caccia agli acquatici, gli stampi, ben posizionati e assortiti a seconda del luogo e del periodo dell’anno, risultano decisivi. Anche l’occhio vuole la sua parte.
Nella caccia agli acquatici da appostamento entrano prepotentemente in campo tutti i supporti in grado di vincere la naturale diffidenza dei selvatici: richiami vivi, richiami a bocca o manuali e, quindi, gli stampi. Questi ultimi, ben posizionati e assortiti a seconda del luogo e del periodo dell’anno, risultano decisivi in questa caccia, poiché gli acquatici frequentano spazi aperti e, pertanto, vengono fortemente sollecitati da stimoli visivi oltre che sonori.
In generale, più lo specchio o corso d’acqua è ampio e aperto, più il numero di stampi cresce e viceversa. Ecco allora che, cacciando gli anatidi e la folaga, l’oggetto stampo assume una funzione non solo di utilità, bensì di indispensabilità. E non soltanto deve essere correttamente posizionato nel gioco, ma deve essere anche ben fatto e in buono stato. Deve risultare veritiero e credibile per le specie di avifauna cui la tesa è indirizzata. Non malridotto, dai colori vividi e fedeli alle livree delle diverse specie, perfetto nel galleggiamento.
Siamo, insomma, davanti a un supporto vitale per il cacciatore d’acqua, che concede ogni attenzione ai suoi stampi sia facendone accurata manutenzione prima dell’avvio della stagione venatoria, sia ricoverandole in un buon riparo nel lungo intervallo di tempo nel quale riposeranno lontano dall’acqua.
Stampi e colori
Ricordiamo quando, da ragazzini, ci sentivamo attirati irresistibilmente da questi oggetti che amavamo osservare e maneggiare, quasi interrogandoli perché ci attendevamo che, da un istante all’altro, ne uscissero improvvisamente canti e suoni, come se fossero vivi. E una delle caratteristiche che ci piacevano di più erano i colori.
A volte, nel trascorrere della carriera venatoria, ci è invece capitato di cacciare con persone che non sembravano badare granché a questi dettagli. E se è vero che uno stampo, di qualunque materiale sia fatto, denota comunque la sua artificialità (soprattutto con bonaccia di vento e superfici immobili), è altrettanto vero che, se è scolorito o stinto, si palesa subito come un uccello finto, addirittura a volte senza nemmeno assomigliare a nessuna specie. E non è che non somigliando a nessuna, assomigli a tutte.
Ciascuna specie ha la propria livrea e le proprie caratteristiche morfologiche, il che obbliga alla diversificazione degli stampi su più specie. Non è un caso che spesso si accostino, nel gioco, stampi di specie che si mostrano maggiormente inclini di altre a mescolarsi fra loro quando sono posate in acqua, come ad esempio germano reale e alzavola, o moretta e moriglione. Pertanto, a nostro avviso, una buona cura e governo dei colori sono necessari.
I vantaggi della plastica
Gli stampi moderni, i più ampiamente commercializzati da svariati decenni, sono costruiti in plastica e sono letteralmente stampati, cioè prodotti in serie. Tale materiale ha tanti ovvi vantaggi: è leggero, maneggevole, indistruttibile (fatta eccezione per qualche schioppettata sbagliata), dalla cura e gestione molto semplici. E, dettaglio non di poco conto, è economico, fattore che risulta determinante se si devono allestire giochi, come in valle, di centinaia di pezzi.
E mentre le stampe in plastica di una volta erano povere di particolari e di posture, essendo standardizzate a imitazione della più semplice, quelle utilizzate oggi sono piene di dettagli, come le sfumature e le increspature del piumaggio e la molteplicità di posture. Troviamo sagome di uccelli posati rivolti normalmente in avanti, di uccelli a riposo con la testa incassata fra le spalle e rivolta all’indietro, da sistemare sia in acqua sia a terra. Sono disponibili mezze sagome con la sola parte posteriore, come fosse emergente, a imitare un’anatra di superficie che sta alimentandosi sul bassofondo. E non mancano stampi pieni e stampi vuoti e così via, sino ad arrivare agli ormai arcinoti stampi con ali girevoli intorno al proprio asse, a intera o a mezza figura, definiti mojo.
Insomma, la plastica offre un numero di possibilità costruttive limitato solo dalla fantasia e dall’irrinunciabile necessità della credibilità agli occhi dei selvatici.
Arte e caccia agli acquatici
Ma non di sola plastica vive l’uomo cacciatore. Così, tornando un po’ indietro nel tempo, troviamo stampi che, ai nostri occhi, paiono vere opere d’arte. Gli artigiani, o forse sarebbe più corretto definirli artisti, partendo da ciò che la natura delle zone umide offriva sapevano creare sagome di rara somiglianza ed efficacia intrecciando i giunchi e la tifa, detta anche paviera (Typha latifolia), oppure modellando armoniosamente il legno.
Ovviamente c’erano anche stampi molto più grezzi, essenziali nelle forme e nei colori, come quelli fatti con corpo di sughero e teste in legno, che funzionavano altrettanto bene se messi nel mucchio. Bisogna pure considerare l’intensità dello sforzo di caccia e dei prelievi che venivano attuati in epoche ormai lontane – diciamo da fine Ottocento all’immediato secondo dopoguerra – quando la caccia agli acquatici ben organizzata era appannaggio di nobili e alto-borghesi, comunque di quei benestanti che ne potevano sostenere i costi. Si trattava di un’attività da reddito per tutti i comprimari che ruotavano attorno al cacciatore: barcaioli, padulai, fabbri, falegnami e artigiani vari.
Successivamente, il benessere economico seguito alla ricostruzione post-bellica, espandendosi sia geograficamente sia all’interno degli stessi ceti sociali, consentì a masse in costante aumento di avvicinarsi alla caccia come attività del tempo libero. Questo incrementò di molte volte sia lo sforzo di caccia sia i prelievi e, in proporzione, la diffidenza degli uccelli.
Ciò sostanzialmente impose un’evoluzione anche negli stampi verso forme, colori, atteggiamenti identici a quelli dei volatili in carne e ossa, molto efficacemente supportata dall’avvento dei poco costosi materiali plastici. Parallelamente si fecero sempre più rari gli artigiani con le conoscenze e le manualità occorrenti per costruire stampe a mano, a tutto vantaggio della produzione industriale.
Ai nostri tempi
Abbiamo assai semplificato il ragionamento, ma nel succo è quanto accadde. Oggi possiamo ancora imbatterci in artigiani-artisti che, con mani sapienti e operose, creano germani, codoni, moriglioni, folaghe, pittime eccetera, al contempo di grande funzionalità e rustica bellezza, che andrebbero tutelati come patrimonio dell’umanità. Ma la ristrettezza del mercato certamente non li aiuta nel loro rimanere avvinghiati a ciò che fu e che sanno riproporre anche in questo nostro terzo millennio.
Insomma, in una fase storica in cui le sagome di anatre e uccelli vari, di foggia e materiali artistici, sono diventati soprammobili da esporre in casa, in vendita nei grandi magazzini, i cacciatori che praticano la caccia agli acquatici, che dovrebbero essere i primi amatori, comprano stampe in plastica!
È solo una battuta, beninteso, perché il portafoglio e la praticità non si possono ignorare, ma è anche un invito, affinché da noi stessi si cerchi di dare un po’ di ossigeno a chi tiene alto il valore storico e culturale della tradizione, se è vero che noi cacciatori ne siamo tra i più strenui difensori e propugnatori.
La versione integrale dell’articolo di Massimo Marracci è stata pubblicata su Caccia Magazine numero 4 2022.
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