Il Tar ha accolto il ricorso contro il calendario venatorio: salta l’apertura della caccia in Umbria.
Si rischiano “danni irreversibili al patrimonio faunistico”: pertanto il Tar ha deciso di sospendere l’apertura della caccia in Umbria. Il provvedimento (decreto 119/2022) riguarda esplicitamente alzavola, beccaccia, beccaccino, canapiglia, cesena, codone, fagiano, fischione, folaga, frullino, gallinella d’acqua, germano reale, marzaiola, mestolone, porciglione, quaglia, starna, tordo bottaccio e tordo sassello.
In assenza d’indicazioni diverse resta consentita la caccia a colombaccio, corvidi (cornacchia grigia, ghiandaia), merlo, moretta e probabilmente a silvilago e volpe; resta da capire che succederà a coniglio selvatico, pernice rossa e lepre, visto che la sentenza intende sospendere la caccia “alla piccola selvaggina” non meglio specificata (appunto per il futuro: quando s’incide così in profondità, converrebbe dettagliare meglio). È atteso nelle prossime ore un comunicato delle Regione che, già sotto attacco, chiarisca quali specie siano comprese in quella dicitura colloquiale.
E dunque gli animalisti hanno ottenuto il primo successo stagionale. Il ricorso cautelare accolto dal Tar porta infatti la firma di Wwf, Lipu, Legambiente, Lav, Lac ed Enpa; al Tar è bastato registrare un contrasto con il parere dell’Ispra, che riteneva doveroso fissare l’apertura al 1° ottobre, per decidere di sospendere il calendario venatorio. In assenza di sviluppi diversi la caccia resterà chiusa fino a martedì 4 ottobre, data in cui è prevista l’udienza di merito.
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