Il pensiero positivo
Nel momento in cui questo numero di Sentieri di Caccia sta per andare in stampa una notizia calda arriva dall’Emilia Romagna: il Pd ha presentato una risoluzione perché dal 2020-2021 la giunta Bonaccini si impegni ad avviare la sperimentazione del tesserino venatorio digitale. La Toscana ha fatto da apripista ed ecco che anche l’Emilia Romagna tenta di integrare caccia e tecnologia. La risoluzione prevede un periodo minimo di sperimentazione su base facoltativa.
In questo frangente, utile per capire le criticità dell’applicazione, rimarrà ovviamente valido il tesserino cartaceo. Oltre che come tesserino venatorio digitale – si precisa – la app potrebbe assolvere anche altre funzioni, in primis snellire le procedure di comunicazione tra cacciatori e amministrazione, e potrebbe prevedere, su base volontaria, un servizio di geolocalizzazione, utile in caso di infortuni o difficoltà durante l’esercizio dell’attività venatoria. Una volta attivata, l’applicazione permetterebbe anche di verificare in tempo pressoché reale il numero di cacciatori usciti a caccia e quello dei selvatici abbattuti. Da non sottovalutare, infine, il suo possibile impiego per la raccolta di dati utili per gli studi sulle popolazioni di fauna selvatica e di informazioni durante le attività di censimento.
La notizia, diffusa sui social – e che non annuncia certo l’apocalisse -, ha visto una levata di scudi da parte di alcuni cacciatori che non hanno perso tempo a utilizzare il loro smartphone per scagliarsi contro questa “rivoluzione tecnologica” che, a loro dire, rappresenta una barriera insormontabile e che contribuirà inesorabilmente alla fine della caccia.
Fermo restando che nel momento in cui scrivo e in cui l’argomento sta infiammando diverse pagine Facebook nessun cacciatore si è potuto misurare con le eventuali criticità della app e che non vi sono altre informazioni verificate disponibili oltre a quanto sopra riportato (di conseguenza sospendo ogni giudizio sulla possibile efficacia o no del sistema), quello che sconcerta è l’atteggiamento negativo e pessimista che sovente una parte del mondo della caccia dimostra per qualsiasi cambiamento, anche solo ventilato.
Oltretutto stupisce che le critiche arrivino proprio da persone che dimestichezza con la tecnologia ce l’hanno, visto che utilizzano il loro smartphone o il loro PC per partecipare attivamente alla vita dei social network.
E tra l’altro, in alcuni casi, diffondendo anche false informazioni o commentando con affermazioni che certamente non sono un buon biglietto da visita per la caccia. Un esempio su tutti: “rimpiango i bei tempi dei miei avi in cui si andava a caccia liberamente, senza salvaguardare assolutamente né fauna, né natura”.
Tutto scritto, tutto pubblico, tutto visibile da chiunque. Bella immagine della caccia e dei cacciatori che offrono queste persone che poi si affannano a rivendicare il loro ruolo di “veri gestori dell’ambiente”! Affermazioni come questa fanno un grande danno a tutta la caccia, in barba all’impegno che l’“altra parte” del mondo venatorio mette costantemente per consolidare un ruolo pubblico giustamente meritevole di rispetto e credibilità da parte di tutti. Una parte sicuramente più silenziosa, che però lavora quotidianamente con dedizione e con passione, che si impegna per una crescita culturale del settore evidentemente necessaria, e che non fa mai mancare il proprio prezioso contributo (volontario) quando si tratta di attivarsi (faticando e impiegando il proprio tempo) per tutelare fauna e ambiente. Un esempio significativo sono quei cacciatori che, affiancando gli agenti della Polizia locale addetti alla vigilanza delle zone naturali e i responsabili del servizio Ambiente del Comune di Ravenna, sono accorsi a dare una mano come volontari per arginare il disastro ambientale in Valle della Canna, rimuovendo le carcasse degli uccelli acquatici morti e portando al centro recupero avifauna quelli ancora vivi colpiti dal botulino.
Oltre ad allontanare coloro che causano con le loro affermazioni un grave danno al mondo venatorio, è altrettanto prioritario mettere in evidenza la cultura positiva della caccia, anche per non essere definitivamente additati dai nostri detrattori come una categoria di persone “fuori tempo”, destinata a scomparire. La caccia non è fuori tempo, né fuori moda, perché, se è vero che è portatrice di un prezioso bagaglio culturale e che il contributo dei cacciatori alla gestione faunistica e ambientale è assolutamente fondamentale, non dobbiamo consentire a un “manipolo di leoni da tastiera” di trascinare la categoria in un vortice di pessimismo e di congelare l’immagine dei cacciatori in un quadro dipinto da un pessimo artista.
Ogni muro è una porta, e le porte si possono sempre aprire. E le apriranno per tutti quei tanti cacciatori che hanno consapevolezza che la caccia è molto di più che sparare a un selvatico e che essere bravi cacciatori non vuol dire sapere usare un fucile, ma usare la testa e il cuore, e praticare in maniera rispettosa e con competenza e conoscenza questa grandissima passione che è la caccia vera.
Viviana Bertocchi