Osvaldo Veneziano, ex presidente nazionale dell’Arcicaccia, risponde alla lettera del suo successore Christian Maffei critico sulle dimissioni sue e di altri dirigenti dal comitato scientifico associativo.
In questo frangente storico sarebbe necessaria «unità d’intenti», e invece «qualcuno ha pensato di utilizzare un organo importantissimo come il comitato scientifico per [promuovere] obiettivi politici personali e imporre idee di cui si poteva discutere e si sarebbe discusso, ma che non potevano diventare la linea politica dell’associazione solo perché un piccolo gruppo di persone riteneva che così dovesse essere»: in una lettera rivolta alla dirigenza Christian Maffei, presidente nazionale dell’Arcicaccia, stigmatizza la «negativa sovraesposizione mediatica, del tutto immotivata», dovuta alle dimissioni del suo predecessore Osvaldo Veneziano, di Gabriele Sperandio e di Angelo Giuliani.
Rivendicando la massima trasparenza e la collegialità delle decisioni, Maffei ribadisce che nessuno «ha abbandonato i valori fondanti dell’associazione o la linea che storicamente l’ha portata ad avere una visione [utile a mantenerla] un passo avanti al resto del mondo venatorio»; ai consiglieri nazionali e ai presidenti regionali ribadisce che «il gruppo dirigente è coeso e in sintonia, e continua il proprio lavoro nella massima serenità».
Veneziano risponde
È arrivata quasi in diretta la risposta di Veneziano, che peraltro dice che a dimettersi dal comitato scientifico sono stati in cinque e non in tre (evidentemente due nomi non sono ancora emersi in pubblico).
La sua nota è una critica fortissima della linea politica dell’Arcicaccia, che è rimasta fuori dal comitato faunistico-venatorio nazionale, fuori per legge dagli Atc del Lazio, ancora in attesa di risposte dalla magistratura dell’Abruzzo, poverissima di iscritti in alcune zone d’Italia e fondamentalmente isolata nel contesto associativo.
Veneziano promette che, minoranza della minoranza, contrasterà i politici («di qualsiasi colore») che si servano strumentalmente della caccia per propaganda elettorale, e i responsabili dell’esclusione dell’Arcicaccia dal comitato faunistico-venatorio. Unità, si chiude la sua nota, «non è unanimismo di comodo», ma «coinvolgimento dei soci e sincerità».
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