Il naufragio degli emendamenti sulla caccia induce Francesco Bruzzone (Lega) a denunciare la rottura del patto con le altre forze di maggioranza e col governo.
«Avevo un accordo, mi sono fidato e ho fatto male»: in un breve video Francesco Bruzzone non nasconde né la delusione né il nervosismo dopo la richiesta del governo (in commissione è intervenuto Patrizio La Pietra, sottosegretario all’Agricoltura), che nel corso della discussione del decreto agricoltura ha di fatto costretto la Lega a ritirare gli emendamenti sulla caccia. Le modifiche della legge quadro si limitano a due, entrambe relative al cinghiale: la stagione della braccata s’allunga di un mese; e si apre all’impiego dei visori termici per la caccia di selezione.
Per tutti gli altri interventi ricomincia la guerra di nervi con le opposizioni (in realtà soprattutto il Movimento 5 Stelle; il Partito democratico ha una posizione equilibrata, Verdi-Sinistra poco peso parlamentare) sul ddl presentato alla Camera nello scorso novembre.
Considerato quanto successo nelle scorse ore («Una cosa del genere non me la sarei mai aspettata, mi sento preso in giro»), Bruzzone chiede una reazione politica; ora ritiene necessario che la maggioranza identifichi la strategia vincente per rompere l’ostruzionismo.
Ancora ignote le ragioni dello stop, del quale Bruzzone «prende atto con delusione e sconcerto»: non vuole che gli si dica che «i temi erano estranei» all’argomento del decreto, ossia l’agricoltura; altrimenti sarebbero dovuti sparire anche gli emendamenti sul cinghiale.
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