Due studi recenti hanno permesso di ricostruire come cambino le dimensioni corporee del bisonte americano in rapporto al riscaldamento globale.
Il riscaldamento globale influisce direttamente sulle dimensioni corporee degli ungulati. Lo si apprende da due studi recentissimi sul bisonte americano. Un tempo le mandrie di bisonte americano ricoprivano le grandi praterie delle pianure centrali dall’Alaska al Messico settentrionale. Si stima che all’arrivo dei primi esploratori europei ci fossero tra i 30 e i 60 milioni di esemplari. La persecuzione diretta e l’immissione di bestiame domestico, con la conseguente diffusione di malattie, falcidiarono la popolazione. Intorno al 1889 si contavano forse 850 animali in appena sei nuclei disgiunti. Solo una paziente opera di protezione e reintroduzione ha permesso alla specie di riprendersi. Oggi il bisonte americano è fuori pericolo di estinzionem, con 31.000 selvatici in libertà tra Canada e Stati Uniti più almeno 370.000 in recinti e allevamenti commerciali.
Gli antichi antenati del bisonte americano moderno entrarono dalla Siberia nel Nuovo Mondo forse 300.000 anni fa. Erano i cosiddetti bisonti delle steppe (Bison priscus) che si evolsero poi nei giganteschi bisonti dalle lunghe corna (Bison latifrontis) pesanti fino a 1.500-2.000 kg. Durante l’ultima glaciazione diedero origine a forme via via meno grandi fino al ceppo attuale.
Il bisonte americano moderno è piuttosto diverso nell’aspetto rispetto al bisonte europeo. Entrambe le specie hanno più o meno la stessa taglia. Il primo però sembra più massiccio, tiene la testa bassa, ha zampe un po’ più corte, la testa e l’avantreno ben ricoperti di pelo lanoso più lungo e una vistosa gobba.
Gli ungulati sono sensibili al riscaldamento globale
Un gruppo di studiosi guidati da Jeff Martin della Texas A&M University ha cercato innanzitutto di ricostruire i cambiamenti delle dimensioni corporee dei bisonti delle praterie delle pianure centrali nordamericani degli ultimi 40.000 anni e poi di verificare con grande dettaglio le variazioni della taglia degli ultimi 50 anni. I bisonti si sono infatti rivelati molto sensibili ai cambiamenti climatici e ambientali. Possono dunque aiutarci a capire quanto incida il riscaldamento globale e che conseguenze ci possano essere nel futuro. Fedeli abitanti delle praterie, legati a una dieta da pascolatori puri di erbe, hanno vissuto per decine di millenni adattandosi continuamente alle oscillazioni di temperatura e piovosità e di produttività delle comunità di piante erbacee e quindi modificando la propria taglia.
Dimensioni più grandi sono in genere il segno di ambienti più ricchi, con erbe più abbondanti, tenere e succulente, ma anche di temperature piuttosto fredde. Come aveva scoperto il biologo tedesco Bergmann già nel 1847, più aumenta la massa corporea e più diminuisce la dispersione del calore. Quindi nei climi freddi gli animali tendono spesso a raggiungere dimensioni più grandi. Ci si può quindi aspettare che nelle fasi più fredde i bisonti fossero più grossi e pesanti e nei periodi più caldi siano relativamente più piccoli e leggeri.
Gli effetti del riscaldamento globale: un piccolo osso prezioso per stimare la massa
Come possono fare gli scienziati a stimare il peso dei bisonti nel passato? Per ricostruire la massa corporea di un bisonte (o di un cervo) vissuto millenni fa si parte dalla misura di un osso che si rinviene intatto piuttosto frequentemente negli scavi, il calcagno, parte del piede posteriore. Conoscendo la relazione matematica che lega la lunghezza del calcagno con il peso corporeo nei moderni bisonti (o nei cervi), si possono misurare i calcagni fossili e dedurre il peso degli animali che li possedevano. Lo studio sulle fluttuazioni delle dimensioni corporee dei bisonti americani nel passato ha interessato 849 esemplari di calcagno provenienti da 60 località e provvisti di precisa datazione al radio-carbonio, con un intervallo temporale compreso tra 40.000 anni fa e l’epoca attuale.
Il riscaldamento globale rende gli ungulati via via più piccoli
Il peso medio stimato nei bisonti (maschi e femmine insieme, e di tutte le età) è andato via via diminuendo. Si è passati da circa 800-900 kg nel periodo 40.000-12.500 anni fa a 670 kg intorno a 9.000 anni fa. 480 kg invece il peso degli esemplari recenti e contemporanei. Conoscendo le stime delle fluttuazioni delle temperature nel lungo arco temporale considerato, gli studiosi hanno potuto stimare che per ogni incremento di un grado centigrado della temperatura globale terrestre i bisonti sono diminuiti in media di circa 41 kg. Se la temperatura terrestre crescerà, come previsto, di quattro gradi nei prossimi otto decenni, i bisonti, già di dimensioni relativamente modeste rispetto al passato, perderanno in media circa altri 164 kg, riducendosi a pesi medi di appena 357 kg. Più o meno il peso di un wapiti maschio.
Riscaldamento globale e ungulati: calcoli e prospettive
Lo stesso gruppo di scienziati statunitensi ha cercato di andare più a fondo sulle dimensioni corporee attuali dei bisonti e sui rischi futuri di ulteriore diminuzione di taglia, utilizzando un approccio diverso. Nelle praterie delle pianure centrali degli Stati Uniti nei soli ultimi 17 anni le temperature medie annuali sono cresciute di 0,4-0,8° centigradi. Le temperature medie invernali sono cresciute di 2,5°, le temperature medie estive sono rimaste relativamente stabili, ma con giornate torride più frequenti.
I climatologi prevedono che nei prossimi 50-80 anni nelle grandi pianure centrali le temperature medie annuali potranno aumentare anche di 2-6° con ondate di caldo sempre più comuni. I periodi di siccità saranno più frequenti e di maggiore intensità e durata. Naturalmente il caldo crescente ha ripercussioni sulla produzione e sulla qualità delle piante erbacee. Estati più lunghe e calde finiscono infatti per seccare e lignificare anticipatamente l’erba diminuendone il contenuto di nutrienti a disposizione di tutti gli erbivori.
Riscaldamento globale e ungulati: gli ultimi 50 anni
Che cosa sta succedendo in questi ultimi 50 anni e che cosa potrà accadere da qui alla fine del XXI secolo? Tra il 1966 e il 2015 nel Parco Nazionale di Wind Cave nel Sud Dakota sono stati catturati e misurati moltissimi esemplari di bisonte. Per 8.200 sono stati rilevati sia il peso corporeo, sia l’altezza al garrese, ed è stata stimata l’età. In questo modo è stato ricostruito l’accrescimento corporeo dal periodo infantile alla piena maturità di maschi e femmine per ognuno dei decenni dello studio.
In altre 18 aree delle grandi pianure dal Canada al Texas i ricercatori hanno invece cercato di verificare la variabilità dei pesi medi all’interno del vasto areale. Hanno dunque utilizzato una macchina fotografica digitale termica, un telemetro e un programma grafico in grado di stimare, da un’immagine di profilo, l’altezza al garrese. È stato così possibile ottenere per 782 animali sparsi nel vasto areale una stima piuttosto affidabile del peso.
A causa del riscaldamento globale il rimpicciolimento continua
L’analisi dei dati raccolti nel Parco Nazionale di Wind Cave ha permesso di evidenziare una media pluridecennale del peso dei maschi adulti pienamente maturi intorno ai 735 kg e di quello delle femmine intorno ai 430 kg. In realtà, nel corso dei 50 anni di studio il peso medio dei maschi maturi è diminuito del 23% e quello delle femmine dell’11%. Intorno al 2015 le medie si fissavano a circa 610 kg per i maschi e circa 395 kg per le femmine. Al di fuori del Parco, nel vasto areale delle pianure centrali, le medie stimate sono ancora più modeste (530 e 360 kg).
Anche a un esame più fine e a intervalli temporali più ristretti il bisonte americano si è dimostrato una specie estremamente plastica e sensibile ai cambiamenti ambientali. È in corso anche in epoca moderna un rimpicciolimento della specie come risultato del riscaldamento globale. Dato che i cambiamenti climatici favoriti dall’uomo sono molto rapidi, anche i cambiamenti di taglia sono decisamente veloci, così celeri da impressionare il mondo scientifico stesso.
Gli effetti del riscaldamento globale: non si tratta solo di un fenomeno curioso
Ma non si tratta semplicemente di un fenomeno curioso e sorprendente, animali che come plastilina aumentano o diminuiscono le dimensioni corporee. Alla taglia sono legate moltissime caratteristiche della biologia di una popolazione animale o di una specie. Femmine più pesanti, per esempio, tendono ad avere una pubertà più tardiva, parti ad intervalli regolari, una durata della vita più lunga, prole più grossa e forte.
Esemplari di piccole dimensioni tendono invece soprattutto a produrre figli più piccoli e deboli, a riprodursi ad anni alterni e ad avere una durata della vita più breve. Gli studiosi prevedono che le femmine di bisonte americano, se il declino nella taglia continuerà a seguire gli incrementi di temperatura, tra 80 anni peseranno in media appena 252 kg. Quali ripercussioni avranno questi cambiamenti morfologici sul tasso riproduttivo e quindi, più in generale, sulla capacità della specie di sopravvivere ai cambiamenti climatici, ad adattarsi a nuovi scenari in pochissime generazioni? Almeno per ora non è possibile prevederlo.
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