Riforma degli Atc, il documento Arcicaccia

Riforma degli Atc, il documento Arcicaccia: fagiano in volo
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Il consiglio nazionale dell’Arcicaccia ha approvato un documento sulla possibile riforma dell’organizzazione di Atc e Comprensori alpini.

Se si vuole mantenere pubblica la gestione della caccia, unica ipotesi accettabile («le sole proposte [diverse] si risolvono in pericolosi scivolamenti verso modelli privatistici, assolutamente incompatibili con la storia, le necessità e le aspettative dei cacciatori italiani»), l’Arcicaccia ritiene che non esista alcuna alternativa agli Atc, dei quali semmai un’eventuale riforma della legge 157/92 deve fissare «una volta per tutte, in maniera stringente, i criteri base di definizione, composizione e funzionamento»; è uno dei passaggi chiave del documento approvato a inizio mese dal consiglio nazionale e reso pubblico nelle scorse ore.

Per l’Arcicaccia infatti uno dei motivi delle difficoltà crescenti è legato alla discrezionalità riconosciuta alle Regioni, che genera «vere e proprie distorsioni dello spirito» della legge: le si riscontrano facilmente confrontando le dimensioni dei diversi Atc italiani (alcuni «enormi, per loro natura difficilissimi da gestire», e altri in cui «per dare sfogo all’egoismo venatorio di pochi s’è favorito un eccessivo particolarismo»).

A ciò vanno aggiunte «la volontà egemonica» di alcune associazioni venatorie, le difficoltà generalizzate della selvaggina stanziale, il calo e l’invecchiamento dei cacciatori; la volontà di concentrarsi soltanto sui ripopolamenti, spesso pronta-caccia, «e non sulla necessità di forti e poderosi investimenti ambientali» ha fornito al mondo ambientalista «un comodo alibi per sfilarsi e deresponsabilizzarsi», e alla società civile motivi per «gridare al fallimento» degli Atc.

Linee guida nazionali

Con gli ambientalisti, scrive l’Arcicaccia, invece bisogna collaborare, quantomeno nelle operazioni di ripristino degli habitat; bisogna fare lo stesso con gli agricoltori, uscendo dalla logica del risarcimento dei danni alle colture e sviluppando progetti che facilitino la riproduzione naturale della selvaggina, così da rendere superflui i ripopolamenti.

Per migliorare il funzionamento degli Atc infine l’Arcicaccia ritiene necessario dare rilevanza al pluralismo nei comitati di gestione (dopo la decisione del Tar dell’Abruzzo della questione si occuperà la Corte costituzionale), aumentarne le competenze tecnico-scientifiche e ripensare le forme di finanziamento, non escludendo il ricorso alla fiscalità generale in presenza di interventi a salvaguardia dell’ambiente.

Definendo nuove linee guida nazionali, il governo potrebbe far entrare gli Atc nel sistema di gestione del territorio extraurbano (le Province e le Città metropolitane sono ancora un ibrido che non sempre funziona), svincolandoli dalla sola gestione della caccia.

Ma per l’Arcicaccia la sede per discuterne non può essere il Comitato faunistico-venatorio nazionale: riducendo il numero delle associazioni venatorie rappresentate, il ministro Lollobrigida gli ha conferito «una natura settaria ed esclusiva».

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