Il Tar della Sicilia ha definitivamente respinto il ricorso sul calendario venatorio 2024/2025.
Wwf, Legambiente, Lipu, Enpa e Lndc non hanno dimostrato che la caccia è incompatibile con la situazione climatica del territorio, né al riguardo l’Ispra ha osservato alcunché: è uno dei motivi per cui, dopo aver già negato la sospensione cautelare, il Tar della Sicilia (sentenza 39/2025) ha definitivamente respinto il loro ricorso contro il calendario venatorio regionale valido per la stagione in corso.
Finiscono male anche le contestazioni sulle singole specie: l’assessorato «ha dato rilievo a una pluralità di fonti autorevoli» che consentono di ritenere che la quaglia non sia in condizioni sfavorevoli, né nelle stagioni precedenti l’estensione del periodo di caccia oltre il mese d’ottobre ha inciso negativamente; gli ambientalisti non hanno spiegato perché l’assenza d’un monitoraggio puntuale avrebbe dovuto accorciare la stagione di caccia al cinghiale; le decisioni su codone e beccaccino sono conformi alla direttiva Uccelli e al parere dell’Ispra; infine, la Regione ha adeguatamente motivato la decisione di prolungare la stagione di caccia alla tortora (ha preso in considerazione i dati regionali, che la danno in moderato aumento, in controtendenza rispetto a quelli europei) e alla beccaccia.
Un paio di indicazioni per il futuro
Resta improcedibile la parte del ricorso sulle preaperture, sulle quali però in via incidentale (il provvedimento ha già esaurito il proprio effetto) il Tar condivide l’assunto dell’Ispra: sarebbe bene evitarle in un territorio in cui il controllo del bracconaggio è ancora insufficiente.
In vista della prossima stagione è però un altro il passaggio da tenere in considerazione. Per il Tar è lecito dubitare della legittimità della caccia in assenza d’un piano faunistico-venatorio aggiornato: la modifica del 2018 prevede che la sua durata sia perenne; ma ogni cinque anni resta comunque da valutare la sua efficacia, e dall’ultimo intervento è già trascorso più d’un decennio.
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