Annullando i moduli compilati prima del 20 giugno il Cadapa intende ottenere una proroga che gli consenta di raggiungere le 500.000 firme necessarie a chiedere il referendum sulla caccia; per la cabina di regia del mondo venatorio però la mossa non è legittima.
Le possibilità che il referendum sulla caccia sia effettivamente indetto sono pochissime, ma il Cadapa non ha ancora intenzione d’arrendersi; per raggiungere le 500.000 firme (nel 2022, quando ancora si chiamava Sì-aboliamo la caccia, ci andò lontanissimo) ha intenzione di chiedere di posticipare la chiusura della raccolta, spostando d’ufficio al 20 giugno la data d’avvio e perdendo dunque le pochissime adesioni registrate fino a quel momento. Dai banchetti e dagli uffici comunali la raccolta firme si sposterà prevalentemente online, previa autenticazione con Spid.
Per la cabina di regia del mondo venatorio, l’organismo che coordina l’attività di Federcaccia, Libera Caccia, Enalcaccia, Italcaccia, Anuu e Cncn e che «confida nell’attività di controllo della Cassazione», si tratta «d’un intendimento velleitario e non legittimo»; di fatto è l’ufficializzazione «del nuovo fallimento d’azioni referendarie», che stavolta intendevano abrogare l’articolo 842 del codice civile, quello che autorizza l’accesso dei cacciatori ai fondi privati, e parte della legge 157/92.
In ogni caso la cabina di regia è pronta ad attivarsi per «verificare la regolarità delle procedure adottate» ed eventualmente segnalare le irregolarità nella raccolta firme.
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