L’Arcicaccia ha scritto al governo Meloni per chiedergli d’impugnare la legge che ridefinisce i criteri di rappresentatività dei cacciatori negli Atc abruzzesi.
L’Arcicaccia contro D’Hondt, che non è un ambientalista francese ma un matematico belga del XIX secolo: è a lui che da un mese si rifà il metodo di calcolo dei seggi attribuiti alle associazioni venatorie nei comitati di gestione degli Atc abruzzesi, e dunque indirettamente contro di lui che s’instaura l’ultima polemica sulla rappresentatività dei cacciatori negli organi di governo del territorio a caccia programmata.
Adottato dalla maggioranza di destra con la legge 11/2023, il metodo D’Hondt o delle medie più alte premia infatti le associazioni più grandi a scapito di quelli minori; per l’Arcicaccia si tratta di «un metodo di calcolo arbitrario e strumentale» che favorisce la Federcaccia; rispetto al metodo Hare, o dei più alti resti, verrebbe infatti premiata dal calcolo dei consiglieri che le spettano tra i sei riservati ai cacciatori. In Abruzzo ce ne sono poi sei per gli agricoltori, quattro per gli ambientalisti, quattro di nomina politica.
Christian Maffei, presidente nazionale Arcicaccia, ha dunque scritto al governo Meloni per chiedergli d’intervenire, verosimilmente impugnando la legge regionale. E se s’arriverà davanti alla Corte costituzionale la questione si farà interessante: meno d’un mese fa il Consiglio di Stato ha infatti stabilito che negli Atc il pluralismo è garantito dalla presenza delle altre associazioni di categoria, e niente c’entra con la rappresentanza delle diverse sigle dei cacciatori.
Ma per Maffei è urgente ripristinare il vecchio metodo di calcolo. Superato lo sbarramento del 6,7%, tutte le associazioni riconosciute hanno infatti il diritto d’essere rappresentante negli organi di gestitone del territorio; è questo «l’unico argine efficace alle brame di privatizzazione che si stanno facendo sempre più largo nel mondo venatorio e agricolo».
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