L’annotazione sul tesserino venatorio deve seguire immediatamente l’abbattimento della selvaggina migratoria. La Corte costituzionale accoglie il ricorso del governo contro la Lombardia.
L’attendibilità dei dati è maggiore quando l’annotazione sul tesserino venatorio è tempestiva. È così che la Corte costituzionale motiva la sentenza con cui dichiara illegittimo l’articolo 15 della legge 17/2018 della Lombardia nel passaggio in cui posticipava l’annotazione a dopo il recupero. “L’obbligo di annotazione” si legge “non può che investire l’abbattimento dell’esemplare, inteso come evento effettivamente realizzatosi, a nulla rilevando la [sua] materiale apprensione”. Altrimenti si abbassa la soglia di protezione della fauna prevista dal legislatore.
Ha dunque ragione il governo, che aveva impugnato la legge, nell’aver presentato ricorso. Rimandare l’annotazione abbassa la tutela di ambiente e fauna. “Subordinare l’obbligo di annotazione al preventivo recupero [del selvatico] abbattuto” aveva scritto l’Avvocatura dello Stato nel ricorso “comporterebbe il rischio di escludere dal conteggio gli animali non rintracciati e non recuperati”. E in questo modo si mettono a rischio sia la statistica sia il rispetto del limite giornaliero di prelievo.
La decisione, pubblicata nelle scorse ore ma assunta a metà novembre quando Marta Cartabia non era ancora presidente della Corte costituzionale, salva però altri due passaggi. È legittimo consentire al cacciatore di uscire dal capanno per recuperare il selvatico ferito. Vagare fino a 200 metri fuori dal capanno con questo scopo integra infatti “un’attività neutra ai fini della tutela ambientale”: si esclude la possibilità di uccidere altri selvatici. Ed è legittimo anche calcolare la distanza da immobili e fabbricati seguendo il profilo morfologico del terreno, e non in forma lineare. Una decisione di questo tipo, conclude la Consulta, rimane nella competenza residuale della Regione. Non ha infatti a che fare con la tutela della fauna, ma con prescrizioni tecniche che afferiscono alla pubblica incolumità.