Il Consiglio di Stato ritiene che ampliare l’estensione di un’azienda faunistico-venatoria sia uguale a istituirne una nuova. Pertanto serve un iter preciso.
Ampliare l’estensione di un’azienda faunistico-venatoria, anche se di poco, è lo stesso che crearne una nuova. Pertanto c’è bisogno del medesimo protocollo: coinvolgimento degli enti di gestione pubblica, giudizio comparativo tra i due modelli alternativi, istruttoria tecnica, decisione motivata. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con una sentenza firmata un paio di settimane fa – ce l’eravamo persa, assorbiti dalle notizie sull’emergenza sanitaria – dall’ex ministro degli Esteri Franco Frattini.
Il Consiglio di Stato ribalta dunque la decisione del Tar Piemonte e accoglie il ricorso del Comprensorio alpino Torino 3 contro la Regione. Il tribunale, si legge, ha sbagliato nel porre “una differenza ontologica tra la creazione di una nuova azienda faunistico-venatoria e la successiva estensione della sua area”. Il limite percentuale fissato dalla legge riguarda evidentemente non il numero, ma la “generale pressione sull’ecosistema derivante dall’intera superficie complessivamente riservata a tutte le aziende”.
Pressione venatoria, conservazione faunistica, miglioramento ambientale
È come crearne una nuova. E dunque ampliare l’estensione di un’azienda faunistico-venatoria richiede una serie di valutazioni specifiche. È un’eccezione alla programmazione pubblica della caccia. Diventa quindi necessaria un’analisi approfondita che consenta di capire se la gestione privata sia migliore per la conservazione della fauna e la tutela dell’ambiente.
Dal 1992 l’istituzione di una riserva non è più “un’alternativa positiva per il contenimento della pressione venatoria”. A garantirlo c’è per l’appunto il concetto di caccia programmata. Quindi, come Comprensori alpini e Atc, un’azienda faunistico-venatoria è intrinsecamente legata alla conservazione faunistica e al miglioramento ambientale. Ma, “costituendo un’eccezione al principio generale della libera fruizione dei beni pubblici, [la sua creazione] è consentita, entro il previsto complessivo limite percentuale del territorio, solo ove la ponderazione con la possibile alternativa della gestione pubblica della caccia evidenzi un vantaggio sotto il profilo della conservazione naturalistica e faunistica”.
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