Se ancora ci sono molte cose da comprendere sulla Psa, sono chiare lo modalità con cui i cacciatori devono approcciarci a un animale potenzialmente infetto.
Erano i primi giorni di gennaio 2022 quando, al confine tra Piemonte e Liguria, sono stati osservati i primi casi di peste suina africana (Psa) al di fuori della Sardegna, dove, invece, la patologia era stata riscontrata per la prima volta nel 1978 e oggi sembra fortunatamente in via di risoluzione.
Da allora a oggi abbiamo imparato a conoscere i suoi effetti spesso altamente virulenti e letali per il cinghiale. Effetti che sono ancora da comprendere appieno, considerato che, al momento, il virus sembra mietere vittime tra i selvatici non in maniera massiva e fulminante come le conoscenze scientifiche descrivono per i precedenti casi europei.
In ogni caso per poter riuscire a comprendere meglio modalità di diffusione ed effetti della Psa sui selvatici, occorre innanzitutto che il mondo venatorio sia adeguatamente formato rispetto alle evidenze che possono manifestarsi negli animali abbattuti. In questo modo sarà possibile distinguere al più presto eventuali individui sospetti da indirizzare verso le analisi del caso presso le Asl e gli istituti zooprofilattici sperimentali di riferimento.
Attenzione alle anomalie
Come distinguere un ipotetico cinghiale affetto da Psa, in particolare in eventuali territori non ancora sottoposti a monitoraggio veterinario?
Innanzitutto una primissima e sommaria valutazione può essere fatta qualora si riesca a osservare accuratamente l’animale in vita nell’ambiente naturale, prima dello sparo. Un animale affetto dalla Psa si presenta molto debole, poco reattivo, malfermo sulle zampe posteriori e con andatura instabile. Possono essere presenti secrezioni nasali e oculari, ed eventuali segnali di emorragie interne o esterne in particolare sulle orecchie, sui fianchi e sull’addome.
Questi ultimi segnali di anomalia potranno essere apprezzati ancor meglio negli animali abbattuti. Se presenti, dovranno costituire un primo campanello d’allarme. Chiaramente non potranno dare alcuna certezza immediata di eventuale positività o meno alla Psa. Tuttavia avranno la funzione di mettere in guardia gli operatori rispetto alla necessità di una cauta gestione della carcassa e di una meticolosa raccolta dei reperti da consegnare alle autorità sanitarie per le analisi di laboratorio.
Il trasporto del cinghiale
Un cinghiale con evidenze patologiche esterne come quelle descritte dovrà essere gestito e trasportato con attenzione e prudenza. Innanzitutto non dovrà essere eviscerato sul posto, in natura. Andrà prima trasportato intero verso il locale di macellazione, contenuto in un sacco o in un telo plastico impermeabile per evitare per quanto possibile la fuoriuscita sul terreno di materiali e liquidi biologici.
In caso di contaminazione del territorio naturale con elementi rilasciati dalla carcassa, la porzione interessata di terreno dovrà essere disinfettata con acido citrico. Lo stesso spazio dell’automezzo deputato a trasportare l’animale dovrà essere predisposto con un telo impermeabile sul fondo, sempre per contenere anche la più piccola perdita di materiale biologico dalla carcassa.
Per eviscerare il cinghiale sospetto, dovrà essere scelto un sito idoneo da un punto di vista igienico-sanitario. Il locale dovrà possedere requisiti minimi capaci di garantire un adeguato lavaggio e disinfezione al termine delle operazioni. Andrà quindi impiegato un sito con pavimento e pareti lisce, per esempio ben piastrellato. Gli scarti di lavorazione, compresi i liquidi condensati attraverso l’impiego di segatura, dovranno essere contenuti in bidoni chiusi in attesa dell’esito delle analisi.
L’analisi della carcassa e degli organi interni
Una volta arrivato presso il sito adatto, il nostro cinghiale potrà essere finalmente eviscerato. In questa maniera sarà possibile prelevare i reperti target da inviare rapidamente al laboratorio per le analisi.
L’organo più significativo da campionare per poter rilevare l’infezione da Psa è la milza. Se nei cinghiali sani appare colorata uniformemente di rosso-marrone, in un animale malato si presenta invece con zone più scure dovute a emorragie e versamenti, ingrossata, di consistenza friabile e con margini arrotondati. Per la spedizione al laboratorio di analisi potrà essere sufficiente solo una porzione della milza estratta.
Anche i linfonodi rappresentano una tipologia di organo chiave per questa patologia, capace di contenere un’alta concentrazione del virus. La malattia provoca il loro ingrossamento con comparsa di chiazze emorragiche. Sicuramente, rispetto alla milza, i linfonodi risultano meno agevoli da individuare e da asportare correttamente.
Un’altra parte della carcassa del cinghiale su cui possono essere condotte efficacemente le indagini di laboratorio sono le ossa lunghe. Al loro interno, infatti, il midollo è capace di conservare buone concentrazioni del virus della Psa. Queste ossa possono tornare utili soprattutto in caso di animali incidentati o comunque deceduti già da qualche tempo. Il midollo, infatti, potrebbe rappresentare l’unico tessuto ancora in buono stato di conservazione.
Infine, pure altri organi risultano impattati in maniera evidente dalla Psa. In particolare il rene, il cuore e l’intestino sono interessati da emorragie di carattere puntiforme.
Subito in laboratorio
Qualunque sia l’organo scelto tra quelli target per effettuare le analisi, i campioni dovranno essere portati al laboratorio il prima possibile, non oltre le 48 ore dall’abbattimento del cinghiale.
Nel frattempo, i materiali biologici dovranno essere conservati a una temperatura di circa 4 °C. Eventualmente, se ciò non fosse possibile per motivi logistici, potranno anche essere conservati in congelatore o addirittura in azoto liquido.
Il campione biologico dovrà essere inserito in un sacchetto di plastica ben chiuso. Dovrà essere corredato da indicazioni sul Comune e la località di abbattimento, dal nome dell’abbattitore, dalle coordinate Gps del punto di decesso e dal codice univoco di tracciabilità riportato sulla fascetta. Generalmente le analisi possono avere tempi di risposta di 24-48 ore.
La gestione delle carcasse
Le carcasse campionate, una volta eviscerate, devono essere tracciate e identificate singolarmente. Vanno conservate appese in apposita cella frigorifera con la fascetta numerata di identificazione sul tendine d’Achille. Se poste in congelatore, potranno essere sezionate solo qualora ogni sezione sia inserita in un apposito sacco che contenga il numero identificativo del capo.
L’operatore deve assicurare che nessuna parte dei cinghiali introdotti possa lasciare la struttura prima di aver acquisito l’esito negativo del test di laboratorio per la Psa. Le carcasse presenti in contemporanea all’interno della cella o del congelatore, in attesa del risultato dei test, devono essere considerate come un unico lotto e liberalizzate esclusivamente a seguito dell’acquisizione del risultato del test di tutte le carcasse.
Nel malaugurato caso di esito non conforme dell’analisi per Psa, l’istituto zooprofilattico sperimentale territorialmente competente provvederà a comunicare immediatamente i singoli referti alla relativa Asl. L’utilizzo della struttura di macellazione verrà temporaneamente sospeso. Inoltre, tutte le carcasse e gli scarti di lavorazione presenti saranno avviati alla distruzione, secondo quanto disposto dal Servizio veterinario della Asl.
La struttura e la cella impiegate dovranno essere pulite a fondo e adeguatamente disinfettate prima di poterle riutilizzare, così come le ruote e il cassone del mezzo di trasporto, nonché scarponi e vestiti degli operatori. Per garantire una disinfezione capace di eliminare l’insidioso virus della Psa dovranno essere impiegate soluzioni di un prodotto disinfettante mirato verso questo patogeno oppure preparate con semplice ipoclorito di sodio, anch’esso in grado di assicurare la neutralizzazione degli elementi infettanti.
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