Michela Vittoria Brambilla chiede al governo Meloni di vietare il prelievo del cinghiale nelle aree protette che consentono di impiegare la tecnica della girata per l’esecuzione dei piani di controllo faunistico.
C’è una riserva naturale del Lazio, quella di Monte Rufeno, che a differenza delle altre aree protette che hanno aderito alla strategia per il contenimento del cinghiale ha deciso di non limitarsi all’impiego degli strumenti di cattura, ma di sfruttare tutte le possibilità che la legge mette a disposizione per il controllo faunistico, e dunque di consentire anche il prelievo con la tecnica della girata. Sono indicativamente previste due uscite alla settimana a partire da febbraio, fino all’abbattimento di almeno settanta cinghiali.
È una scelta cui s’oppone Michela Vittoria Brambilla, ex ministra del Turismo nel quarto governo Berlusconi e deputata di Noi con l’Italia (sua la proposta di legge per alzare le pene per il maltrattamento animale), che chiede al governo Meloni di valutare se intervenire.
Nell’interrogazione a risposta scritta (è la numero 4-02714) rivolta a Gilberto Pichetto Fratin e Orazio Schillaci, ministri dell’Ambiente e della Salute, contesta infatti sia il fatto simbolico («il venir meno dell’immunità dalla caccia in un vero e proprio scrigno di biodiversità»; in realtà si tratta non di caccia, ma di controllo faunistico: ma chi la contesta la vede ovunque) sia il disturbo arrecato alle specie protette, «soprattutto nel periodo chiave delle nidificazioni e delle nascite dei piccoli», e ai fruitori della riserva («una famiglia che cammina tranquillamente su un sentiero potrebbe trovarsi a sentire spari ravvicinati, o urla di animali agonizzanti»).
Per Michela Brambilla infatti il controllo con la girata «non è altro che una piccola battuta di caccia con un cane e un cacciatore al seguito, più nove cacciatori alle poste».
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