Per definire la dinamica delle popolazioni di capriolo occorre valutare l’insieme di tutti i dati raccolti; dalle informazioni demografiche, ponderali e biometriche è possibile conoscere meglio lo stato di conservazione della specie e intraprendere le più efficaci strategie gestionali.
Già da qualche tempo si sta ragionando sulla contrazione nazionale, più o meno contenuta, delle popolazioni di capriolo. Probabilmente è legata a una serie di concause emerse negli ultimi anni: il graduale cambiamento degli habitat verso condizioni forestali non ottimali per la specie; il consolidamento delle popolazioni di predatori quali per esempio il lupo; in molte zone, l’incremento dei contingenti di cervo e di daino; e anche l’aumento, a macchia di leopardo, del bracconaggio che va ad affiancarsi a un prelievo venatorio legale in crescita regolare da qualche anno.
Questo declino delle popolazioni di capriolo è percepibile innanzitutto dal calo delle consistenze: la diminuzione della densità assume talvolta anche dimensioni macroscopiche. Un altro aspetto rilevante è legato allo stato di condizione fisica e morfologica dei caprioli oggetto di studio.
I parametri biometrici e l’andamento delle popolazioni di capriolo
Per comprendere meglio questi aspetti possiamo partire da un semplice esempio registrato negli ultimi anni in un’area dell’Appennino centro-settentrionale. Pur senza pretese di rilevanza statistica, tra la stagione 2016/2017 e la stagione 2019/2020 presso i centri di controllo sono stati esaminati due parametri biometrici rilevati sui caprioli successivamente all’abbattimento: il peso vuoto e la lunghezza del garretto. Per entrambi si è potuta osservare una tendenza verso la diminuzione, in particolare nelle classi giovanili (C0, F1 e M1). Sono state inoltre effettuate ulteriori osservazioni relative ai C0 abbattuti nelle ultime quattro stagioni. Va considerato che nell’area dell’Appennino in questione per la classe 0 non è richiesta la distinzione del sesso al momento del prelievo; maschi e femmine sono equiparati per i selecacciatori assegnatari di un capriolo C0. Per questo motivo l’azione di caccia dovrebbe generare una pressione venatoria casuale sui C0 da abbattere, senza alcuna selezione volontaria del sesso.
Dai dati delle ultime quattro stagioni venatorie è possibile notare una moderata tendenza all’incremento dei C0 maschi abbattuti e, per contro, una lieve diminuzione delle femmine. Questo andamento sembrerebbe ragionevolmente svincolato dalle dinamiche legate alla caccia; potrebbe quindi rappresentare una vera e propria tendenza demografica della specie, con maggiori nascite di maschi rispetto alle femmine. Quali informazioni possono essere ricavate da queste probabili tendenze relative alla struttura fisica e alla demografia della popolazione registrate tra gli animali cacciati? Per rispondere a questa domanda occorre approfondire gli aspetti che intercorrono tra situazioni ambientali, potenzialità riproduttive e possibilità di crescita degli animali.
Status della popolazione e ambiente: aspetti interconnessi
In generale gli ungulati in età giovanile (piccoli e giovani) risultano particolarmente plastici: il loro grande potenziale di crescita dipende molto dalle condizioni ambientali. Influenzati già durante il periodo fetale dallo stato di nutrizione della madre, nei primi mesi di vita risentono della quantità e della qualità del latte materno, legate alle disponibilità alimentari primaverili ed estive. Più tardi sono influenzati dagli eventuali rigori del primo inverno. In condizioni favorevoli, in presenza cioè di ambienti produttivi, basse densità di popolazione e clima mite, le classi giovanili rispondono con rapidi accrescimenti; in condizioni sfavorevoli denunciano invece evidenti difficoltà di sviluppo.
Le classi giovanili hanno la prerogativa di rispondere ancora più velocemente degli adulti ai cambiamenti ambientali; ciò ha portato i ricercatori a utilizzare spesso le dimensioni dei piccoli (peso corporeo, lunghezza della mandibola o del garretto) come indicatori ecologici, indici di rendimento o di qualità, strumenti gestionali in grado addirittura più dei censimenti di mostrare eventuali cambiamenti tra popolazione e ambiente. E nel caso degli ungulati il dimorfismo sessuale tende a rispondere in maniera differente a condizioni ambientali stressanti tra i due sessi; generalmente i maschi risultano più sensibili alle carenze alimentari diminuendo in modo più accentuato l’accrescimento corporeo. Con l’aumento della densità di popolazione o con il peggioramento delle condizioni climatiche e ambientali i maschi tendono quindi a reagire prima delle femmine; ne consegue la riduzione del dimorfismo.
Nello specifico, il capriolo rappresenta un esempio di ungulato debolmente dimorfico. In Europa mediamente i maschi pesano solo il 7,6% in più delle femmine. Il dimorfismo però si presenta in modo piuttosto diversificato; è più marcato in popolazioni che vivono in ambienti ospitali e ricchi di risorse, più modesto in zone poco ospitali dal punto di vista climatico o alimentare.
Popolazioni di capriolo: le tabelle sulle informazioni biometriche e ponderali
Conta più la qualità che la quantità
I ricercatori hanno poi dimostrato che nel capriolo, ungulato debolmente poliginico e dimorfico, madri di alta qualità più pesanti della media tendono a partorire più femmine che maschi; e che le figlie di madri relativamente grandi sono fin da piccole più pesanti. La taglia ha infatti un influsso marcato sul rendimento delle femmine, mentre nei maschi sono determinanti l’aggressività e la capacità di difendere buoni territori. Una madre che abbia risorse in eccesso riceve un ritorno maggiore in termini di numero di discendenti, investendo in figlie di sesso femminile. Le femmine di capriolo più pesanti tendono a riprodursi prima delle altre; hanno inoltre un tasso di gemellarità più elevato, una vita più lunga e un maggior successo riproduttivo.
Il peso della madre non varia in modo considerevole nell’arco dell’anno; e più che dalle riserve di grasso l’energia richiesta dalla riproduzione deriva essenzialmente dalle risorse alimentari disponibili durante la gestazione, in particolar modo nell’ultimo periodo, e durante l’allattamento. La qualità fisica della madre dipende soprattutto della qualità dell’habitat; data la sua piccola taglia, il capriolo risulta infatti meno sensibile alla riduzione della quantità assoluta di risorse alimentari disponibili di quanto non lo sia alla variazione della loro qualità.
Su ampia scala le condizioni climatiche e di conseguenza la qualità dell’habitat agiscono sulla mortalità embrionale; il processo riproduttivo viene quindi modellato sulle grandi fluttuazioni climatiche che caratterizzano il vasto areale occupato dalla specie in Europa. Il peso alla nascita dei caprioli è legato alle condizioni climatiche primaverili (piovosità e temperatura) corrispondenti all’ultima fase della gestazione e alla qualità dell’habitat nel suo complesso; questi fattori possono agire sulla disponibilità e in particolar modo sulla qualità delle risorse alimentari per la madre.
Conseguenze a lungo termine
Le condizioni ambientali dell’anno di nascita possono influenzare il peso in età adulta: nei casi di sviluppo iniziale modesto le capacità di recuperare peso sono piuttosto limitate, a causa del breve periodo di accrescimento osservabile in entrambi i sessi. A sette-otto mesi i piccoli raggiungono già il 60-70% del peso adulto, mentre i giovani a 14-20 mesi circa il 70-95%. Il rendimento riproduttivo e la probabilità di sopravvivenza degli individui nati in anni difficili risultano minori; ne derivano ripercussioni sulla dinamica di popolazione e variazioni del tasso di accrescimento, della lunghezza delle generazioni e della struttura di popolazione.
Il peso alla nascita e il tasso di accrescimento post-natale non sono differenziati per sesso e possono essere considerati utili indicatori delle condizioni complessive dell’individuo adulto. In funzione del sesso, lo sviluppo delle dimensioni corporee risulta condizionato da fattori quali la densità e le condizioni climatiche che caratterizzano la stagione estiva dell’anno di nascita. A elevate densità e a condizioni di aridità estiva corrisponde un ridotto sviluppo corporeo delle femmine; a prescindere dalle condizioni climatiche, i giovani maschi sono in proporzione comunque più piccoli e più leggeri.
Questa differente risposta nei due sessi corrisponde a una differente allocazione delle risorse in favore delle figlie da parte di madri più grandi della media. La distribuzione delle specie di piante attivamente selezionate durante la primavera e l’estate contribuisce a determinare la variazione spaziale osservata nelle dimensioni corporee dei piccoli durante la stagione invernale e stimata pari a 2 chili, ossia al 15% della massa corporea invernale; in ambienti non idonei dimensioni corporee ridotte non riescono a garantire ai piccoli la sopravvivenza durante il loro primo inverno.
Una miniera d’informazioni
Per monitorare le popolazioni di capriolo a scala di paesaggio sono stati usati anche altri indici altrettanto sensibili alle variazioni di densità e ai cambiamenti climatici e di habitat, come per esempio la lunghezza del garretto. L’insieme di tutti i dati che possono derivare dalle informazioni demografiche, ponderali e biometriche rappresenta infatti una miniera di informazioni attraverso le quali è davvero possibile conoscere meglio lo stato di conservazione delle popolazioni di capriolo e intraprendere di conseguenza le più efficaci strategie gestionali volte a traguardare verso una corretta conservazione dei selvatici e un’appagante possibilità di esercitare l’attività venatoria.
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