Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso della Federcaccia che chiedeva di riformare il piano faunistico-venatorio di Bergamo.
Non c’è motivo per riformare il piano faunistico-venatorio di Bergamo: a sette anni dalla sentenza del Tar, il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso della Federcaccia che aveva chiamato in causa la Provincia e la Regione Lombardia.
Innanzitutto è corretto sottoporre a Valutazione d’incidenza ambientale ogni singolo appostamento fisso all’interno dei siti Rete Natura 2000 e nel chilometro circostante; si tratta di una “misura precauzionale ragionevole e coerente con l’obiettivo di conservazione degli habitat e di tutela della flora e della fauna”. Allo stesso modo è corretto vietare il cambio di titolarità e il rilascio di nuove autorizzazioni per i capanni che si trovano all’interno e fino a un chilometro dal Sic Valpredina; e il rinnovo dell’autorizzazione in scadenza potrà arrivare solo dopo aver sottoposto a Vinca il singolo appostamento.
Respinti tutti i motivi di ricorso
Restano poi vietati ripopolamento e reintroduzione della pernice rossa, “a tutti gli effetti specie alloctona per la Pianura padana nella zona alpina”; la sua presenza è “tra le prime cause riconosciute di perdita di biodiversità”, per cui il divieto è legittimo dal punto di vista “sia scientifico sia conservazionistico”.
Nelle aree Rete Natura 2000 e nel chilometro circostante restano poi valide le restrizioni all’attività cinofila e il divieto d’immettere selvaggina allevata in tutte le zone cinofile. L’introduzione di grossi contingenti di esemplari d’allevamento, si legge nella sentenza, “comporta frequentemente squilibri nei ripopolamenti faunistici locali”.
I motivi sono noti, la competizione e “l’integrazione aggressiva con esemplari selvatici di altre specie con analoga ecologia”. Inoltre “la presenza di abbondanti fonti alimentari facili […] può determinare l’incremento dei predatori”; possono derivarne conseguenze “anche sui ripopolamenti selvatici, al momento in cui venissero a mancare gli esemplari immessi”. È infine corretta la procedura con cui la Provincia prima e la Regione poi hanno calcolato la percentuale di territorio agro-silvo-pastorale da destinare a protezione.
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