Piano faunistico regionale e atti d’indirizzo, la sentenza del Consiglio di Stato

Piano faunistico regionale e atti d’indirizzo, la sentenza del Consiglio di Stato: cacciatore con fucile nel bosco
© Jordi Mora / shutterstock

Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Friuli Venezia Giulia che aveva adottato un atto d’indirizzo per la gestione venatoria subito dopo l’approvazione del piano faunistico regionale.

In attesa che il piano faunistico regionale sia declinato nei singoli piani venatori distrettuali, la Regione ha il potere d’adottare un atto d’indirizzo gestionale col quale garantire la continuità della stagione di caccia.

Lo ha deciso il Consiglio di Stato (sentenza 11068/2023) accogliendo il controricorso della giunta del Friuli Venezia Giulia contro la decisione del Tar che, dichiarando il ricorso della Lac improcedibile per carenza d’interesse (la questione si riferisce infatti alla stagione 2015/2016), per il principio della cosiddetta soccombenza virtuale l’aveva condannata a pagare le spese di giudizio, quantificate in 3.000 euro. Considerato che in futuro una situazione analoga potrebbe ripetersi, la Regione aveva dunque presentato appello sostenendo «d’avere interesse alla definizione del giudizio».

Per il Consiglio di Stato il Tar non ha tenuto conto del fatto che nel momento dell’approvazione del piano «la caccia era già iniziata», e la si stava «regolarmente esercitando» sulla base dei provvedimenti in vigore fin lì; e che in assenza dei piani distrettuali, per adottare i quali sarebbe però stato necessario più tempo di quello disponibile, il nuovo piano faunistico regionale non poteva essere immediatamente operativo.

Ecco perché, «in attesa della sua concreta operatività», è stato legittimo adottare un altro atto d’indirizzo, «necessario per consentire il proseguimento dell’attività venatoria» in attesa dell’adozione dei piani distrettuali.

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