L’Organizzazione internazionale protezione animali contesta il coinvolgimento dei cacciatori nella lotta alla diffusione della peste suina africana in Italia.
La peste suina africana non si contiene coinvolgendo i cacciatori che anzi “con le loro prassi d’eviscerazione (!) possono diffondere il virus in maniera incontrollata”. Ne è convinta l’Oipa, Organizzazione internazionale protezione animali, che contesta le misure con cui verosimilmente le istituzioni nazionali e locali tenteranno di circoscrivere il contagio dopo i casi registrati a Roma. Per l’Oipa “la caccia non è uno strumento efficace per ridurre la popolazione di cinghiali selvatici”; la psa si contiene con un semplice “monitoraggio sanitario degli animali morti”.
Bisognerebbe però ricordarsi che monitorare senza intervenire non è sufficiente (mai, tantomeno in presenza di un virus così contagioso); e che nessuno più dei cacciatori ha le conoscenze e le competenze adeguate agli interventi. E anche l’idea che il problema sia semmai rappresentato dalla mancata gestione dei rifiuti che fungono da fattore attrattivo per i cinghiali serve soltanto a nascondere la questione principale; la diffusione del virus richiederebbe infatti una serie d’interventi immediati anche se le carcasse fossero state trovate nei boschi.
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