Per Lorenzo Bertacchi, presidente della Federcaccia regionale, per evitare che la peste suina africana si diffonda in Lombardia è necessario coinvolgere i cacciatori nei Gruppi operativi territoriali.
Se non s’uniforma la disciplina della caccia di selezione sul territorio regionale, non si sfruttano a fondo le potenzialità della caccia collettiva e soprattutto non si coinvolgono i cacciatori nei Gruppi operativi territoriali, debellare il virus della peste suina africana dalla Lombardia diventa complicato.
Ne è convinto Lorenzo Bertacchi, presidente della Federcaccia regionale, che al momento ritiene irrealizzabili gli obiettivi dei piani di depopolamento. Nel corso dell’anno si dovrebbe infatti passare da 13.000 a 27.000 abbattimenti; ma non si può pensare che per riuscirci sia sufficiente incrementare i fondi destinati al contenimento del cinghiale (circa 725.000 euro). Per Bertacchi «non s’è fatta la cosa più semplice, cioè aumentare le possibilità di cacciare almeno nelle zone non infette»; oltre agli agenti della polizia provinciale e ai carabinieri forestali («pochi»), gli unici «pronti a intervenire armi alla mano sono infatti i cacciatori».
Al momento in Lombardia sono otto le carcasse di cinghiale risultate positive al virus, e nove i focolai negli allevamenti di suini; Bertacchi segnala che dopo gli ultimi casi tutto il territorio della provincia di Pavia che non ricade nelle zone di restrizione «è stato classificato come soggetto a sorveglianza».
Peste suina in Italia: la situazione
Nell’Italia continentale, esclusa dunque la Sardegna, dall’inizio dell’emergenza sono 1.079 (497 nell’Alessandrino, 441 in Liguria, 91 a Roma, 26 in provincia di Salerno, 16 nel Reggino) i cinghiali risultati positivi al virus della peste suina africana.
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