Dopo il caso di peste suina africana a Roma, la Federcaccia si mette a disposizione delle istituzioni per contrastare la diffusione del virus nell’Italia centrale.
Come già avvenuto in Piemonte e Liguria, dopo il primo caso di peste suina africana a Roma la Federcaccia ha messo iscritti e guardie volontarie a disposizione delle istituzioni per contenere la diffusione del virus; i cacciatori hanno il profilo giusto per presidiare il territorio e monitorare la presenza di cinghiali sospetti o carcasse infette. Ma il presidente nazionale Massimo Buconi è consapevole che non sarà sufficiente: oltre a mettere immediatamente in atto le misure emergenziali e di prevenzione, le istituzioni e la struttura commissariale dovranno «delimitare con recinzioni le aree colpite. L’operazione è facilitata dal fatto che [la zona coinvolta si trova] all’interno del Grande raccordo anulare» dove il territorio è già recintato per ampi tratti; «si tratta di completare l’opera».
Per Buconi il caso registrato a Roma «conferma l’eventualità che il virus possa colpire ogni parte del Paese»; sono dunque necessari massima sollecitudine e interventi tempestivi. Nel frattempo bisogna però «fugare immediatamente sospetti di ecoterrorismo», ossia della volontaria diffusione del virus in una zona che finora non aveva raggiunto.
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