Il nuovo emendamento sui calendari venatori è soggetto a interpretazioni discordanti: qual è la ragione? Quando una sentenza «definisce il merito» di una vicenda?
Per alcuni la parola chiave, sentenza, si contrappone a ordinanza e a decreto; per altri il nodo è invece la relativa restrittiva, «che definisce il merito», che la accompagna: si spiegano così le interpretazioni discordanti dell’emendamento sui calendari venatori, quello con cui la maggioranza ha modificato la legge 157/92 nel corso dell’ultima sessione di bilancio.
Per capire dove s’annida l’aspetto critico è bene riepilogare la nuova formulazione dell’articolo 18, che adesso recita che «qualora [la giustizia amministrativa] accolga la domanda cautelare, fino alla pubblicazione della sentenza che definisce il merito […] riacquistano efficacia i limiti di prelievo e gli orari giornalieri fissati da ciascuna Regione con l’ultimo calendario venatorio legittimamente applicato».
Sentenze, ricorsi e controricorsi
Alcuni spingono per l’interpretazione più moderata, ritenendo che questa clausola di salvaguardia s’applichi soltanto nel tempo che intercorre tra l’eventuale decisione cautelare del Tar (di solito è un decreto o un’ordinanza) e la discussione del merito del ricorso; dunque che serva a evitare sorprese, sospensioni improvvise a ridosso della vigilia o a stagione in corso, e che non conti l’eventuale controricorso al Consiglio di Stato.
Per chi ha una posizione più marcata invece quest’aspetto è centrale: una sentenza impugnata, sostiene, non è definitiva, e dunque «non definisce il merito» d’una vicenda; pertanto l’ultimo calendario valido torna in vigore anche dopo una sentenza del Tar se qualcuno, di solito la giunta regionale o le associazioni venatorie, la impugna davanti al Consiglio di Stato.
Entrambe le letture hanno un fondamento; pertanto per scoprire chi abbia ragione c’è soltanto da avere pazienza, e attendere i prossimi sviluppi. Di certo c’è che un emendamento nato per dare certezze sta (di nuovo: succede, quando lo s’infila in un provvedimento che non c’entra niente) provocando una discreta confusione. Allegato c’è un rischio: che alla fine più che la politica a decidere siano ancora i tribunali.
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