L’Agenzia delle entrate s’è detta contraria ad abbassare l’Iva, dall’aliquota ordinaria (22%) a quella agevolata (10%), sulla cessione della fauna che le aziende faunistico-venatorie e agrituristico-venatorie impiegano nelle operazioni di ripopolamento.
Non è detto che sia destinata al consumo umano, visto che «il cacciatore può abbattere un numero elevato di animali da [introdurre] nella propria alimentazione oppure nessuno»: pertanto, rispondendo al quesito degli imprenditori agricoli riuniti nell’associazione Alfa, l’Agenzia delle entrate s’è detta contraria (risposta 6/2024) ad abbassare l’Iva, dall’aliquota ordinaria (22%) a quella agevolata (10%), sulla cessione della fauna che le aziende faunistico-venatorie e agrituristico-venatorie impiegano nelle operazioni di ripopolamento.
Solo per meno di un semestre nel 2021 «per fronteggiare gli effetti economici [legati] all’emergenza epidemiologica» il governo allora in carica (lo guidava Mario Draghi) aveva abbassato l’Iva sulla compravendita di animali vivi destinati all’attività venatoria. «Si trattava di una deroga temporanea al regime ordinario, disposta dal legislatore per motivi eccezionali cessati i quali (ossia dal 1° gennaio 2022) [alla fauna] ceduta per l’attività venatoria si torna ad applicare l’Iva ordinaria».
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