La cabina di regia del mondo venatorio ha chiesto al governo d’approvare un decreto che definisca l’applicazione del divieto d’usare munizioni in piombo nelle zone umide.
È necessario che entro dieci giorni il governo approvi un decreto (in tempi così brevi non esistono altri provvedimenti con forza di legge) che chiarisca i comportamenti cui debbano attenersi i cacciatori e fornisca indicazioni precise al personale chiamato a vigilare sul rispetto del divieto d’usare munizioni in piombo nelle zone umide; altrimenti dall’apertura generale in poi la stagione di caccia rischia di svilupparsi nel segno dell’incertezza, anche penale.
L’aveva annunciato alla vigilia e l’ha detto ufficialmente nel corso dell’incontro con i rappresentanti del ministero dell’Ambiente e dell’Agricoltura: per la cabina di regia del mondo venatorio (Federcaccia, Enalcaccia, Anuu-migratoristi, Libera Caccia, Italcaccia, Cncn e di nuovo Arcicaccia) la circolare di febbraio che, chiarendone il campo d’applicazione, attenua la portata del regolamento europeo, la cui applicazione è di per sé automatica senza bisogno di recepimento, rischia di non essere sufficiente.
Sono due i passaggi più delicati: la classificazione delle zone umide, delle quali sono necessarie la mappatura e la cartografia cui alcuni governi stranieri hanno già lavorato; e la previsione di sanzioni penali per il semplice possesso di munizioni in piombo in prossimità d’una zona umida.
Per le associazioni venatorie è dunque necessario intervenire rapidamente per evitare che lo spirito di tutela ambientale che ispira la normativa europea si trasformi in «un provvedimento vessatorio nei confronti di caccia e cacciatori».
Non s’è discusso soltanto di munizioni in piombo; le associazioni venatorie si sono infatti confrontate col governo anche sull’ultima ordinanza firmata dal commissario alla peste suina africana e sui key concept per la migratoria, dei quali hanno chiesto di sanare le incongruenze con quanto previsto in Francia, Spagna, Grecia e Croazia.
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