Munizioni in piombo: il tema dei danni procurati ad ambiente, fauna e uomo non si spegne. E in questo dibattito tuttora aperto il mondo venatorio è e sarà senza alcun dubbio l’ago della bilancia.
Il tema delle munizioni in piombo e dell’impatto sull’ambiente e sulla nostra salute è in discussione da tempo. Tanto che nel 2016 in occasione del World Conservation Congress dell’Iucn svoltosi a Honolulu, il più importante evento mondiale in tema di conservazione della natura che viene organizzato ogni quattro anni (il prossimo congresso si svolgerà a Marsiglia dall’11 al 19 giugno), il tema delle munizioni in piombo è stato tra quelli più “caldi” dibattuti nel corso del congresso. La materia era già stata oggetto di una risoluzione della Convention on the Conservation of Migratory Species of Wild Animals di Quito 2014 (Unep/Cms Cop11 Resolution 11.15 Prevenzione avvelenamento degli uccelli migratori), i cui contenuti erano poi stati sostanzialmente ripresi nel 2015 dall’Aewa (Agreement on the Conservation of African-Eurasian Migratory Waterbirds) di Bonn. Allora si indicò il 2017 come termine temporale auspicabile entro cui si sarebbe dovuto eliminare gradualmente l’uso di munizioni in piombo (sostituendolo con alternative adeguate) nelle zone umide e negli ambienti terrestri.
Una lunga discussione
Dopo una lunga discussione, al World Conservation Congress di Honolulu è stato adottato un testo (Motion 090 – A path forward to address concerns over the use of lead ammunition in hunting) che sostanzialmente ricalca quanto già deciso in passato e che quindi auspica il bando delle munizioni in piombo nelle aree terrestri, oltre che nelle zone umide. Tale bando però non è stringente, quindi non vincolante. Di fatto, la mozione/risoluzione licenziata al congresso invitava i governi che hanno aderito alla Convenzione Unep sulle specie migratorie (Unep/Cms) a promuovere e sviluppare il processo di attuazione della Risoluzione 11.15, in particolare in relazione alle raccomandazioni per prevenire il rischio di avvelenamento da munizioni in piombo, riconoscendo nel contempo che spetta a ciascun Paese membro determinare se e come implementare le azioni indicate, considerando sia l’entità del rischio di avvelenamento, sia gli accordi internazionali dagli stessi sottoscritti. Ciò al fine di valutare la fattibilità (coinvolgendo quindi anche cacciatori e industrie armiere) della graduale eliminazione del piombo nelle munizioni utilizzate per la caccia e la sua sostituzione con alternative adeguate.
Un’ulteriore testimonianza
Sempre nel 2016 (allora lo avevamo prontamente segnalato grazie al contributo del professor Silvio Spanò) è stato pubblicato l’articolo Lead ammunition residues in the meat of hunted woodcock: a potential health risk to consumers di Alessandro Andreotti, Fabrizio Borghesi & Arianna Aradis (Italian Journal of Animal Science) relativo al consumo delle carni di beccaccia e l’inquinamento da piombo. Lo studio ha evidenziato che in 57 (96,6%) delle 59 beccacce passate ai raggi X erano presenti residui di piombo. Le radiografie hanno individuato 215 pallini interi e 125 frammenti rispettivamente in 51 e in 48 uccelli e la maggior parte dei frammenti (75,7%) era rappresentata da particelle inferiori al millimetro. La stima del piombo presente variava da 42 a 52 mg in 100 grammi di peso umido, e il metallo era per lo più concentrato (84%) in parti commestibili (muscolo). Il numero di particelle di piombo per unità di massa corporea (1,21/100 grammi di peso corporeo) era più alto di quanto rilevato in altre specie di uccelli. La quantità e le caratteristiche dei residui di munizioni reperiti nelle beccacce abbattute a caccia, suggerivano quindi che i consumatori delle loro carni sono esposti a una rilevante assunzione di piombo.
Allora la lettura di questo articolo scientifico aveva ovviamente scatenato una serie di commenti di vario genere: quale munizione e tipologia di caccia è la più adatta, dimensione dei pallini più consona per arginare il pericolo, allusioni a finanziamenti “interessati” a sostegno di tali ricerche eccetera. Ma al di là di tutto, sarebbe alquanto superficiale non tenere conto delle informazioni a nostra disposizione su questo tema. Anche perché il dibattito sul piombo prosegue agguerrito.
Il dibattito in Usa
A questo proposito sono interessanti e meritevoli di attenzione le considerazioni del biologo e cacciatore Ryan Lisson proposte su Project Upland Magazine. Lisson mette a fuoco il tema piombo soprattutto da un punto di vista socio-culturale, cominciando la sua disamina ricordando che già nel lontano 1991, quando il Fish and Wildlife Service degli Stati Uniti aveva imposto a tutti i cacciatori, a livello nazionale, l’utilizzo di munizioni atossiche per la caccia agli acquatici, non erano mancate decise proteste da parte del mondo venatorio. E nonostante che, dopo quasi trent’anni, le alternative al piombo abbiano fatto decisi passi in avanti sia in termini di prestazioni, sia di costi, il dibattito socio-politico sulla questione è ancora acceso.
Munizioni molto efficaci
È un dato di fatto che le munizioni caricate con il piombo siano molto efficaci, altrimenti non si spiegherebbe la loro lunga fortuna e il fatto che tuttora siano senza validi concorrenti. Ma è altrettanto fuori discussione che il piombo è tossico per l’ambiente, la fauna e l’uomo. Nel suo articolo Ryan Lisson cita lo studio di Johansen et al. (2006) che mise in evidenza il fatto che i cacciatori che in Groenlandia si nutrivano di uccelli acquatici abbattuti con munizioni in piombo manifestavano un aumento significativo del livello di questo metallo nel sangue rispetto ai cacciatori che non consumavano gli animali prelevati. Non va dimenticato che nell’uomo l’avvelenamento da piombo può causare danni ai reni, aumento della pressione sanguigna, anemia, ridotta fertilità e problemi neurologici o neurochimici dell’infanzia. E a causa di questo “allarme piombo”, alcuni scienziati del Nord America ed europei hanno, infatti, più volte confermato l’esistenza di rischi reali per l’ambiente, la fauna selvatica e la salute umana derivanti dall’uso delle munizioni in piombo (Arnemo et al. 2016).
Molti hanno ancora tanti dubbi in proposito
L’argomento, però, presenta ancora molte criticità da qualsiasi parte lo si affronti, soprattutto perché molti hanno ancora tanti dubbi in proposito, ritenendo – afferma Lisson – che chi si occupa dell’argomento a vari livelli sia in qualche modo condizionato e il suo giudizio forgiato dal pregiudizio. Perciò l’Afwa (la federazione delle associazioni americane per la pesca e la fauna selvatica) è intervenuta sulla questione presentando una ricerca per affrontare di petto e in maniera trasparente questo potenziale problema, avendo appunto come obiettivo quello di mettere a disposizione di tutti informazioni chiare e oggettive. Lo scopo dello studio di Afwa era dunque quello di identificare ricerche scientifiche di alta qualità (già, perché non tutti gli studi scientifici hanno lo stesso peso, è bene rammentarlo) riconosciute valide da tutti i portatori di interesse (associazioni di cacciatori e ambientaliste, agenzie, aziende, scienziati e ricercatori indipendenti) in merito al piombo e ai suoi effetti sulle popolazioni di pesci e di animali selvatici. In questo rapporto è stato segnalato che l’avvelenamento da piombo è stato osservato negli uccelli acquatici già nel 1874, ma che, invece, non sono altrettanto chiaramente definiti gli effetti dell’utilizzo delle munizioni in piombo su altre specie di uccelli.
Estensione del territorio e impatto ambientale
In particolare, l’estensione di un determinato territorio e la sua copertura vegetazionale svolgono un ruolo importante sul possibile impatto del piombo sulla fauna. Ad esempio, in un’area densamente boscata e poco frequentata come quelle dove si caccia il cedrone, il rischio per questa specie di ingerire del piombo è indubbiamente più basso di quello che interessa altre specie di avifauna che vivono in zone più aperte e dove l’attività venatoria è più intensa (ad esempio, i territori frequentati negli States dai cacciatori di tortore). Dallo studio condotto da Afwa emerge chiaramente anche il fatto che i divieti delle munizioni in piombo risultano essere molto efficaci. Una ricerca condotta in Canada (Stevenson et al. 2005) ha rivelato, infatti, che i livelli di piombo nel sangue degli uccelli acquatici sono fortemente diminuiti dopo l’implementazione del divieto dei pallini di piombo. Nello stesso tempo, è stato evidenziato che i livelli di piombo nel sangue delle beccacce americane (Scolopax minor) prese in considerazione dal medesimo studio sono rimasti elevati.
Migliori alternative disponibili
Sebbene, poi, vi siano state molte preoccupazioni iniziali sull’efficacia e sulla possibilità di mettere a punto caricamenti senza piombo altrettanto performanti, oggi le alternative disponibili sono notevolmente migliorate dalla loro introduzione sul mercato. Pierce et al. (2015), mettendo a confronto le performance di munizioni in piombo e in acciaio durante una cacciata alle tortore in Texas, hanno evidenziato che i cacciatori non erano in grado di distinguere il tipo di caricamento che stavano utilizzando e che non vi era alcuna differenza nel numero di animali abbattuti o feriti utilizzando munizioni in piombo o lead free. In sostanza, il piombo e l’acciaio sono risultati ugualmente efficaci.
Le perplessità del mondo venatorio
Secondo Lisson, le criticità evidenziate da chi mette in dubbio l’effetto negativo del piombo su alcune specie di fauna selvatica e principalmente negli habitat montani sono sostanzialmente due. In primo luogo, la porzione di territorio frequentata dell’avifauna che vive o frequenta zone di collina o montagna è generalmente più estesa, quindi il piombo non tende ad accumularsi in aree ristrette evitando così alte concentrazioni come possono essere quelle che interessano una zona umida o un campo aperto. E certamente, pensando ai boschi frequentati nel nord del Minnesota dai cacciatori, questa obiezione è innegabile che abbia un senso.
Questione di prezzo e non solo
Un altro tema è la reperibilità e il prezzo delle munizioni lead free rispetto a quello delle cartucce caricate con il piombo. Lisson sottolinea il fatto che una scatola di cartucce con pallini d’acciaio è almeno un paio di dollari più costosa di una scatola di cartucce in piombo; e i caricamenti alternativi in bismuto o in lega di tungsteno sono ancora più costosi. Per i “cacciatori della domenica” questo aspetto può essere irrilevante, ma per chi caccia con costanza durante tutta la stagione sparando diversi colpi il costo di una munizione ha un peso. E mentre oggi è oramai facile (almeno negli Usa stando a quello che scrive l’autore) reperire sul mercato cartucce lead free dedicate agli acquatici, la maggior parte dei caricamenti disponibili per la caccia alle altre specie di uccelli contengono ancora piombo.
Inoltre, un’ulteriore preoccupazione dei cacciatori che tentennano a sposare le munizioni lead free deriva dal pensiero che i pallini in acciaio (con peso specifico inferiore al piombo) producano a distanze di tiro maggiori rosate più sguarnite e che abbiano una capacità di penetrazione minore. Tuttavia, questo non è un problema reale poiché, come sappiamo, ogni caricamento ha una resa diversa a seconda della strozzatura del fucile, della distanza di tiro e del contesto di caccia.
Mancano ancora risposte convincenti
In definitiva possiamo dire che il dibattito su questo tema è più che mai aperto e che ci sono ancora alcune domande che attendono risposta. Lisson evidenzia, infatti, come da più parti sia stata sollecitata la necessità di un monitoraggio più accurato dei livelli di piombo nelle popolazioni di uccelli selvatici negli Stati americani dove vige il divieto dell’uso del piombo. Ciò per verificare come e se i livelli di piombo nel sangue si abbassino nei soggetti esaminati appartenenti a specie diverse. Cita Strom et al. (2005), che avevano scoperto che i giovani dell’anno di Scolopax minor del Wisconsin stavano accumulando livelli estremamente alti di piombo nelle ossa. E sebbene non sia stata identificata con certezza la fonte di questo problema, i ricercatori non hanno potuto assolutamente escludere che la responsabilità fosse del piombo delle munizioni da caccia disperso sul terreno. Ugualmente uno studio di Keel et al. (2002), che prende in esame i risultati del campionamento del suolo e l’analisi del ventriglio del colino della Virginia, aveva evidenziato un basso potenziale di avvelenamento da piombo nei territori di caccia in montagna rispetto alla quantità di piombo depositata sul terreno nelle zone di caccia agli acquatici e alla selvaggina che frequenta i campi aperti.
Il piombo non è una scelta complessivamente sostenibile
Dopo anni di studi e osservazioni, conclude Lisson, appare dunque evidente che il piombo non è una scelta complessivamente sostenibile. Sempre Lisson afferma, però, di utilizzarlo ancora nelle zone di montagna dove caccia, poiché lì la pressione venatoria non è tale da destare una giustificata preoccupazione. Ma al di là di quello che accade nel suo “orticello”, la sua presa di coscienza di un problema di più ampio respiro lo ha indotto comunque a cominciare a utilizzare munizioni lead free, apprezzandone le prestazioni.
La sua considerazione finale è che, se la maggioranza dei cacciatori fosse davvero consapevole dei danni complessivi che il piombo senza dubbio provoca, seppur lentamente il dibattito “piombo sì piombo no” si spegnerebbe, perché il cambio di rotta sarebbe unanimamente condiviso e tutti remerebbero nella stessa direzione lasciando da parte i propri personali interessi.
Al di là di tali osservazioni dell’autore statunitense, vorrei qui proporre una riflessione su qualcosa di più immediato. Se gli immensi territori di caccia degli Usa non sono riusciti a nascondere i danni causati dal piombo depositato sul terreno durante l’attività venatoria, un pensiero a quello che accade nella nostra piccola Italia è doveroso. Perché è e sarà solo una scelta consapevole e condivisa del mondo venatorio che, al di là delle norme di legge, potrà davvero segnare un cambio di rotta.