Don Moling: l’etica della caccia e la morale cristiana

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Si può amare la fauna selvatica e vivere la caccia responsabile secondo un approccio spirituale cristiano? Non potevamo chiederlo ad altri se non a un uomo di Chiesa. Che ci ha fornito risposte esaurienti e definitive.

Il tema della liceità della caccia e quello della caccia responsabile è vasto e può essere affrontato da molte prospettive. Una – le cui radici sono a fondamento della nostra civiltà e delle nostre comunità – è quella cristiana in generale, cattolica in particolare.

Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe” (Genesi 9,3). Il messaggio di Dio a Noè e ai suoi figli potrebbe bastare per chiudere la conversazione con chi osteggia il diritto dell’uomo a disporre del creato. Ma evidentemente la questione non può essere affrontata in maniera semplicistica anche in virtù del fatto che l’evoluzione del comune sentire pone nuovi dilemmi e interpretazioni che a un atto – in questo caso quello venatorio – possono essere date. Il cacciatore credente è allora soccorso dal Catechismo della Chiesa cattolica che, nell’ultima edizione, stabilisce:

– Dio ha consegnato gli animali a colui che egli ha creato a Sua immagine. È dunque legittimo servirsi degli animali per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti (2417). Rafforzando il concetto. E poi:

– si possono amare gli animali; ma non si devono far oggetto di quell’affetto che è dovuto soltanto alle persone (1418). In questo modo ci si mette all’erta dal rischio dell’idolatria, con cui spesso si confondono certe posizioni dell’animalismo.

Si riportano a seguire due delle domande poste a don Moling. L’intervista completa è pubblicata su Caccia Magazine di aprile 2021.

Si può disporre del mondo?

Per affrontare il tema della liceità morale della caccia responsabile credo si debba dare risposta a due quesiti. Anzitutto se l’uomo possa disporre liberamente del creato e se ci sia un modo per farlo nel rispetto delle future generazioni. Qual è la sua posizione di uomo di Chiesa?

Ricordo le parole del nostro pontefice che nella sua Enciclica Laudato sì critica un antropocentrismo dispotico e radicale. Un atteggiamento umano verso il creato dominato dallo sfruttamento e seguendo solo gli interessi umani non è più accettabile, non è cristiano; in questo senso non possiamo dire che l’uomo possa disporre liberamente del creato. Seguendo le parole della Genesi 1,28 l’uomo è chiamato a soggiogare e dominare la terra. Questo dominium terrae però viene malinteso se implica l’antropocentrismo dispotico.

Nell’enciclica Francesco si esprime in favore di un antropocentrismo moderato o illuminato. Questo vede l’uomo come essere morale dotato di responsabilità anche in confronto degli animali selvatici e di tutto il creato. Se la caccia viene vissuta come un’espressione di responsabilità e non di sfruttamento verso le specie che vengono cacciate, verso i loro ambienti e anche verso le altre persone che usufruiscono dello stesso territorio allora direi che la caccia può far parte di un concetto integrale che unisce la salvaguardia della natura con un uso sostenibile delle sue risorse.

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Don Markus Moling, a sinistra, nel corso di un censimento in compagnia di Benedikt Terzer, direttore dell’Associazione cacciatori Alto Adige

L’animale, la caccia responsabile e la morte

La seconda domanda, che coinvolge campi trasversali, è se l’uomo abbia o meno il diritto di dare la morte a un altro essere vivente. Su questo punto l’etica moderna talvolta va in cortocircuito, giustificando pratiche che possono essere definite come eugenetiche e addirittura anteponendo gli interessi dell’animale all’uomo. Come giudica questa contrapposizione: è opportuno ripensare il rapporto con la morte oppure il cacciatore può sentirsi autorizzato al prelievo?

Alcune posizioni dell’etica animale contemporanea sono problematiche riguardo a un’etica umana e devono essere valutate anche sotto questo aspetto. Penso per esempio alla posizione di Peter Singer (fondatore della teoria della liberazione degli animali) che lega il diritto alla vita alla possibilità di attualizzare certe capacità cognitive. Secondo questa visione i cosiddetti marginal cases (feti umani e persone in coma o con demenza molto progrediente) non hanno più questo diritto alla vita perché non riescono ad attualizzare certe capacità.

Altre posizioni possono essere chiamate ecologiste e vedono nell’uomo il problema più grande di questo mondo e per questo sono persino favorevoli a una riduzione attiva dell’umanità. Queste tesi non si lasciano introdurre in una visione cristiana dove l’essere umano si trova al centro del mondo creato da Dio e ha l’incarico di custodire tutto il creato. Questo implica che l’uomo non debba agire in modo tale da distruggere o danneggiare l’ambiente. In questi spazi e limiti si devono evolvere anche la caccia e il prelievo.

Dall’altra parte dobbiamo dire che uccidere un animale selvatico che ha degli interessi e che è un soggetto di vita non può mai essere considerato solo come una tecnica venatoria, ma richiede rispetto interiore e consapevolezza da parte del cacciatore.

Chi è Markus Moling

Markus Moling è nato a Brunico nel 1978 ed è cresciuto a Stegen. Gli studi di teologia e filosofia lo portano a Innsbruck e Milano. È stato ordinato sacerdote nel 2006 lavorando in diverse parrocchie della diocesi. Per tre anni è stato segretario del vescovo. È professore ordinario di filosofia presso lo Studio teologico accademico di Bressanone dal 2016, dove insegna già dal 2009.

L’etica ambientale, la comprensione della natura e soprattutto il rapporto con gli animali selvatici, compresa la caccia responsabile, sono alcune delle sue principali aree di ricerca. Moling è un appassionato osservatore della fauna selvatica e ornitologo per hobby. È molto interessato al gallo cedrone. Da diversi anni si occupa di indagini e censimenti condotti dall’amministrazione statale e documenta le sue osservazioni e gli avvistamenti.

Il libro

Tradotto dal tedesco, attualmente l’unica lingua in cui l’opera è disponibile, il titolo del trattato di don Moling suona così: Come vogliamo cacciare. Considerazioni etiche nella gestione della fauna selvatica. Costituisce lo sviluppo delle idee inizialmente presentate nel saggio Etica della caccia, pubblicato nel volume di Martin M. Lintner Etica animale. Una prospettiva cristiana (2017).

Oltre a essere legittima se correttamente esercitata, secondo l’autore la caccia si nutre dell’esperienza della bellezza nella natura e può promuovere la biodiversità, a patto di superare quello che Moling definisce “egoismo naturale” e che i cacciatori sappiano fare affidamento sul dialogo e sulla formazione; solo così la caccia può sopravvivere in maniera armoniosa con le altre forme di godimento dell’ambiente naturale.

Tra antropocentrismo, patocentrismo, biocentrismo, ecocentrismo, la soluzione che don Moling ci suggerisce per elaborare una corretta etica della caccia è una forma moderata di antropocentrismo.

Moling M., Wie wir jagen wollen. Ethische Überlegungen im Umgang mit Wildtieren, Athesia, 2020, 176 pagine, 20 euro.

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