Il cane da caccia è un atleta e deve essere gestito come tale, sfruttando ciò che la medicina veterinaria, che è in rapidissima evoluzione, può offrire per il suo benessere.
La medicina veterinaria, al pari del rapporto tra cani e uomini che diventa sempre più stretto e attento, si sta parimenti evolvendo per offrire risposte ai proprietari, sempre più simili a quelle della medicina umana. Molti di noi avranno sentito parlare dell’ortopedico veterinario, del dermatologo veterinario o dell’oculista veterinario, ma stanno emergendo anche nuovi specialisti, come ad esempio il nutrizionista o il fisiatra. Senza cadere negli eccessi, è giusto che i proprietari siano al corrente di queste opzioni e possano imparare a trarne vantaggio.
Cinofilia venatoria e medicina veterinaria
La maggior parte delle discipline cino-sportive non pretende nemmeno la presenza di un veterinario in campo. E le persone? Quelle che praticano una disciplina cinofila non per agonismo, ma per diletto? Anche in questo caso mi trovo a rispondere “dipende”, sebbene qualcosa di positivo sembri man mano mettersi in moto. Noi cacciatori potremmo ricalcare le orme di chi è già andato avanti, evitando di commettere errori già commessi.
Di recente ho avuto modo di avvicinarmi alla realtà dei cani da slitta/caniross. Cosa c’entrano i cani da slitta con i cani da caccia? Direi abbastanza: sono entrambe tipologie di cani che ancora “lavorano”, al di là delle dalla partecipazione ad attività “sportive” e entrambe le tipologie di cani svolgono un lavoro che potremmo chiamare di “resistenza”. Certamente, il lavoro dei cani da slitta può durare anche molto di più di quello dei cani da caccia, ma abbiamo anche altre similitudini da rilevare. Si tratta, in entrambi i casi, di cani che corrono a lungo su terreni eterogenei sui quali non è nemmeno improbabile farsi male.
Cani da caccia e cani da slitta
Sia il cane da caccia che il cane da slitta, per lavorare in maniera efficace, devono essere al massimo della condizione fisica e psichica il che significa giusto peso (e quindi giusta alimentazione), serenità mentale e apparato muscolo scheletrico in condizioni ideali.
C’è qualcosa che noi dei cani da caccia potremmo rubare agli eventi sportivi legati ai cani da slitta/canicross? Assolutamente sì: l’esame muscolo scheletrico effettuato su TUTTI i cani partecipanti alla gara, prima della stessa, a opera di un medico veterinario. Avete capito bene, tutti i cani iscritti a queste manifestazioni, a volte centinaia di cani, vengono visitati da un veterinario prima di poter ricevere il via libera alla corsa. Contestualmente, i veterinari, lo scrivo al plurale perché generalmente ce ne sono almeno due, rimangono a disposizione dei concorrenti, per eventuali emergenze, per tutta la durata della manifestazione.
L’importanza dell’esame muscolo scheletrico
Immaginate come sarebbe bello avere un veterinario nello zaino quando siete nei boschi a beccacce e vi capita qualcosa! Questo ovviamente è impossibile, ma familiarizzare con l’importanza dell’esame muscolo scheletrico è alla portata di tutti. Si tratta di un esame che un buon veterinario può svolgere velocemente e che, a mio avviso, andrebbe effettuato a inizio stagione di caccia e, perché no, ripetuto anche a metà e/o a fine stagione.
L’esame che viene effettuato sui cani da slitta è piuttosto veloce, dati i limiti logistici, in ambulatorio le cose le cose si possono fare con più calma ma, nonostante la velocità di lavoro imposta durante le manifestazioni, i veterinari sono in grado di capire se un cane può correre o meno. Nel corso di questo esame vengono controllati gli arti anteriori (dalle unghie alla spalla), gli arti posteriori e la colonna. L’obiettivo è riscontrare le problematiche più gravi, quelle che potrebbero essere peggiorate dall’attività sportiva ma, non di rado, vengono riscontrate anche problematiche minori, come ad esempio contratture lungo la colonna vertebrale.
In entrambi i casi i proprietari “non si erano accorti di nulla” e questo non perché ci si trovi di fronte a cattivi proprietari, bensì perché non è facile cogliere segni di dolore nel cane, specie se si tratta di cani stoici ed estremamente motivati a correre, cercare e trovare, esattamente come fanno i nostri cani.
Problemi da non sottovalutare
L’esperienza vissuta con lo sleddog e con il canicross mi ha ulteriormente sensibilizzata all’importanza della perfetta forma fisica per i nostri cani: se è difficile trascurare un problema acuto e grave, come una zoppia molto evidente che non permette al cane di appoggiare il piede, è molto più semplice ignorare o sottovalutare un problema cronico e/o lieve, o per lo meno che è tale in apparenza.
Quali indizi dovrebbero metterci in allerta? Sintomi come il caricare un arto meno dell’altro o il muoverlo in maniera “strana”; un calo di andatura, di resistenza, o di rendimento; atteggiamenti aggressivi immotivati o, ancora, un movimento esteticamente “brutto”.
Questi sottili segnali frequentemente vengono ignorati, fino a che, avendo trascurato il problema la sintomatologia diventa particolarmente evidente con il cane che zoppica, fatica a muoversi, fatica a sedersi e via dicendo. A questo punto moltissimi provano a risolvere il problema in autonomia, ricorrendo a un antiinfiammatorio. Fate attenzione, questi farmaci non sono sempre ben tollerati dal cane, specie quelli commercializzati per uso umano. L’antinfiammatorio può essere non solo inutile, ma a volte persino dannoso. Un cane che non prova dolore non farà nulla per risparmiare la parte malata, il dolore è un importantissimo meccanismo protettivo che ci aiuta a mantenere l’organismo integro.
Prima di somministrare farmaci sarebbe opportuno portare il cane da un medico veterinario e, nel frattempo, se non è possibile andarci il giorno stesso, o il giorno dopo, tenere il cane a riposo. Un’altra cosa importantissima da fare, in caso di zoppia improvvisa, è controllare benissimo sotto ai piedi: non avete idea di quante zoppie siano causate da corpi estranei, tagli e lesioni a piedi e unghie!
Dalla visita clinica agli accertamenti diagnostici
Mettiamo caso che i polpastrelli, le unghie e gli spazi interdigitali siano in ordine e mettiamo anche caso che dopo tre giorni di assoluto riposo il cane continui a zoppicare: a questo punto non vi resta che andare dal veterinario. Cosa farà il veterinario? Effettuerà sicuramente un esame muscolo scheletrico e potrà anche chiedervi di far muovere il cane, di farlo sedere, o di tenerlo fermo mentre effettua determinate manovre.
Dopo di che potrà formulare una diagnosi, o chiedervi di effettuare ulteriori accertamenti diagnostici. In prima battuta, generalmente si prospetta al proprietario di effettuare una o più radiografie. Se il cane è di buon carattere, per effettuare una radiografia non è normalmente richiesta una sedazione, ma il veterinario potrebbe comunque chiedervi di poter sedare il cane se la radiografia richiede un posizionamento particolare o se l’animale ha molto dolore.
Spesso, ma non sempre, l’immagine che si ottiene permette di formulare una diagnosi ma… se questo non dovesse accadere? Il veterinario può decidere di andare per tentativi, ipotizzando comunque una diagnosi, e suggerire una terapia da provare, oppure può consigliarvi di proseguire l’iter diagnostico.
Esami di secondo livello
Gli esami di secondo livello che possono essere proposti sono l’ecografia, la risonanza magnetica, la TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) e, molto molto raramente, la termografia. A cosa servono? Facciamo qualche esempio pratico.
L’ecografia muscolo-tendinea (detta anche articolare) è l’esame d’elezione se si sospettano problemi a muscoli, tendini e legamenti, è un esame di semplice esecuzione, indolore (sfrutta onde sonore ad alta frequenza) e che non richiede sedazione se il cane collabora.
Il limite dell’ecografia muscolo-tendinea è trovare un veterinario in grado di effettuarla: non è ancora un esame così comune come in medicina umana. Detto questo, vale la pena di doversi spostare per cercare il veterinario giusto? Assolutamente sì! Una tendinite, per esempio, evenienza tutt’altro che infrequente nel cane da caccia, non può essere rilevata mediante una radiografia, il veterinario può sospettarla avvalendosi della visita clinica, ma solo l’ecografia può dirci con precisione come stanno le cose e guidarci nella scelta della terapia e dei tempi di riposo.
Risonanza magnetica e Tac
La risonanza magnetica può essere considerata la regina della diagnostica per immagini: ci permette di vedere benissimo quasi tutto ciò che si trova all’interno del corpo (non è ottimale per i tessuti duri, come le ossa). Ma ha due grossi limiti: il costo elevato e la necessità di dover sedare il cane. In medicina veterinaria è spesso utilizzata per diagnosticare lesioni al midollo spinale, come ad esempio le ernie.
La TAC, a differenza della risonanza magnetica, mostra in dettaglio la situazione del tessuto osseo e, in medicina veterinaria, la li usa quando per esempio, la radiografia, che è “bidimensionale”, non consente di vedere alcune parti di un’articolazione. Il veterinario per esempio sospetta un problema al gomito, non individuabile attraverso la radiografia, potrebbe suggerire il ricorso ad una TAC. I limiti della procedura? Ci troviamo, anche in questo caso, di fronte a costi elevati e alla necessità di sedare il cane.
Informazioni accurate
Come credo sia chiaro a tutti, risonanza magnetica e TAC sono esami che possono offrire informazioni accuratissime sul paziente, ma che presentano barriere d’accesso difficili da superare. È pertanto improbabile che, fatte salve situazioni particolarmente gravi, un proprietario li prenda immediatamente in considerazione se la radiografia e la visita clinica non sono riuscite a fare chiarezza.
L’ecografia, al contrario, è, un’opzione che dovremmo sempre tenere a mente. Come dico spesso anche a me stessa i nostri cani non sono “cani normali”, la cui vita è fatta solo di passeggiate e di divani: il cane da caccia vive per correre e per cacciare, e è nostro dovere permettergli di soddisfare quella che per lui è una vera e propria necessità.
Si tende a dare per scontate le prestazioni atletiche dei nostri cani, ma questo è un grandissimo errore: sono atleti e vanno trattati e curati come tali. Se una diagnosi imprecisa è accettabile per un cane da compagnia, di fronte ad un cane da caccia, o sportivo, il proprietario dovrebbe essere il primo a pretendere di andare oltre. Perché rischiare di troncare una carriera venatoria a un cane di 6 o 7 anni? Oppure continuare a portarlo a caccia in condizioni mediocri, in seguito a un problema che non si è mai riusciti a comprendere?
Un’ulteriore modalità diagnostica
Prima di chiudere voglio introdurre anche un’ultima modalità diagnostica, fino ad ora scarsamente utilizzata, per lo meno nel nostro paese, nella medicina sportiva del cane. Mi riferisco alla termografia. Probabilmente alcuni di voi ne avranno sentito parlare in ambiti come l’edilizia, o l’ingegneria, ma non hanno mai pensato si potesse usare sul loro cane.
La termocamera, così come dice il suo nome, rileva le temperature sulla superficie corporea del cane, lo strumento ci permette di rilevare anomalie. Aree più calde o aree più fredde di quanto ci si potrebbe aspettare possono indicare, rispettivamente, un aumento di flusso sanguigno (e quindi molto probabilmente uno stato infiammatorio) o una sua diminuzione (sovente legata a patologie ormai cronicizzate).
Un esame non invasivo e utilissimo
Qui entrano in gioco le capacità del veterinario nell’interpretare correttamente cosa vede mettendo insieme le letture effettuate con la termocamera. L’interpretazione di un termogramma non è immediata e, l’utilizzo della termografia non è insegnato all’università ma, la sua diffusione nell’ambito clinico potrebbe essere di grande aiuto al cane atleta.
La termografia è un esame non invasivo che consiste nel semplice scattare fotografie al cane utilizzando una speciale termocamera. Un’altra possibilità offerta da questo strumento è quella di poter esaminare il cane in movimento, in tempo reale, analizzando le risposte dell’organismo mentre il cane esegue determinati esercizi.
Questa tecnica non richiede sedazione, può essere effettuata anche su animali che provano forte dolore, che sono aggressivi o addirittura su animali selvatici. Si può fare ricorso alla termografia in prima battuta, durante l’esame clinico, per individuare correttamente la zona sofferente o in seconda battuta, se con le metodiche diagnostiche più tradizionali si fatica a raggiungere una diagnosi. La termografia può per esempio suggerire all’ecografista dove e cosa cercare.
Negli Stati Uniti, per esempio, la termografia è utilizzata sovente oltre che come ausilio diagnostico, anche per screening preventivi su cani apparentemente sani e per monitorare l’efficacia delle terapie che si è scelto di utilizzare.
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