La Federcaccia si augura che i piani d’esecuzione della legge europea sul ripristino della natura coinvolgano il mondo venatorio, che da tempo ne condivide lo spirito.
Della legge sul ripristino della natura, approvata dal parlamento europeo con una cinquantina di voti di scarto, «il mondo venatorio porta avanti lo spirito prima che si parlasse di codificarlo». In una nota la Federcaccia ricorda infatti che negli ultimi anni i cacciatori hanno gestito o ripristinato almeno 27.000 ettari di aree umide, ricostituito aree prative montane e finanziato la realizzazione di colture a perdere, siepi, boschetti e punti d’abbeverata per la fauna.
Proprio la fauna, nello specifico la piccola selvaggina stanziale e migratoria, dev’essere la principale beneficiaria del provvedimento una volta che sarà recepito dall’Italia: la vera emergenza riguarda infatti il suo stato di salute, per risollevare il quale sono necessarie azioni di ripristino degli habitat agricoli.
La Federcaccia segnala peraltro che non è soltanto in questo contesto che c’è bisogno d’intervenire: il degrado degli habitat «per cementificazione e abusivismo» riguarda infatti anche «le pianure costiere, le foci dei fiumi, le spiagge e molti corsi d’acqua».
La Federcaccia si augura che il piano di ripristino degli habitat in Italia si radichi a fondo presso i ministeri competenti, coinvolga il mondo venatorio e non preveda il divieto di svolgere «qualsiasi operazione [diversa da] una tutela vuota, priva di concrete azioni gestionali, assoluta quanto inutile».
Perché l’auspicio vada a buon fine c’è dunque bisogno di finanziamenti specifici, non ricavati dai fondi stanziati per la nuova politica agricola comunitaria «difficilmente orientabili» verso iniziative di questo tipo.
È vero che si tratta di obiettivi difficili da raggiungere; ma è impossibile non considerare positivamente il nuovo contesto, che responsabilizza i governi e li costringe al dialogo con chi opera concretamente sul territorio.
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