Esistono beccacce strane? Sappiamo dell’inesistenza di sottospecie per la nostra Scolopax rusticola. Ciò non vuol dire che, secondo alcune particolarità morfologiche, non ci troviamo dinanzi all’apparizione di caratteristiche che individueranno in futuro l’esistenza di una o più sottospecie.
Ancora non abbiamo una casistica consolidata, anche se negli ultimi anni, grazie al numero sempre più elevato di cacciatori di beccacce, stiamo raccogliendo informazioni molto interessanti. Questo vale per le brevirostre, soprattutto.
Cerchiamo quindi di valutare all’interno di alcune caratteristiche generali alcuni fattori che ci portano a considerare come “strane” (termine che non ha alcun fondamento biologico) alcune beccacce.
Leggere e doppie: questione di peso
Nella nostra specie (beccaccia eurasiatica, Scolopax rusticola) notiamo variazioni di peso molto accentuate. Negli ultimi anni infatti, sono state recuperate dai cacciatori diverse beccacce leggere, con un peso intorno ai 190 grammi.
Comunque buone volatrici, ma con una lunghezza della corda massima, ovvero la lunghezza complessiva dell’ala appiattita e raddrizzata, misurata dalla giuntura dell’ala (il gomito) fino alla punta della primaria remigante esterna (la numero 10), inferiore a quella di una beccaccia cosiddetta normale. Non si tratta di uccelli in difficoltà, sono uccelli più piccoli in generale. Potrebbero essere giovani nati tardivi, prelevati a soli due o tre mesi di vita. Non lo sappiamo, poiché i rilevamenti non sono quasi mai accompagnati da altri dati. Sembrano avere un’origine alto-balcanica e probabilmente sono una sub-popolazione con queste caratteristiche.
Di contro, abbiamo anche beccacce che raggiungono i 500 grammi. Qualche cacciatore ricorda di averle prese anche di 600-700 grammi (Lazio, Puglia e Calabria). Amici greci dicono che, dalle loro parti, si rinvengono beccacce con quel peso accompagnate da grandi dimensioni di ali e di cranio. I francesi le chiamavano beccacce doppie (1951 Francia, 750 grammi) e curiosamente anche da loro si fanno le stesse nostre ipotesi. Ovvero che si tratti di beccacce ormai estinte, incapaci di adattarsi ai cambiamenti di habitat e soprattutto di eludere cani e cacciatori. E’ molto strano dal punto di vista biologico che ciò possa essere accaduto in un lasso di tempo così breve (cinquant’anni) rispetto ai periodi molto più lunghi di sparizione/ estinzione di specie o sottospecie nel mondo animale.
Giganti e civetta: “questione” di cranio e di collo
Quelle beccacce da peso massimo dicevano presentassero anche un cranio molto più largo e più schiacciato. Così come delle striature regolari, nitide e ben definite nel disegno su tutto il petto, di norma molto chiaro. Le chiamavano beccacce giganti, qualcuno le definisce addirittura beccacce preistoriche. Personalmente ne ho vista solo una, imbalsamata, e al di là dell’abbondanza del materiale usato dal tassidermista, concordo nel notare quelle caratteristiche di “gigantismo” del cranio e delle forti e regolari striature marroni sul petto.
Per quanto riguarda la lunghezza del collo, stiamo monitorando, attraverso il lavoro di Gianfranco Guidali nella zona laghi di Como e Varese, la presenza di beccacce civetta, così chiamate per la mancanza di quattro vertebre che conferisce alla regina un aspetto piuttosto tozzo. In questi ultimi due anni sono stati rinvenuti una decina di esemplari, tutti in quell’areale lombardo.
Beccacce strane: occhio al becco
Tutti ormai sappiamo delle brevirostre (becco inferiore ai 5 cm). Si possono trovare beccacce longirostre (becco max 12 cm) e alcune con stranezze a livello di mandibola (superiore e inferiore). La più particolare mai vista è la beccaccia avocetta, per la mandibola superiore rivolta verso l’alto. Non è infrequente trovare beccacce con la mandibola inferiore più lunga, configurando un vero e proprio caso di prognatismo, come nei mammiferi.
Beccaccia rinoceronte, un’altra beccaccia strana
Oggetto di studi è la beccaccia rinoceronte per la presenza di un’escrescenza ossea all’attaccatura del becco. In Italia, ad oggi, ne sono state classificate tre, tutte nel Salento. Bisogna ringraziare il cacciatore che ha provveduto a fare una radiografia per verificare l’assenza di una lesione (provocata magari da un pallino) a giustificare una ricrescita cornea. L’escrescenza invece appare ben sviluppata senza alcuna causa da impatto. La posizione simile in tutti e tre i casi, all’attaccatura del becco, conferisce un mark solenne a tutti gli uccelli osservati. Che si tratti di un segno distintivo dei maschi? Ebbene, in Francia già negli anni Cinquanta furono rinvenute alcune beccacce con il corno. L’autopsia diceva che erano tutti maschi. Sorprendente. Beccacce rinoceronte sono state segnalate anche per la specie minor, la beccaccia americana.
Colori differenti
Molti osservano colori differenti, che variano dal rosa al grigio, sui tarsi della beccaccia. Queste differenze cromatiche di solito hanno a che fare con i toni generali della pigmentazione di penne e piume di ogni soggetto. Le beccacce più scure hanno tarsi più grigi, mentre quelle più chiare presentano di solito tarsi addirittura rosacei. Per quanto riguarda le unghie mancanti, trasformate in un moncherino a forma di piccolo pugno, trattasi di cicatrizzazione dovuta ad amputazione generata da pallino di fucile.
Stranezze del corredo cromatico di piume e penne
Ci si può sbizzarrire sulle stranezze del corredo cromatico della regina. Diluizione del colore, accentuazione dei toni grigi e neri, melanismo, presenza di striature bianche, si trovano in tutte le beccacce prelevate nel Paleartico. Non si può parlare quindi di soggetti facenti parte di sub-popolazioni legate a precise aree di riproduzione. E’ una questione tipicamente genetica il possedere un piumaggio con pigmenti diversi dalla colorazione tipica. Qualche ricercatore ha pensato che vi fosse una causa climatica (temperatura) collegata a una colorazione piuttosto che ad un’altra.
Non esiste il fenomeno dell’albinismo nella beccaccia
Vi sono, infatti, beccacce melaniniche (dal greco melos-nero) con un areale di riproduzione e svernamento balcanico-mediterraneo più meridionale. Ma allo stesso tempo le striature bianche, o addirittura una diluizione quasi totale del colore, sono state trovate negli stessi contingenti che frequentano i nostri habitat. Se aggiungiamo i cambiamenti climatici e nuove fasce latitudinali di nidificazione, possiamo dire che beccacce chiare e scure si riproducono tranquillamente tra di loro, cedendo o meno geni stravaganti di piumaggio. Non esiste il fenomeno dell’albinismo nella beccaccia, poiché comporterebbe l’occhio rosso quindi l’impossibilità di resistere agli ultravioletti. Il massimo della depigmentazione è quindi la beccaccia bianca, con zampe e becco gialli.
Penne e piume: cambiano i numeri
Una vera stranezza del corredo di penne e piume però è rappresentata dal numero delle stesse. Sono state trovate beccacce con 14 penne timoniere invece delle classiche 12. Si prelevano, raramente, beccacce con le remiganti primarie di un’ala non formate, che le fanno sembrare mancanti dell’ala stessa (caso di ritardo e sospensione della muta negli adulti).
Credo che tutti, però, siano d’accordo nel ritenere il comportamento la “cosa più strana” nella beccaccia: alcune volte incomprensibile, stupefacente, contraddittorio, semplicemente inspiegabile. E’ questo, soprattutto, il fattore che alimenta il mistero della regina.