L’Arcicaccia ha deciso d’opporsi al decreto che ricostituisce il comitato faunistico-venatorio riducendo il numero di associazioni rappresentate.
Ne ha da sempre auspicato la ricostituzione, ma non in questa forma depotenziata dalla quale restano di sicuro escluse almeno quattro associazioni venatorie riconosciute: l’Arcicaccia ha dunque deciso d’impugnare (da capire sedi e modalità) il decreto con cui Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, dispone la ricostituzione del comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale.
Per l’Arcicaccia la decisione del governo si configura addirittura come «un’aggressione alla democrazia rappresentativa e una minaccia alla caccia sociale e al ruolo del volontariato venatorio»; chiederà dunque, a livello nazionale e regionale, un incontro a tutti i partiti, con l’obiettivo d’ottenere impegni concreti in senso contrario.
Visto che si discute di rappresentanza dei cacciatori, era pressoché inevitabile che nella controversia entrasse la polemica con le altre associazioni venatorie. L’Arcicaccia critica infatti apertamente la posizione della Federcaccia e di non meglio precisate altre sigle che, «dopo averlo annunciato, hanno cambiato [orientamento]»; al loro fianco ci sono «i produttori di armi e munizioni che, pur non previsti dalla legge, sono impropriamente entrati in campo autonominandosi operatori faunistici». Per l’Arcicaccia un atteggiamento di questo tipo indebolisce e isola il mondo venatorio, e riduce la capacità di dialogo con la società nei territori.
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