Esistono delle regole di sicurezza a caccia – specie nella caccia collettiva – che ognuno deve assimilare e trasmettere agli altri.
Quanto a volte accade nelle cacce collettive è utile per capire come declinare le regole di sicurezza a caccia. Scenario: tipicamente la battuta al cinghiale come si come si pratica in diversi Paesi europei, con modalità abbastanza differenti dalla braccata italiana. Siamo in un momento di pausa, magari fra un quadro di battuta e l’altro o per concedere ai cacciatori una merenda ristoratrice nel bosco. Oppure la cacciata è proprio terminata e tutti i partecipanti sono riuniti intorno al magico rettangolo di rami d’abete dove si dispongono ben ordinati gli animali abbattuti, per poi onorarli nella cerimonia finale. Fatto sta che il capocaccia o un suo collaboratore si avvicina a un gruppetto di tre ospiti e in inglese (o come può) dice: «Aprire, per cortesia!».
Aprire l’otturatore o la bascula, ovviamente. Perché quando più cacciatori si riuniscono è assolutamente indispensabile che le armi siano scariche e che questa condizione sia ben evidente agli altri. Quindi bascule e otturatori spalancati, così stiamo davvero tutti tranquilli. Un po’ come avviene in poligono: se un tiratore abbandonasse la linea, per andarsene in giro con una carabina a otturatore chiuso in spalla, verrebbe subito richiamato all’ordine dal direttore di tiro. Quando invece nella pausa della caccia l’arma viene riposta dentro una custodia, come prevedono alcune normative, avremo in realtà meno garanzie: non possiamo vedere se l’arma sia carica o meno. E purtroppo abbiamo visto partire colpi persino da fucili chiusi in busta.
Lacune da colmare
Non è una bella cosa da dire, ma va detta: la richiesta di aprire l’arma che abbiamo appena raccontato è quasi sempre rivolta a cacciatori italiani. I cacciatori italiani amano il rischio? Sono distratti? Sono meno intelligenti degli altri? Non crediamo. Più semplicemente i cacciatori italiani spesso non applicano alcune regole base della sicurezza perché non le conoscono. E non le conoscono perché nessuno gliele ha insegnate. E qui riemerge un grave e storico malessere che affligge la caccia italiana, vale a dire la carenza di formazione dei suoi praticanti.
È vero che le cose stanno migliorando, la preparazione aggiuntiva obbligatoria per chi caccia gli ungulati ne è il miglior esempio. È altrettanto vero però che molti cacciatori attivi, soprattutto se si considera l’età media elevata, possono non aver mai ricevuto una formazione approfondita in tema di sicurezza. Se si osservano i percorsi di accesso alla caccia della maggior parte dei Paesi europei (in particolare quelli nei quali i cacciatori stanno aumentando di numero), con didattica ampia e impegnativa ed esami severi, qualche domanda sorge. Le carenze formative generano problemi per il rispetto delle norme, per la gestione della caccia e della fauna, con le cadute di immagine conseguenti per la categoria. E forse non è un caso se la caccia in Italia sia malvista ben più che in altre lande. Ciò detto, quando parliamo di sicurezza nella gestione delle armi le carenze formative si traducono in rischi letali.
Evangelizzatori armati
Il rispetto delle prassi corrette per gestire la armi in sicurezza a caccia viene prima di ogni altra cosa. Bisogna quindi che queste prassi, queste regole, siano ben conosciute, profondamente assimilate e costantemente applicate da tutti i cacciatori. Per queste ragioni noi, che facciamo formazione venatoria per professione, riteniamo che un forte impegno didattico sul tema della sicurezza venga prima di ogni altra cosa e debba essere alla base di qualsiasi percorso formativo. A costo di essere ripetitivi e riproporre al cacciatore le stesse essenziali cose, lo stesso addestramento, in ogni corso che seguirà nella sua carriera venatoria. Repetita iuvant, mai come in questo caso.
Riteniamo altrettanto fondamentale che ogni cacciatore adeguatamente formato si sforzi di trasmettere ai suoi colleghi ciò che ha imparato e metabolizzato. Promuoviamo di continuo questa spinta all’evangelizzazione per la sicurezza. Certo, chi fa le prediche difficilmente risulta simpatico. E conosciamo benissimo le reazioni sarcastiche di ogni allegra brigata venatoria quando qualcuno, appena abilitato o fresco di corso, propone qualche idea nuova. Ma il cacciatore consapevole deve accettate il rischio di sembrare antipatico o saccente; sono i rischi nel maneggio delle armi che non si possono accettare. Peraltro, c’è sempre un modo giusto per dire le cose; e queste vanno sicuramente dette.
Sicurezza a caccia: dieci comandamenti salvavita
- Custodire con massima diligenza, a casa e sul campo, armi e munizioni.
- Considerare sempre ogni arma come fosse carica
- Verificare sempre la funzionalità dell’arma e che la canna sia libera prima di caricare.
- Mai rivolgere armi, anche scariche, in direzione di persone.
- Effettuare caricamento e scaricamento con l’arma in direzione sicura (mai verso il cielo).
- Caricare l’arma solo quando è necessario; scaricarla appena cessa la necessità o subentrano condizioni di rischio.
- Sparare solo contro bersagli perfettamente visibili e identificati.
- Verificare la traiettoria ipotetica del proiettile prima del tiro.
- Tenere il dito lontano dal grilletto fino a quando non si spara.
- Essere e rimanere in condizioni psicofisiche adeguate; no alcol.
(a cura di Obora Hunting Academy “Danilo Liboi” – Caccia Magazine giugno 2021)
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