La giardiasi è una delle zoonosi più diffuse al mondo. La via di trasmissione più diffusa è l’acqua, e non sempre le comuni metodiche di purificazione risultano adeguate
La Giardia duodenalis è un protozoo flagellato che vive nell’acqua sotto forma di cisti, molto resistente a fattori fisici e chimici, e infetta l’uomo che ha ingerito acqua contaminata: è così che si scatena l’infezione intestinale nota come giardiasi. Si tratta di una zoonosi, cioè una malattia trasmessa all’uomo dagli animali come rabbia, toxoplasmosi e brucellosi, tutte già trattate nella rubrica A caccia con il medico).
Detto che l’acqua è la principale fonte d’infezione, ci si può ammalare anche ingerendo cibo contaminato o entrando in contatto con feci infette (tipicamente i pannolini di bambini infetti). La Giardia è presente in tutto il pianeta e infesta le acque, soprattutto stagnanti. Le cisti di Giardia galleggiano sulla superficie dell’acqua e possono infettare chi ingerisce acqua contaminata.
Una volta entrato nel tratto digerente dell’uomo (ma anche del cane) il protozoo aderisce tenacemente alle pareti intestinali e inizia a riprodursi, provocando una forma particolarmente fastidiosa di enterite.
In meno della metà delle persone che contraggono l’infezione si manifestano i sintomi della giardiasi; la gravità della malattia dipende dalla carica microbica ma anche dalle condizioni generali di salute (età, stato immunitario).
I sintomi compaiono mediamente dopo una settimana dall’infezione, e comprendono crampi addominali, flatulenza, nausea, inappetenza e diarrea acquosa, giallastra e maleodorante. Se non diagnosticata e trattata la malattia si protrae fino a tre settimane. Dopo la risoluzione può esitare un’intolleranza acquisita al lattosio.
Una persona su tre mediamente non guarisce del tutto, e la forma cronicizzata della giardiasi è responsabile di episodi recidivanti di diarrea e malassorbimento di grassi e zuccheri. Nei bambini la giardiasi cronica può causare difficoltà di accrescimento.
Disinfettare non basta
Per sospettare la malattia e ottenere una diagnosi tempestiva, per prima cosa è bene conoscere il rischio di contrarre questa parassitosi. Per la diagnosi è necessario analizzare campioni di feci per la ricerca dei parassiti o, meglio, del Dna. Una volta effettuata la diagnosi, la terapia è semplice ed efficace: consiste nell’assunzione di antiparassitari per via orale. Esistono formulazioni di farmaci che si assumono in una singola dose. Anche dopo la cura parassitologica può comunque esitare una sindrome da intestino irritabile o un’intolleranza al lattosio.
Per non ammalarsi è fondamentale evitare di ingerire acqua e cibi di cui non sia nota l’igiene. Bisogna evitare di bere da fontane dove l’acqua non è potabile, da pozzi, ruscelli di montagna o acque stagnanti (soprattutto acque superficiali: le acque dei fondali sono spesso più salubri). Anche il ghiaccio o il cibo lavato con acqua non potabile possono causare l’infezione. Non è trascurabile il rischio legato all’ingestione occasionale di acqua mentre si nuota o si gioca in laghi, stagni, o fiumi.
La forma cistica della giardia è in grado di sopravvivere alle avversità dell’ambiente esterno per parecchio tempo. La giardia resiste ai comuni trattamenti di disinfezione come il cloro, che distrugge soltanto i batteri coliformi, o i composti a base di iodio.
Per eliminare le cisti di giardia sono più efficaci i metodi di microfiltrazione o i dispositivi portatili di filtraggio. Il metodo in assoluto più sicuro per decontaminare l’acqua dalla giardia e renderla potabile resta la bollitura.
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