“La caccia sostenibile: profili biologici, etici e giuridici” parte da un master in amministrazione e gestione della fauna selvatica. Curata da Marco Olivi, la ricerca a più mani tenta di spiegare quale posto occupino uomini e animali nell’ordine, etico e filosofico, delle cose, dell’essere. Solo provando a rispondere a queste domande si potrà dirimere l’eterno conflitto tra caccia e tutela della natura.
Ogni volta che un uomo si interroga su un aspetto della vita e cerca nuovi strumenti per capire se sia vissuto in modo corretto o meno, sta facendo filosofia: “La caccia sostenibile: profili biologici, etici e giuridici” nasce proprio con questa spinta, quella per la quale l’uomo cerca di rendere platonicamente “tutte le cose chiare” e di rimanere orazianamente nella loro misura, “poiché vi sono determinati confini al di là e di qua dei quali non può esservi il giusto”.
Il testo è curato da Marco Olivi, professore di Diritto amministrativo alla Ca’ Foscari di Venezia. Leggendolo, si trae la convinzione che solo l’interdisciplinarietà possa contribuire alla completezza dell’indagine. È un libro dotto e corale che trova nella scienza la cifra narrativa e un valore epistemologico illuminante. Il lettore, anche il profano, viene condotto verso una maggiore consapevolezza sulla caccia, sul rapporto tra uomo e natura, sulle strade che hanno portato entrambi a perdersi e a ritrovarsi, sempre con nuovi significati, infine sul quadro normativo di riferimento.
La caccia sostenibile: contributi di spessore
Se la caccia sia sostenibile o meno lo dirà chi legge dopo aver tirato le somme dei vari interventi che si offrono senza derive ideologiche o pretese di verità assoluta, lontano dagli slogan e tornando a bomba sulla conoscenza come unica via per superare il dogma del progresso fine a sé stesso. Scrivono con Olivi filosofi, biologi e giuristi quali Isabella Adinolfi, Marco Apollonio, Fabrizio Fracchia, Giuseppe Manfredi, Pasquale Pantalone, Massimo Scandura, Marco Tuono, Fabrizio Turoldo. Lo spessore dei contributi vale la promozione del libro. Bisognerebbe avvicinarvisi con il medesimo animo con cui i volontari qualificati si attivano per la gestione della fauna selvatica.
Si alimentano così il progresso culturale che caratterizza la componente venatoria e il necessario confronto sui temi portanti della disciplina. Immaginarsi là fuori ancor prima di esserci per praticare la selezione, interagire con la natura, è un esercizio che può evitare un’attività predatoria incompatibile con l’ecosistema. La prevenzione, intesa come il tempo che ci possiamo dare per analizzare le evidenze scientifiche, è la chiave migliore per essere un cacciatore corretto. Solo questa figura sa rispettare e preservare la diversità genetica e creare, magari, corridoi ecologici che favoriscano i collegamenti tra le varie specie.
La caccia sostenibile: filosofia e legge
Se la prima parte è dedicata ai profili biologici, la seconda e centrale entra nel vivo del rapporto uomo-animale con uno sguardo obliquo. Per sottolineare l’etica (implicita) della caccia, gli autori attraversano le religioni e il pensiero occidentale dalle origini (Democrito, Eraclito, Platone, Aristotele) fino ai giorni nostri (Hume, Jonas, Lovelock). È qui che entrano in scena l’ambientalismo di Leopold e l’animalismo di Singer. La dimensione etica di ogni attività pratica rimane la pietra angolare su cui costruire la trattazione. Vi si innerva anche il pessimismo cosmico di Rensi. La vita per reggersi ha bisogno di distruggere sé stessa, l’uomo non può liberarsi del suo lato ferino e violento, così come Gandhi non potette niente contro con il flagello della zanzara.
Il libro chiude mettendo a fuoco l’articolato iter normativo. La strada intrapresa nel 1923 trova il suo giro di boa nelle regionalizzazioni degli anni Settanta, dunque nel trasferimento della competenza in materia dallo Stato alle Regioni, peraltro scavalcate de facto dal neocentralismo amministrativo inaugurato dalla recente legge 56/2014 (Delrio). Rimane da sciogliere il nodo interpretativo che mette sullo stesso piano l’indisponibilità della fauna selvatica, in quanto patrimonio dello Stato, e il diritto del cacciatore a fare propria quella cacciata. Olivi ha fatto suo questo calembour di senso proponendo di contemperare il valore d’uso del prelievo con il valore di esistenza della risorsa. E ciò ci rimanda magicamente al in medio stat virtus del nostro incipit. Come sempre, la fine è anche l’inizio.
Bibliografia
- Olivi M. (a cura di), La caccia sostenibile: profili biologici, etici e giuridici, Franco Angeli, 2020, 174 pagine, 23 euro.
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