Lo studio della specie e la sostenibilità del prelievo della beccaccia sull’arco alpino dinanzi ai cambiamenti climatici e alle trasformazioni degli habitat naturali è stato il focus della conferenza “La beccaccia nelle Alpi”.
La seconda conferenza internazionale dedicata alla beccaccia (La beccaccia nelle Alpi) è stata una preziosa occasione per conoscere i risultati degli ultimi studi sulla Scolopax rusticola. Lo studio della specie e la sostenibilità del prelievo della beccaccia sull’arco alpino dinanzi ai cambiamenti climatici e alle trasformazioni degli habitat naturali è stato il focus della seconda conferenza internazionale dedicata alla beccaccia, svoltasi a Udine lo scorso maggio.
L’evento è stato patrocinato e promosso dalla Regione Friuli Venezia Giulia in collaborazione con la Federazione delle associazioni nazionali dei beccacciai del Paleartico occidentale (Fanbpo), la Federazione italiana beccacciai (Fibec), il Gruppo monitoratori beccaccia Friuli Venezia Giulia e sostenuto da Canicom, Trabaldo, Passione Live e Beccacce che Passione.
Una manifestazione di respiro internazionale perché la presenza della beccaccia non è limitata all’interno dei nostri confini. Sul tavolo dei relatori si sono pertanto alternati studiosi ed esperti provenienti da vari Paesi interessati dalla presenza dello scolopacide per mettere a fuoco, prima di tutto, i principali temi sui cui il mondo della ricerca e della caccia, in collaborativa sinergia, sono attenzionati a garanzia della conservazione e del buono stato di salute della specie. Perché questo, lo ricordiamo, è il punto di partenza per parlare di caccia sostenibile.
Un evento partecipato
Come previsto dagli organizzatori, poco meno di 200 beccacciai erano presenti nell’Auditorium regionale e ben 13 sono stati i relatori che si sono avvicendati nel corso del convegno moderato da Viviana Bertocchi, coordinatore di redazione di Beccacce che Passione.
Sono stati preceduti dall’intervento di Stefano Zannier, assessore Regione Friuli Venezia Giulia alle Risorse agroalimentari, forestali, ittiche e Montagna, che in apertura dei lavori ha sottolineato l’importanza di fondare la gestione faunistico-venatoria su informazioni e dati rilevati con rigorosi metodi scientifici, come tra l’altro recentemente auspicato dallo stesso ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani.
Beccaccia sotto controllo
I lavori sono entrati nel vivo quando il microfono è passato a Paolo Pennacchini, presidente di Fanbpo e di Fibec, nonché primo promotore dell’evento, affiancato nel presentare gli obiettivi della federazione internazionale dei beccacciai anche dal vicepresidente della stessa Jean Pierre Lepetit.
«Nuovi habitat si aprono alla migrazione e soprattutto allo svernamento della beccaccia a causa dei cambiamenti climatici. Da qui la necessità di conoscere bene e di aggiornare lo status di conservazione della specie e le metodologie di studio su protocolli scientifici in uso e condivisi con la comunità scientifica internazionale per sostenere i calendari venatori e i piani faunistici» ha affermato Pennacchini, che ha poi sollecitato una riflessione sulla necessità di aggiornare la Direttiva Uccelli del 2009, ma soprattutto la legge quadro italiana sulla caccia, la 157 del 1992.
Normative ormai obsolete che non tengono conto delle nuove tematiche ambientali. Ha ribadito, inoltre, come il lavoro di Ong (organizzazioni non governative) come la Fanbpo sia una grande risorsa. La federazione, infatti, tiene monitorata la specie stagione dopo stagione, potendo fornire dati aggiornati e statisticamente rilevanti a ogni ente pubblico internazionale e nazionale.
Infine ha evidenziato la necessità di accelerare sulla formazione dei monitoratori in ogni regione d’Italia, invitando le amministrazioni ad adottare soltanto i protocolli internazionali di studio presentati nel corso della conferenza e utilizzati in maniera trasversale in tutti i Paesi aderenti alla Fanbpo. Ciò per una corretta elaborazione e condivisione dei dati di quello che ormai sta diventando un monitoraggio permanente e doveroso della specie beccaccia.
L’importanza del monitoraggio
Ha preso poi la parola Gabriele Carnelutti, uno dei fondatori nonché il responsabile del Gruppo monitoratori beccaccia Friuli Venezia Giulia, che ha evidenziato in primis la necessità di una crescita culturale del mondo venatorio. E in questo senso il monitoraggio della Scolopax rusticola è quanto mai formativo ed è stato accolto con successo dai cacciatori locali che hanno partecipato numerosi e con entusiasmo ai corsi per essere abilitati alle attività sul campo.
Per il calcolo dell’Ica, l’indice cinegetico di abbondanza, di fondamentale per stabilire la presenza della specie durante tutto il periodo di esercizio venatorio e quello dello svernamento a caccia chiusa, i cacciatori del Friuli VG si sono avvalsi del sito beccapp.it, applicazione a disposizione di tutti i cacciatori che possono registrare le informazioni sulle proprie uscite di caccia, dati necessari, appunto, per il calcolo dell’Ica.
Cacciatori impegnati
L’impegno dei cacciatori e dei monitoratori è però anche rivolto alla raccolta dati per definire l’age ratio (rapporto giovani / adulti) e la sex ratio (rapporto maschi / femmine). Prima dell’inizio della pandemia, in un anno i cacciatori della regione hanno raccolto e consegnato per la lettura 813 ali con age ratio risultata pari all’80%. Nel triennio 2019-2021 sono state raccolte in media 600 ali per annata con age ratio del 75%. Si tratta di dati confortanti per ritenere la specie stabile per il prelievo dei soli interessi.
Per una corretta lettura dei dati va tenuto conto del fatto che che la superficie della Regione FVG è di circa 700.000 ettari di cui 300.000 coperti da bosco, habitat favorevole alla presenza della beccaccia durante lo svernamento e qualche volta anche per la nidificazione (rari casi).
Sono, inoltre, oltre 7.000 i cacciatori su una popolazione di poco più di 1.200.000 abitanti in una regione il cui territorio passa nel giro di circa 150 chilometri dalle coste che si affacciano sull’Adriatico alle vette alpine ai confini con Austria e Slovenia. Un quadro di informazioni completato da Dario Colombi dell’ufficio Fauna della Regione, che ha anche proposto un’analisi della normativa regionale sulla caccia e delle attività di monitoraggio della beccaccia cominciate nel 2018.
Focus sulla zona Alpi
Lo status della beccaccia nel contesto alpino è stato poi al centro dell’intervento dell’Asb, Associazione beccacciai svizzeri, che ha presentato il report Ica Svizzera con valori simili a quello delle aree francesi, del quale ha relazionato Bruno Meunier del Cnb, Club national des bécassiers, e italiane. Dati che attestano che la caccia alla beccaccia al momento è compatibile con il mantenimento di popolazioni riproduttive vitali.
Tuttavia, anche alla luce delle criticità evidenziate in particolare nei siti di riproduzione della specie (interessantissima a questo proposito la relazione di David Gonçalves, responsabile della commissione scientifica della Fanbpo e membro della Ssc, Species survival commission dell’Iucn, l’Unione internazionale per la conservazione della natura) dobbiamo sempre essere pronti ad adattare il prelievo ai nuovi dati che saranno raccolti e analizzati anno dopo anno.
Un’ulteriore considerazione sull’indice cinegetico di abbondanza è stata messa in evidenza da Paolo Bongi dell’Università di Firenze. Il trend dell’Ica è in leggero aumento sulle regioni settentrionali che hanno percentuali di abbondanza superiori alle regioni appenniniche e meridionali italiane (esclusa la Sicilia). Ecco un altro dato da mettere in correlazione con il cambiamento climatico e la siccità che colpisce l’areale mediterraneo.
Dieci anni di osservazioni
Ha completato il quadro Marco Tuti, membro delle commissioni scientifiche di Fanbpo e Fibec, e della Ssc dell’Iucn, che, illustrando lo studio La struttura demografica della beccaccia (Scolopax rusticola) in Italia, Un decennio di osservazioni 2010-2019 (M. Tuti et al. – Atti della Società toscana di Scienze naturali, Memorie, Serie B, 128, anno 2021), ha evidenziato come l’analisi dell’age ratio sia risultata sempre sopra il 70% nel decennio considerato, indice di un trend demografico stabile.
Delle 33.355 ali raccolte nell’ambito del progetto Ali d’Italia e considerate come campioni per la redazione dello studio, 16.029 (48,1%) provenivano dal nord Italia. Il rapporto tra i sessi (sex ratio) oscilla tra 0,9 al nord e al centro, e 1,1 al sud. Per quanto riguarda i prelievi, nelle regioni alpine il picco si raggiunge la prima decade di novembre, in anticipo rispetto al trend nazionale in cui il picco è raggiunto la seconda decade dello stesso mese.
Anche l’analisi dei valori del peso consente alcune osservazioni interessanti. Il peso medio nazionale del decennio 2010-2019 è di 310,2 grammi. Per ciò che concerne il trend dell’andamento del peso per decade lo studio evidenzia un graduale ma costante incremento e ciò sembra confermare il normale trend di questo parametro che nella beccaccia, così come nella maggior parte degli uccelli migratori, subisce un deciso decremento iniziale dovuto al consumo delle riserve di grasso e muscolo nella fase migratoria (post-nuziale), per poi crescere nel momento in cui i contingenti iniziano la fase di svernamento.
A ottobre i primi arrivi
Alcune piccole oscillazioni sono possibili anche in seguito, in risposta a eventi di gelo intenso, ma in linea generale il peso medio degli individui continua a salire fino a raggiungere un massimo che precede la fase di migrazione pre-nuziale. Un’analisi più dettagliata di questo parametro mette in luce come sia il mese di ottobre quello interessato dal maggiore campo di variazione del peso.
E ottobre, infatti, è quello caratterizzato dai primi arrivi di beccacce in migrazione post-nuziale, che compiono voli di lungo raggio, e di conseguenza si alternano beccacce molto leggere (appena arrivate) ad altre con peso oltre la media, relativo a individui già sul territorio da diversi giorni o, addirittura, riprodottisi in loco. Non sono ormai più rari, d’altronde, casi di ritrovamenti di nidi di beccacce nel nostro Paese, specie sulle Alpi.
Habitat trasformati
Molto centrato anche l’intervento del professor Stefano Filacorda dell’Università di Udine che ha descritto la trasformazione degli habitat alpini al cospetto del cambiamento climatico. La regressione dei ghiacciai e la diminuzione delle precipitazioni nevose aprono scenari di crisi per alcune specie (galliformi alpini), ma al contempo favoriscono l’insediamento di altre, come la Scolopax rusticola.
Di contro però, l’abbandono dei piccoli coltivi alpini, della zootecnia di montagna e la fine della piantumazione portano come conseguenza il degrado degli habitat. E anche l’accresciuta presenza nei territori alpini di alcuni predatori non facilità la vita alla nostra beccaccia.
Dai Key Concepts al cane da beccacce
Sul tavolo dei relatori anche Kevin le Rest dell’Office français de la biodiversité. Come definire i Key Concepts beccaccia dinanzi alle criticità della loro interpretazione il tema del suo interbento. Interessante anche la relazione di Jean Louis Cazenave della commissione meteo della Fanbpo e del Cnb, che ha brillantemente concluso i lavori con una relazione sull’influenza del meteo e dei cambiamenti climatici sulla migrazione della beccaccia.
Volo pindarico al termine della conferenza con l’identikit del cane da beccacce proposto da Claudio Nencini, allevatore di setter inglesi e volto della piattaforma Facebook Passione Live che ha come obiettivo quello di promuovere una cultura venatoria e cinofila attuale.
La beccaccia nelle Alpi: tirando le somme
Le sub-popolazioni di Scolopax rusticola che interessano l’arco alpino nei versanti mediterranei e continentali fanno parte di una sola popolazione che si muove all’interno del perimetro del Paleartico occidentale. L’arco alpino ospita in prevalenza soggetti giovani (nati nell’anno) di provenienza più settentrionale.
L’innalzamento delle temperature minime, il trend di siccità che colpisce duramente l’arco alpino in termini di regressione della superficie dei ghiacciai e la diminuzione della quantità di precipitazioni, sia nevose sia temporalesche, aprono nuovi habitat per la migrazione e soprattutto per lo svernamento della specie. Tali condizioni rendono la beccaccia sottoposta a continui erratismi anche nel periodo dello svernamento.
Pertanto occorre, da parte degli Stati e delle Regioni, affidarsi alla comunità scientifica internazionale per monitorare permanentemente questa modalità ecologica. E il mondo venatorio correttamente formato e impegnato nella raccolta di dati e di informazioni utili per lo studio della specie ha e avrà sempre di più un ruolo importante per accrescere la conoscenza dell’etologia della beccaccia, necessaria per realizzare calendari venatori coerenti con un prelievo sostenibile. Di conseguenza è fondamentale per monitorare la specie adottare protocolli scientifici in uso in tutto il Paleartico occidentale, interfacciabili quindi con tutti i Paesi coinvolti nello studio della beccaccia.
Lo status di conservazione attuale
Lo status di conservazione della Scolopax rusticola è attualmente in Lc – Least Concern (minor preoccupazione – fonte Iucn). I dati forniti dagli Stati in termini di indice cinegetico di abbondanza confermano la stabilità degli effettivi che transitano e svernano nelle aree soggette a campionamento.
L’erratismo della specie solleva alcuni dubbi interpretativi sull’articolo 7 della Direttiva Uccelli in merito alle date di chiusura della caccia, così come esplicitato nei Key Concepts. Soprattutto per quello che riguarda i Key Concepts relativi all’Italia. Solo uno studio e un monitoraggio continuativo della specie consentirà di avere informazioni più precise sulla fenologia della migrazione pre-nuziale, potendo fornire dati più robusti in merito alle date di chiusura della specie.
La seconda conferenza internazionale sulla beccaccia, che si è svolta in concomitanza della 18esima assemblea generale della Fanbpo, è stata davvero un’occasione preziosa per fare il punto sulla sostenibilità del prelievo venatorio su una specie così affascinante. Ma non c’è due senza tre e il prossimo appuntamento è in Sicilia, il 10 settembre, con la terza conferenza internazionale La beccaccia nel Mediterraneo.
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