In occasione di un convegno dedicato al segugio maremmano, IHC, il Club internazionale segugistico intitolato alla memoria di Mario Quadri, ha organizzato una tavola rotonda per coinvolgere gli utilizzatori di questa razza. Ecco quanto emerso dall’interessante giornata di approfondimento sul re della caccia al cinghiale.
IHC, il Club internazionale segugistico intitolato alla memoria di Mario Quadri, ha individuato uno dei suoi principali obiettivi nella diffusione e nello sviluppo della cultura cinofila. L’interesse del sodalizio a promuovere iniziative tese al confronto e alla divulgazione delle più disparate tematiche riguardanti il cane da seguita ha spinto il Club a proporre una serie di convegni a tema. Il primo convegno ufficiale promosso in tal senso da IHC è stato “Il re del cinghiale: il segugio maremmano”: come facilmente intuibile, è stato interamente dedicato al segugio maremmano.
Location di tale meeting non poteva dunque che essere la Maremma, patria di origine di questa razza antica, anche se di recente riconoscimento, che sta oggi riscuotendo grande successo in ogni angolo del Paese.
Diversi sono stati i i relatori intervenuti nei vari momenti di confronto in cui è stato suddiviso il convegno. A fare gli onori di casa non poteva che essere il presidente di IHC, Sestilio Tonini, uno dei massimi esperti di segugio maremmano. Si sono poi susseguiti alcuni interessanti interventi di carattere tecnico, necessari non solo a definire le origini e le caratteristiche di questa razza, ma soprattutto tesi a ragionare circa i migliori criteri e strumenti da adottare per tutelare e migliorare la gestione e la valorizzazione futura di questa razza.
La fase centrale del convegno è stata invece dedicata a una tavola rotonda, scelta che si è rivelata di grande successo. Un moderatore, con tono volutamente provocatorio, ha formulato domande ben circostanziate a tre autorità del segugio maremmano, rappresentate da Marcello Petrilli, Paolo Travagliati e Sergio Leonardi. Punti nel vivo, i tre interlocutori hanno fornito alla platea parecchi spunti di riflessioni e hanno altresì stimolato numerosi interventi da parte del pubblico presente in sala.
Segugio maremmano: un cane di metodo
di Marcello Petrilli
Il segugio maremmano oggi ha raggiunto grande diffusione numerica, anche al di fuori dei suoi confini naturali. Non è però sufficiente che un soggetto abbia la parvenza morfologica del segugio maremmano per essere considerato tale, ma è cruciale che sia efficace sul terreno e si comporti a caccia secondo i crismi di razza.
Per le più svariate esigenze, al singolo cacciatore può piacere maggiormente un tipo di lavoro rispetto a un altro: io posso affermare che purtroppo oggi sta un po’ sparendo il segugio maremmano che si applica a caccia come piace a me. Mi permetto di fare quest’affermazione perché oggi ritengo sia più difficile trovare soggetti di questa razza in grado di replicare le prestazioni dei cani di cui conservo il ricordo legato alla mia gioventù.
Il segugio maremmano che io preferisco è un cane di metodo, passatore, quello – per intenderci – che il cinghiale sa andarlo a cercare, accostare e va a svegliarlo, come mi piace dire, anche a chilometri di distanza dal punto di sciolta. Non dimentichiamoci poi che il segugio maremmano deve essere un cane espressivo quando vocalizza. L’espressività della voce deve essere tale da indicarci, nei differenti tratti di accostamento, il comportamento tenuto dal cinghiale nel corso della notte. La voce del segugio maremmano deve indicarci, infatti, dove il cinghiale si è fermato maggiormente, dove ha aumentato l’andatura, dove si è alimentato e deve fornire indicazioni chiare al canaio circa la vicinanza o meno del cane al selvatico. La voce deve soprattutto esprimere intelligenza. Al contrario, non dobbiamo di certo esaltare il ritmo esasperato di quel soggetto che, vocalizzando, non sembra prendere mai fiato.
Se riteniamo che il carattere sia depositario di una razza, in tal senso oggi dobbiamo purtroppo osservare che molti hanno una concezione errata del segugio maremmano. Si ritiene, infatti, che questo segugio sia un cane eccessivamente abbondante di voce, che tende a scagnare ancor prima di essere sciolto, e che lo faccia sovente anche senza motivo. Niente di più falso. Il segugio maremmano è un cane che alla sciolta e in fase di cerca non deve dare voce e deve avere una cerca ampia. Tuttavia oggi il contesto è ben diverso dal passato. Nella mia realtà di origine il segugio maremmano cacciava da singolo e quando non si andava a caccia viveva in libertà attorno alla casa, mai in canile. Gli spazi a disposizione per la cacciata erano immensi, scarsissima era invece la presenza del cinghiale. Ora è cambiato tutto. Lo spazio a disposizione delle squadre è scarso, spesso al limite, tanto da finire con l’esaltare il segugio con le ridotte. Il collegamento è diventato fondamentale, a tratti si giunge quasi all’esasperazione. Il segugio maremmano che piace a me è quello che riconosce il suo canaio, ma è un cane da seguita e deve seguire il cinghiale, non il suo padrone.
Verso la personalizzazione
di Paolo Travagliati
La mia esperienza di caccia e d’impiego del segugio maremmano si basa su una realtà che, già alle origini, aveva tradizioni e intenti assai diversi. Le sciolte, anche negli scorsi decenni, vedevano una pluralità di soggetti impegnati sul terreno. Oggi, con l’avvento delle squadre, è ancora più evidente questo fenomeno di personalizzazione del segugio maremmano rispetto alle differenti esigenze. Potremmo quasi dire che ogni squadra ha cercato di creare un tipo di segugio coerente con le proprie necessità, con il tipo di terreno in cui caccia, con la quantità di territorio di cui dispone, col tipo di vegetazione che lo caratterizza principalmente e con la quantità di poste e di selvatici con cui deve fare i conti. Noi in Marsiliana a caccia arriviamo a sciogliere solitamente anche cento cani. Però riconosco che con questi numeri diventa difficile comprendere e valorizzare le doti dei migliori soggetti.
L’aumento del numero dei cinghiali a disposizione per ogni squadra ha senza dubbio creato qualche disturbo alla selezione del segugio maremmano; in termini pratici si potrebbe affermare che in un’epoca in cui i cinghiali abbondano anche i cani validi a caccia si moltiplicano. Forse però qualcosa ora sta di nuovo cambiando; se la densità di cinghiali dovesse subire una contrazione in futuro, sono certo che torneremo ad avere la necessità di disporre di singoli cani maggiormente preparati.
L’ambizione di arrivare a costruire una muta di segugi maremmani spesso cozza invece con le origini di questa razza, maggiormente legata all’utilizzo a singolo. Disporre di una muta di maremmani efficace e ben coesa non è tuttavia qualcosa di utopistico, anche se le difficoltà rispetto ad altre razze destinabili a pari impiego potrebbero essere maggiori. Anche in questo caso la selezione è fondamentale, così come per arrivare a possedere soggetti che prediligano istintivamente il cinghiale rispetto al capriolo o ad altri ungulati.
Dopo la genetica, il successo di un segugio maremmano è legato alla qualità dell’addestramento che gli viene impartito. In tal senso i tre momenti cruciali sono quelli di socializzazione, educazione e addestramento vero e proprio. Nelle prime fasi è fondamentale mantenere uno stretto contatto con il giovane allievo. Una volta che il cane abbia compreso i primi rudimenti dell’educazione di base può essere portato in recinto. Le prime volte io preferisco affiancarlo a un soggetto adulto. Successivamente l’allievo dovrà cavarsela da solo e soprattutto fare tanta esperienza. Del resto, per il canettiere così come per il cane, l’esperienza a caccia è fondamentale. Allo stesso modo credo, infatti, che la cinofila senza la base pratica della caccia rappresenterebbe solo un semplice esercizio teorico privo di fondamenta.
Coraggio, abbaio a fermo e raddoppio
di Sergio Leonardi
Parlando di caccia al cinghiale in braccata con il cane da seguita, credo che l’abbaio a fermo e il coraggio siano due aspetti da tenere in massima considerazione per analizzare le singole razze rispetto alle loro prospettive d’impiego per questa caccia specialistica. Mi fa molto piacere sapere che IHC, con l’aiuto dei reali utilizzatori del segugio maremmano, intende portare avanti un’analisi per determinare la percentuale di attitudine media del segugio maremmano rispetto a questi due importanti valori. Al momento, in assenza di studi sul tema, personalmente azzarderei che rispetto alla popolazione dei segugi maremmani l’abbaio a fermo sia riscontrabile in una percentuale che si aggira attorno al settanta per cento. Vale a dire che, mediamente, su dieci cani osservati in azione sette dimostrano capacità nell’abbaio a fermo e tra di essi alcuni evidenziano anche di possedere il dono del raddoppio. Il raddoppio è una dote rimarchevole, in quanto consente di far godere i postaioli e i canettieri, oltre a fornire loro preziosi riferimenti, considerato che, a differenza della lepre, il cinghiale si caccia prevalentemente al folto.
Il coraggio, a mio modesto avviso, nel segugio maremmano invece si è un po’ ridotto rispetto al passato. Questo fenomeno credo debba essere attribuito, almeno in parte, anche a un dressaggio non sempre ottimale, situazione che a sua volta può essere motivata dalle già citate mutazioni che hanno interessato la caccia al cinghiale negli ultimi anni. A tal proposito basti pensare come oggi spesso si scioglie a colpo sicuro, talvolta a pochi passi dal selvatico, che raramente è un singolo animale e molto più spesso è un branco numeroso. Osservando una muta all’opera in tali condizioni, diventa quasi impossibile fare delle analisi approfondite e attendibili, su molti aspetti, quali la capacità nella cerca o nell’accostamento. In queste condizioni perfino la valutazione del coraggio del singolo soggetto è molto complicata, anche in considerazione del fatto che le logiche di branco possono finire con il condizionare il comportamento del singolo soggetto quando quest’ultimo si trova a lavorare in muta. In ogni caso, pur riscontrando oggi maggior parsimonia nell’esprimere il coraggio da parte del segugio maremmano, ritengo che questa razza sia una di quelle maggiormente idonee per la caccia al cinghiale e meriti pertanto a pieno titolo l’appellativo di monarca nella caccia al re del bosco.
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