Rispondendo alle interrogazioni delle opposizioni, il sottosegretario Luigi D’Eramo fa sapere che il governo non ha intenzione di nominare un commissario dell’Enci, l’Ente nazionale della cinofilia italiana.
Al momento non sono emerse «nuove irregolarità o ragioni di mal tenuta» dei libri genealogici e dei registri delle razze di cani, unica ragione (solo in quest’ambito si dispiega infatti il suo potere di vigilanza; esulano dal controllo «ogni altra attività gestionale», comprese le scelte sui capitoli di spesa, e la verifica dei requisiti di coloro che compongono gli organi tecnici, come giudici e presidenti di club) che potrebbe spingere il governo a nominare un commissario dell’Enci.
Aggiungendo che le verifiche del 2023 hanno mostrato adeguate le modalità di controllo, così Luigi D’Eramo, sottosegretario all’Agricoltura in quota Lega, ha risposto alle interrogazioni dei deputati d’opposizione Stefano Vaccari e Alessandro Caramiello, iscritti rispettivamente ai gruppi parlamentari di Partito democratico e Movimento 5 Stelle.
La posizione del governo non ha lasciato soddisfatto Vaccari, che la considera «una difesa d’ufficio superficiale, e che non corrisponde alla realtà»; sulla tenuta dei libri delle razze servono, scrive in una nota, «maggior chiarezza e [maggior] trasparenza», considerato che «la delega esclusiva ricevuta dallo Stato consente all’Enci d’incassare diversi milioni di euro, che altrimenti cittadini e allevatori avrebbero indirizzato altrove». Le «gravi irregolarità» emerse dalle inchieste giornalistiche e dalle denunce «hanno bisogno di verifiche e di risposte», che si possono ottenere soltanto «con un commissariamento ad acta»; solo una volta che il commissario avrà «fatto luce sulle nebulosità e avrà [risposto] agli allevatori e ai cittadini» il governo potrà ripristinare «la normale attività» dell’Enci.
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