Per l’Arcicaccia la gestione del cinghiale in Italia non si migliora coinvolgendo i cacciatori nelle operazioni d’abbattimento all’interno dei centri urbani.
La diffusione del virus della peste suina africana a Roma dimostra che la gestione del cinghiale in Italia «ha fallito» e non più sotto controllo; ma ciò non implica che spetti ai cacciatori intervenire direttamente nel contesto urbano. Ne è convinta l’Arcicaccia che affida la propria posizione ufficiale a una nota di Gabriele Sperandio, coordinatore del tavolo associativo sull’emergenza psa.
La questione si affronta con tre strategie convergenti: in città i cacciatori possono essere coinvolti nelle operazioni di monitoraggio e nel piazzamento degli strumenti per la cattura; nei territori a caccia programmata si devono coordinare meglio controllo faunistico, braccata, girata e caccia di selezione; nel mezzo serve una zona tampone non vocata larga qualche chilometro e nella quale la densità della specie sia portata a zero. L’Arcicaccia ribadisce inoltre di essere a completa disposizione delle istituzioni e di agricoltori e allevatori per «collaborare a ogni azione che si renderà utile» nella lotta al virus della peste suina africana.
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