Si rischia il porto d’armi se s’impiega un fucile da caccia il cui caricatore può contenere più di due munizioni.
La legge 157/92 stabilisce chiaramente che il caricatore del fucile a canna liscia impiegato per la caccia non può contenere più di due colpi; chi viola questa previsione è dunque accusabile di caccia con mezzi vietati e oltre a incappare nelle sanzioni penali rischia di perdere la licenza di porto d’armi anche se l’oblazione, ossia il pagamento d’una somma in denaro, ha portato all’estinzione del processo.
Lo ha chiarito il Tar dell’Emilia Romagna (sentenza 282/2023) respingendo il ricorso d’un cacciatore di Piacenza cui la questura aveva negato il rinnovo del porto d’armi; l’azione amministrativa è infatti indipendente dall’esito del processo penale la cui eventuale chiusura per oblazione non cancella quanto accaduto, sintomo d’inaffidabilità nell’uso delle armi.
Già in passato la Cassazione aveva chiarito come si debba interpretare il primo comma dell’articolo 13 della legge sulla caccia: non è sufficiente che il numero di cartucce contenute nel caricatore non sia in concreto superiore a due; è invece necessario che per costruzione o per la presenza d’un riduttore il caricatore non possa contenere più di due cartucce.
La ragione è chiara: la legge vuole limitare il numero di munizioni spezzate che il cacciatore può sparare in sequenza, per contenere «la potenza distruttiva dell’arma». Il Tar ricorda infine che è la prescrizione s’estende all’esercizio venatorio complessivamente inteso, dunque non solo all’abbattimento «ma a ogni attività preliminare e alla complessiva organizzazione dei mezzi».
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