Dopo le ultime sentenze sui calendari venatori regionali Marco Bruni, presidente della Federcaccia Lombardia, critica il funzionamento dell’Ispra, e chiede alla politica di intervenire.
«Ancora una volta un giudice amministrativo ha tenuto in considerazione le tesi dell’Ispra» nell’indifferenza «di una classe politica che non ha tempo di mettere il naso nel suo operato; ma dovrebbe farlo», perché le conseguenze riguardano non solo i cacciatori, ma l’intera collettività: in un video Marco Bruni, presidente della Federcaccia Lombardia, commenta così le ultime notizie di cronaca (dopo quello della sua regione, anche il calendario venatorio del Veneto è caduto in tribunale) e invita il governo e la maggioranza a intervenire rapidamente sulla gestione («fallimentare») della fauna selvatica in Italia.
Bruni elenca una serie di situazioni che ritiene dimostrino la necessità di rivoluzionare l’Ispra e il suo funzionamento. La prima ha a che fare col cinghiale, della cui popolazione ancora non si conosce concretamente la consistenza: «Fino a tre anni fa esistevano dei piani di abbattimento, che se sforati» portavano a una sanzione «di mille euro per ogni cinghiale ucciso»; ora «improvvisamente a causa della peste suina africana bisogna eradicare» la specie.
Gli allevamenti sono in crisi anche per la blue tongue, il morbo della lingua blu, «veicolato da una zanzara che usa i cervi come vettore», e per gli attacchi del lupo, che appesantisce le difficoltà strutturali di chi lavora in montagna, Alpi e Appennini; e la nutria, che «trasforma in groviera gli argini dei fiumi e i fossi provocando danni agli agricoltori e, con le inondazioni, alle comunità, è fuori controllo».
Per Bruni tutto ciò dovrebbe essere sufficiente a motivare un intervento immediato; ma, chiude la propria analisi, in realtà all’Ispra «interessano solo i cacciatori, distruggerli e chiudere la caccia: quindi il [proprio] lavoro l’ha fatto bene».
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