Dalla conferenza regionale sulla caccia in Toscana esce un documento conclusivo che traccia le linee per i prossimi mesi.
Un nuovo piano faunistico-venatorio, una revisione puntuale della programmazione e della governance, un intervento deciso presso il governo perché si metta mano alla 157/92, la legge quadro sulla caccia: sono molte le idee uscite dalla conferenza regionale sulla caccia in Toscana. La giunta Rossi e l’assessore Remaschi, che l’hanno promossa, ne hanno tirato le fila con un documento conclusivo con cui si tracciano gli obiettivi per i prossimi mesi. Perlomeno fino alla fine della consiliatura, data di scadenza 2020. Poi si vedrà.
Prospettive future per la caccia in Toscana
Il nuovo piano faunistico-venatorio, organico e omogeneo per tutto il territorio ma attento alle diverse peculiarità locali, dovrà essere pronto entro settembre 2019. Dovrà prevedere meno divieti, che lascino il posto a una più attiva gestione del territorio anche da parte dei cacciatori.
Non si può che partire dalla gestione degli ungulati. È cambiata la loro diffusione, e pertanto ci vogliono più censimenti, è cambiato il territorio, possono esser cambiati gli impatti. Ecco perché bisogna rivedere le carte di vocazionalità e mettersi alle spalle il bianco-nero, vocato-non vocato. Ora diventa irrinunciabile un passaggio graduale nella classificazione delle diverse zone.
Peraltro la carta vocazionale non deve limitarsi solo agli ungulati: ci vuole anche per la selvaggina stanziale, e vi devono essere individuati, e poi migliorati, i siti idonei alla sua presenza.
Durante la conferenza si è parlato anche di istituti faunistici, sia pubblici sia privati. Se i primi devono essere valutati a fondo, con un’eventuale revoca delle Zrc che non diano risultati apprezzabili e l’istituzione di nuove aree, gli altri devono essere pienamente integrati col territorio a caccia programmata. Una loro corretta gestione è fondamentale sia per l’irradiamento della selvaggina nei territori circostanti sia per il contenimento degli ungulati.
I piani di controllo dei cinghiali devono essere attuati fino in fondo. E i danni devono essere ridotti con la prevenzione, così che non ci sia bisogno di indennizzo. I soldi risparmiati potranno così essere destinati al miglioramento dell’habitat per la piccola selvaggina stanziale. È opportuno anche che chi presta opera di volontariato a favore della selvaggina nobile, dal ripopolamento al controllo dei predatori, possa fruire di uno sconto sulla quota di iscrizione all’Atc.
Perché la caccia in Toscana abbia un futuro è necessario inoltre rafforzare gli stessi Atc e ottenere sempre più dati e statistiche: con i censimenti, certo, ma anche con un utilizzo sempre più diffuso del tesserino elettronico. Fondamentale poi potenziare la filiera della carne aumentando i punti di sosta e coinvolgendo anche le squadre di cinghialai.
Cambiare la legge quadro sulla caccia
Su alcuni aspetti la Regione non può far da sola. Pertanto si impegna a intervenire preso il governo entro il mese di ottobre, perché da Roma si metta mano alla legge quadro sulla caccia. Con 5 obiettivi chiari: coinvolgere i cacciatori nel controllo faunistico, rivedere il ruolo monopolista e insindacabile di Ispra, aggiornare l’elenco delle specie cacciabili, ottenere finanziamenti nazionali per i danni agli agricoltori così da liberare risorse regionali per il miglioramento del territorio, rivedere il modello di gestione adattandolo al numero attuale di cacciatori.
Sullo sfondo un’idea che si sta diffondendo a velocità sempre maggiore: nella 157/92 bisogna passare dalla conservazione alla gestione della fauna. Il concetto di densità ottimale per un territorio seguirà quasi automatico.