Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso della Regione Lombardia che gli chiedeva di riformare la sentenza del Tar sul divieto di caccia nei valichi montani interessati dalle rotte migratorie.
Dopo la prima sentenza del Tar che aveva disposto l’obbligo di individuare i valichi montani interessati dalle rotte migratorie e di sottoporli a tutela assoluta imponendoci il divieto di caccia (glielo aveva consentito una pronuncia della Corte costituzionale), l’amministrazione regionale non ha discrezionalità politica, ma soltanto poteri tecnici d’accertamento: pertanto il Consiglio di Stato (ordinanza 2135/2024) ha respinto il ricorso cautelare della Regione Lombardia, che gli aveva chiesto di riformare la seconda sentenza del Tar.
Resta dunque valida la nomina di Maria Siclari, direttrice generale dell’Ispra (ha comunque la facoltà di delegare l’incarico a un altro funzionario qualificato), a commissario: a lei il Tar ha riconosciuto il potere di sottoporre a tutela tutti e quarantadue i valichi interessati dalla migrazione dell’avifauna, vietandoci l’esercizio della caccia.
Appoggiata dalle associazioni venatorie (s’erano costituite in giudizio Federcaccia, Anuu migratoristi ed Enalcaccia; e sono intervenute anche Libera Caccia, Italcaccia, Arcicaccia e Associazione cacciatori lombardi), la Regione Lombardia aveva argomentato la propria richiesta sostenendo che il divieto generale di caccia renderebbe più complicata la lotta alla diffusione della peste suina africana; ma per il Tar «non è provato che [qualcuno abbia] mai abbattuto i cinghiali» nei quarantadue valichi montani di cui si discute.
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