La Regione Liguria ha diffuso il protocollo sanitario per la braccata. L’aspetto critico è, come prevedibile, la gestione delle carcasse.
Più che la caccia in sé, nella quale il distanziamento fisico (fisico: non sociale) è naturale, è la gestione delle carcasse di cinghiale a dare pensiero: pertanto il protocollo sanitario per la braccata approvato dalla Liguria, prima in Italia, si concentra soprattutto su quanto avviene nella casa di caccia. Nel documento non si trova niente di insolito rispetto alle abitudini degli ultimi mesi, dai dispositivi di protezione individuale in giù.
È obbligatorio utilizzare le mascherine chirurgiche in tutte le occasioni in cui non sia possibile mantenere la distanza di un metro. In caso di vicinanza prolungata per un lavoro sistematico, il caposquadra individua le ipotesi in cui sia necessario l’utilizzo di altri dpi (occhiali, visiera). Lo stesso caposquadra, cui è affidata la responsabilità di informare sul protocollo chiunque acceda alla casa di caccia e di collaborare direttamente con le autorità sanitarie, deve anche assicurarsi che si possa ricorrere con semplicità e frequenza al gel a base alcolica per la disinfezione delle mani. Il protocollo richiede inoltre particolare attenzione alla pulizia e alla sanificazione dei locali, soprattutto di macellazione. Per quanto possibile, ogni strumento deve essere sempre utilizzato dalla stessa persona.
La Liguria è stata una delle prime Regioni ad approvare il calendario venatorio per la stagione 2020/2021; a breve la Corte costituzionale si esprimerà sul silenzio-assenso per la costruzione degli appostamenti da caccia.
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