Consigli per chi inizia ad andare a caccia con la carabina: ecco un breve prontuario pratico-teorico per il giovane cacciatore che voglia avvicinarsi, con consapevolezza e serietà, alle mille variabili dell’attività venatoria, sotto l’aspetto normativo, tecnico, logistico o strettamente pratico.
L’aspirante cacciatore, una volta acquisite le nozioni indispensabili in materia di legislazione e di pratica venatoria, e superato l’esame nazionale per l’abilitazione al porto d’armi, si troverà di fronte a una serie di questioni pratiche, operative e burocratiche da espletare prima di poter effettivamente “andare a caccia”.
Si tratta di aspetti spesso non completamente sviscerati in sede didattica e sui quali il novello seguace di Diana può trovarsi in imbarazzo, almeno nelle prime fasi, dal punto di vista anche strettamente pratico. Ecco, quindi, alcuni consigli per chi vuole iniziare ad andare a caccia.
Per chi si vuole dedicare alla caccia a palla
Chiariamo quindi subito, per quanto riguarda la caccia con la carabina, che il superamento dell’esame di abilitazione venatoria non costituisce di per sé autorizzazione alla caccia di selezione sul territorio nazionale, essendo necessario un ulteriore apposito esame che viene organizzato su base locale.
Sarà quindi necessario che il soggetto interessato effettui innanzitutto la scelta, prevista dalla legge 157/1992, tra caccia in territorio alpino (Zona Alpi) e caccia nel residuo territorio nazionale (quella che in gergo viene definita “pianura”, ma in realtà ricomprende una grande diversità di ambienti e realtà faunistiche e gestionali, dalla Pianura Padana alle alte quote dell’Appennino).
In seguito, a seconda delle proprie esigenze anche logistiche, occorrerà fare domanda in uno o più unità territoriali (Atc, Ca, Riserve di diritto eccetera) al fine di ottenere la qualità di socio. Ciò consentirà tra l’altro di ottenere informazioni e chiarimenti sulla normativa regionale, provinciale e locale, e sulle modalità di partecipazione e superamento dell’esame per la caccia di selezione.
Comprensorio o Atc: la nostra “casa” venatoria
Stabilire quanto prima i contatti con la propria unità gestionale riveste una grande importanza anche dal punto di vista strettamente pratico. Molte di queste prevedono, infatti, un preciso iter per l’ingresso di nuovi soci.
All’aspirante socio potrà essere richiesto, ad esempio, la partecipazione a un certo numero di censimenti e attività di gestione e ripristino ambientale prima di poter fare domanda per l’assegnazione di un animale in selezione e anche in tale ipotesi la scelta potrebbe essere limitata a determinate classi di età o di sesso, e potrebbe richiedere l’accompagnamento, almeno, nelle prime fasi, di cacciatori esperti. È quindi evidente che “portarsi avanti” sotto questi aspetti è assolutamente opportuno.
Conoscere il territorio di caccia
Tali attività non costituiscono però soltanto un mero adempimento burocratico per la partecipazione alla gestione venatoria. Più di una volta, chiacchierando con giovani amici appena abilitati, mi sono sentito domandare: “ora che ho la licenza di caccia e sono socio di un comprensorio, come faccio a conoscere i posti buoni, i modi e tempi migliori per andare a caccia nelle mie zone?”
Ebbene, non c’è nulla di più utile a questo scopo di una assidua partecipazione ai censimenti, alle riunioni anche informali tra cacciatori, a mostre, manifestazioni, conferenze e iniziative di varia natura organizzate dagli enti di gestione.
Ciò significa certamente dedicare molto tempo (e spesso molte ore rubate al sonno) alla nostra passione, ma ci consentirà di conoscere a poco a poco le zone di caccia, le abitudini dei selvatici (che, ricordiamolo, possono differire profondamente da una realtà territoriale a un’altra), le esperienze di chi caccia nel medesimo territorio.
Tutte pratiche che potranno poi essere affinate, anche in solitaria, dal singolo cacciatore, per avvicinarsi sempre più alla perfetta conoscenza dell’area di caccia, del modo in cui essa viene condotta anche dal punto di vista normativo e regolamentare.
Sotto questo aspetto, quindi, le uscite primaverili ed estive di pura osservazione della fauna, le escursioni in zone sconosciute, l’approfondita conoscenza delle condizioni meteo e ambientali al variare delle stagioni costituiranno un bagaglio che si rivelerà preziosissimo in occasione delle vere e proprie uscite di caccia sul campo.
Contestualmente a queste primissime e fondamentali attività, andrà anche condotta un’accurata ricerca e scelta dell’idonea attrezzatura venatoria.
Consigli per chi inizia ad andare a caccia
Contestualmente a queste primissime e fondamentali attività, andrà anche condotta un’accurata ricerca e scelta dell’idonea attrezzatura venatoria. Sulle singole caratteristiche e peculiarità dell’attrezzatura non possiamo che rimandare all’immenso materiale reperibile sui libri e sulle riviste di settore, anche on line, in continuo aggiornamento.
Vi sono tuttavia alcune accortezze di base da tenere presenti. Si tratta, infatti, molto spesso di investimenti “importanti” in senso economico, che occorre ponderare bene per evitare scelte poco corrette.
La scelta dell’arma
La scelta dell’arma (calibro e munizionamento) dovrà essere correttamente fondata su diversi fattori, il più ovvio dei quali sono i selvatici che andremo a cacciare. Andrà però anche tenuto conto delle prevedibili distanze di tiro, del tipo di ambiente, della necessità o meno di lunghi spostamenti (elemento su cui incide fortemente il peso dell’arma).
Tra i consigli per chi inizia ad andare a caccia, almeno nelle realtà venatorie del nostro Paese, è quello di affidarsi a una buona carabina bolt action. Le altre tipologie come kipplauf, carabine a blocco cadente, combinati eccetera, seppur senza dubbio affascinanti, costituiscono strumenti più complessi da gestire sul campo, almeno per un principiante.
Negli ultimi anni quasi tutte le primarie case produttrici nazionali ed estere hanno sviluppato linee di armi entry level che, quanto a prestazioni, precisione e meccanica non hanno nulla da invidiare ad armi più blasonate e che hanno il vantaggio di poter essere “maltrattate” anche in situazioni di caccia piuttosto ostiche.
La scelta del calibro
Quanto al calibro, per chi non si dedica alla ricarica, è assolutamente preferibile rivolgersi a uno tra i numerosissimi calibri all round, validi per buona parte della grossa selvaggina europea e per i quali è disponibile un’amplissima scelta di munizionamenti commerciali, che possono poi variare di volta in volta a seconda del selvatico insidiato.
Nella mia personale esperienza, per almeno i primi cinque anni di caccia di selezione, ho utilizzato una italianissima carabina in calibro 7×64 con ricariche commerciali, con la quale ho proficuamente cacciato dal capriolo, al cinghiale ai grossi cervi dell’Est Europa.
La scelta dell’ottica
Maggiore attenzione (e conseguente maggiore sforzo economico) va invece posta nella scelta dell’ottica da puntamento da accoppiare all’arma e soprattutto delle altre ottiche: binocolo e spektive. Si tratta di veri e propri “compagni di caccia” assolutamente indispensabili e, cosa più importante, che possono davvero fare la differenza nel momento decisivo.
Un cannocchiale da puntamento che si appanna sotto la pioggia proprio quando abbiamo inquadrato l’animale giusto. Un lungo o un binocolo di scarsa qualità, che non ci permettono di “leggere” bene il selvatico a distanza negli ultimi istanti di luce, possono costituire addirittura un grave ostacolo alla corretta azione di caccia.
Meglio quindi affidarsi a strumenti di ottima qualità (eventualmente considerando le onnipresenti occasioni sull’usato). L’inevitabile esborso economico sarà ampiamente ripagato dal fatto di poter contare su ottiche affidabili che potranno seguirci per l’intera carriera venatoria.
Attenzione però a non esagerare
Le dimensioni e il peso di un’ottica, per quanto di qualità, salgono con il salire delle prestazioni. Cerchiamo quindi di capire ciò che fa per noi, senza strafare.
Per chi caccia prevalentemente il capriolo in ambiente boschivo, ad esempio, saranno inutili ingrandimenti esagerati.Un buon cannocchiale variabile 3-10×50, un binocolo 8x e un lungo con una lente frontale di 65 mm saranno più che sufficienti e non costituiranno un bagaglio eccessivamente ingombrante e pesante negli spostamenti. Diverso può essere per la caccia al camoscio o al muflone in ambienti privi di vegetazione, laddove si può dover ricorrere a riconoscimento dell’animale e tiro a distanze medio-lunghe.
E finalmente sul campo!
Ed eccoci all’ultima, ma assolutamente fondamentale, necessità per il neo cacciatore, una volta in possesso di porto d’armi, permessi di caccia, arma e attrezzatura: pratica, pratica e ancora pratica!
Pare scontato, ma non lo è (e il sottoscritto l’ha sperimentato più volte sulla propria pelle). La capacità di affrontare correttamente gli istanti decisivi di un’uscita di caccia deriva inevitabilmente dalla conoscenza che avremo acquisito delle tecniche di approccio agli animali, delle nostre capacità e della nostra attrezzatura.
Per chi è alle primissime armi anche effettuare un breve avvicinamento al coperto, posizionarsi correttamente per il tiro, inquadrare l’animale nel cannocchiale o nel lungo, ricaricare la carabina dopo il tiro e valutarne l’esito, il tutto in brevissimi istanti e con l’adrenalina in circolo, possono costituire difficoltà apparentemente insormontabili.
Ecco che allora le numerose uscite sul campo anche fuori stagione, magari in compagnia di amici più esperti, una assidua frequenza al poligono per prove di tiro e di posizionamento anche “in bianco”, la pratica continua (anche a semplici fini naturalistici) con l’attrezzatura ottica, oltre a essere un piacere per ogni appassionato, costituiscono un retroterra essenziale per introdurre un neo-cacciatore consapevole e preparato alla propria carriera venatoria.
Questo ci ricorderà in continuazione che il cacciatore deve anche e soprattutto essere curioso, documentarsi e assorbire in ogni occasione le nozioni che l’ambiente, gli altri cacciatori e anche gli inevitabili errori sanno offrire.
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