Da oramai diversi anni il Club National des Bécassiers (Francia) ha introdotto, per la beccaccia, una nuova tecnica di lettura del piumaggio in fase di muta che, superando le precedenti metodologie basate solo sulla lettura delle remiganti primarie, valuta attentamente tutte le categorie di piume dell’ala. Il Metodo Boidot è stato adottato a livello europeo da tutte le associazioni specialistiche aderenti alla Fanbpo (Federazione delle associazioni nazionali dei beccacciai del Paleartico occidentale).
Il metodo Boidot classifica 14 tipologie di beccacce: 5 fra i giovani (J) ovvero soggetti nati nell’anno; 4 fra gli adulti (A) che si sono riprodotti una volta (An+1), 4 fra gli adulti che si sono riprodotti più volte (An+x), 1 fra gli adulti a muta terminata (AC0). La classificazione (C) riguarda pertanto 14 differenti stati di sospensione della muta, per ogni categoria di età e di sesso. Una grande opportunità di stima della stagione riproduttiva della primavera-estate precedente, capace di fornire una testimonianza supplementare sullo stato di salute del capitale beccaccia.
Che cosa racconta la muta
Innanzitutto cerchiamo di capire che cosa sia la muta di piume e penne, e la relativa sospensione.
Dal momento della nascita, il piumino del pulcino è in rapida trasformazione. Il passaggio dal duvet a un piumaggio capace di portare in volo l’uccello per qualche decina di metri, richiede una ventina di giorni. Questa è la prima muta, alla quale seguirà, nei mesi successivi, un ulteriore accrescimento di piume e penne grazie all’apporto nutritivo e all’evoluzione ormonale. Il tutto avviene fino al momento della partenza per la migrazione. In quel preciso momento la beccaccia, sia giovane che adulta, sospende questo processo di muta per tutto il periodo di volo e di svernamento. La muta riprenderà nell’estate successiva.
La sospensione fissa i colori e le sfumature di piume e penne, consentendo a noi cacciatori delle aree di transito e svernamento una lettura precisa e omogenea delle stesse. E’, infatti, regola generale presso gli uccelli migratori che la muta sia incompatibile con migrazioni di grande distanza. Pertanto la nostra piccola beccaccia ha a disposizione un arco temporale da metà aprile a fine settembre per mutare. Molto semplicemente, mutare significa sostituire nel nostro caso la qualità del piumaggio giovanile con quello adulto, più forte e resistente, assicurandosi pertanto un viaggio migratorio più sicuro. Questi mesi sono decisivi all’evoluzione del piumaggio, che sarà condizionato dalla reperibilità di cibo, dalle condizioni generali degli habitat, dagli stress del clima.
In condizioni normali, le beccacce nate alla metà di aprile-maggio riescono a completare la muta e giungere nei nostri territori con la classificazione di giovani a muta terminata (JC0-1), quindi soggetti nati precoci. Ma vi sono tante altre beccacce che nascono più tardi, addirittura a fine giugno. Soprattutto a ridosso del circolo polare artico e della catena montuosa degli Urali. Queste non hanno tempo di completare la muta e giungeranno da noi con la classificazione di giovani a muta sospesa (JC4-3), quindi soggetti nati tardivi. Generalmente i giovani precoci provengono da aree più meridionali, mentre quelli tardivi provengono da aree più settentrionali.
La maggior parte delle beccacce nate nella stessa area geografica sospendono la loro muta allo stesso stadio. Il problema è che ultimamente, con i repentini cambiamenti climatici, assistiamo a uno stress maggiore che colpisce le beccacce fin dai siti di riproduzione. L’innalzamento delle temperature minime, estati torride e siccità; così come primavere fredde e piovose, accompagnate da alluvioni e neve tardiva, causano la perdita di nidi, la necessità quindi di sostituirli e di realizzare nuove covate. Il risultato sarà: più giovani tardivi (JC4-3) e più femmine adulte (An+1C4-3 o An+xC4-3) che non riescono a completare la propria muta per evidenti problemi di stress. Questi effetti sono visibili tra le nostre mani, nell’osservazione del complesso sistema di piume e penne dell’ala di beccaccia.
La lettura delle ali
Prima del Metodo Boidot, lo studio dell’ala si fermava alla sola osservazione delle remiganti primarie (P) – (Clausager 1973). Le remiganti primarie, ricordiamolo, sono 10, dalla più esterna n° 10, alla più interna n° 1. Nessuno si era interessato alla muta delle remiganti secondarie (S) in numero di 16, delle grandi copritrici primarie (GCI) in numero di 10 e secondarie (GCII) in numero di 16. Questa nuova e attenta osservazione ha inizio con J. C. Blanchard su circa 20.000 esemplari. Lo studio messo in atto alla fine degli anni ‘90 dal CNB (Club National des Bécassiers) si è basato sulle ali raccolte nel territorio francese, messe a disposizione dei cacciatori di beccacce grazie a delle buste-contenitore, inviate dopo un periodo di essiccazione naturale nelle proprie case. Sebbene lo studio sia stato realizzato sul suolo francese, trattandosi di Scolopax rusticola le osservazioni sono applicabili a tutti i Paesi ricadenti nell’area del Paleartico occidentale: il grande quadrilatero naturalistico che ha come confine nord il circolo polare artico, ad est la catena degli Urali, a sud il Magreb, a ovest le Isole Azzorre. Questo è l’areale della beccaccia, all’interno del quale si riproduce, migra in autunno (migrazione post-nuziale) verso i siti di svernamento lungo l’Atlantico temperato dalla corrente del Golfo (Irlanda, Bretagna, Cantabria) e nel grande areale del Mediterraneo. Per ritornare, alla fine dell’inverno, nuovamente nei siti di riproduzione (migrazione pre-nuziale).
L’ala della beccaccia, ben preparata e spedita nelle apposite buste-contenitore, apparirà come un mazzo di carte aperto consentendo un’agevole lettura del complesso sistema di penne e piume. L’identificazione dell’età della beccaccia si basa sull’esame particolareggiato del piumaggio della superficie esterna e interna dell’ala, prendendo in considerazione le remiganti primarie e secondarie, le grandi copritrici primarie e secondarie, nonché il gruppo delle tre piume polliciali. Caratteri peculiari quali usura dell’apice, ossidazione del vessillo, brillantezza dei pigmenti, forme e sfumature, consentono di distinguere i soggetti giovani (J) da quelli adulti (A) e calcolare la cosiddetta age ratio (percentuale dei giovani-J rispetto agli adulti-A). Quando il valore dell’age ratio si attesta intorno al 70%, possiamo stabilire una buona annata riproduttiva.
L’osservazione dello stato di sospensione della muta
L’osservazione dello stato di sospensione della muta, la cosiddetta muta post-giovanile, rappresentato dalla progressiva sostituzione di piume sbiadite nel colore e di forma allungata (piume giovani) con piume nuove ben definite nel disegno, con vessillo più largo e appiattite sull’apice (piume adulte), permette di classificare i giovani in 5 classi da JC4, (giovane a muta appena iniziata) a JC0 (giovane a muta terminata, il cui passo successivo sarà la sua riproduzione e la conseguente trasformazione in adulto).
Diversamente, gli adulti vengono classificati in due categorie distinte: quelli in prima muta post-nuziale An+1C, adulti nati l’anno precedente alla loro cattura, che si sono riprodotti una prima volta e riconoscibili per la rimanenza di piume giovanili, e quelli in X muta post-nuziale An+XC, adulti che si sono già riprodotti due o più volte, ma che non si sa quanti anni possano avere. Questi sono riconoscibili per la presenza di piume adulte, ma vecchie: ovvero sbiadite, ossidate e usurate. Attraverso il conteggio delle piume non mutate, sia gli An+1C che gli An+XC vengono rispettivamente suddivisi in quattro sottoclassi attraverso un sistema di attribuzione di punti/piuma così da ottenere classi da An+1C4 a An+1C1, da An+XC4 a An+XC1. Gli An+1 che hanno completato la muta sostituendo tutte le piume di tipo giovanile rimaste con piume nuove adulte, e gli An+x che hanno sostituito tutte le piume vecchie adulte con piume nuove adulte, sono indifferenziabili fra di loro e, pertanto, sono classificati in un unico valore: AC0, ovvero adulto a muta completata.
Maggiore prelievo dei soggetti giovani
Attraverso l’elaborazione dei dati ottenuti dalla lettura delle ali è possibile recuperare indirettamente delle informazioni inerenti la dinamica di popolazione per un’accorta gestione della specie Scolopax rusticola e del prelievo sostenibile di essa. In base ai prelievi, possiamo affermare che la maggioranza delle beccacce abbattute nell’areale mediterraneo, ma in generale su tutto l’areale europeo, sono soggetti che non raggiungono il primo anno di vita. La beccaccia più prelevata in Italia ricade nella classificazione JC1, seguono gli AC0.
Le idee teoriche sulla sospensione della muta nelle beccacce sono da relazionare non solo al sottile e complesso meccanismo ormonale e all’epoca di nascita, ma anche alle condizioni dei biotopi, a una brutale dispersione delle nicchie di nidificazione, nonché a fenomeni erratici locali antecedenti la vera migrazione. In ogni caso, si tende ad affermare che una beccaccia giovane che presenta uno stato di muta poco avanzato (JC4) viene considerata di nascita tardiva e di origine geografica generalmente settentrionale. Calcolando che le ultime nidiate nelle aree più settentrionali di riproduzione (Carelia finlandese e russa, siti a ridosso degli Urali) arrivano alla fine di giugno, un JC4 prelevato in Italia nel mese di novembre ha circa 5 mesi di vita. Nel caso di muta quasi terminata o terminata (JC1, JC0) l’uccello è considerato di nascita precoce e di origine geografica più meridionale. Calcolando che i primi nidi si schiudono già alla metà di aprile, un JC0 prelevato in Italia nel mese di novembre ha 7-8 mesi di vita.
È interessante notare che gli adulti, in caso di stagione favorevole per la riproduzione, hanno il tempo di completare la muta post-nuziale prima di migrare. Nel caso di cattive condizioni meteo nel periodo riproduttivo, che determinano perdite di nidi, uova e pulcini, essi sono sottoposti a forte stress e hanno meno tempo per mutare.
Fra gli adulti, la femmina presenta un tasso di sospensione della muta superiore a quello del maschio: ciò è da mettere in relazione al fatto che la femmina alleva i suoi piccoli e che lascia i luoghi di nidificazione prima del maschio, il quale beneficia di un tempo più lungo per terminare la sua muta, o comunque di “avanzarla” prima della partenza migratoria. I maschi adulti sono generalmente gli ultimi a migrare e si spostano in concomitanza di grosse ondate di freddo. Le stagioni con un alto numero di femmine adulte classificate AC0 e An+xC1 confermano la buona annata riproduttiva.
Due “tipi” di beccaccia
Siamo in grado di affermare dal piumaggio che esistono solo due “tipi” di beccaccia: quella più chiara di provenienza settentrionale (russo-finnica) e quella più scura di provenienza più meridionale (balcanica).
A proposito della questione beccacce “scopaiole o reali”, attraverso l’osservazione della muta non possiamo dividere le beccacce in queste due “categorie letterarie”, frutto della tradizione e di un linguaggio in voga fra i beccacciai di un tempo. Le beccacce che presentano un piumaggio più chiaro nelle piume GCII (piccole spruzzate di bianco), un colore bianco sul piumino del sotto-gola fino al petto, e nel sotto-ala una chiarezza diffusa che attenua molto il grigio dei fregi del vessillo, sono classificate quali beccacce chiare; di provenienza settentrionale, nate in habitat aperti (foreste di betulle a ridosso della tundra), generalmente con un collo più affusolato. Mentre le beccacce che presentano sfumature rossastre nei sistemi di piume GCI e GCII, presenza di macchioline nere e in alcuni casi una sistematica diffusione della melanina fino alle remiganti, sono classificate quali beccacce scure; di provenienza più meridionale, nate in ambienti con fitto sottobosco, sono di forma corporea più tozza, con sotto gola e petto con sfumature marroni, fregi del vessillo di un netto grigio scuro, infine con un collo meno affusolato (“a civetta” nella vulgata francese).
Al sottoscritto è capitato di osservare soggetti giovani di peso superiore ai 300 grammi e con remiganti primarie che non presentavano segni di usura, facendo supporre che tali soggetti siano nati molto vicino ai luoghi di prelievo. E’ un dato da interfacciare in Italia con l’aumento di beccacce nidificanti nelle valli alpine (areale Como) o a ridosso delle stesse, così come in alcune località alto-appenniniche. Questo fenomeno richiede un attento monitoraggio e sembra destinato ad aumentare con le trasformazioni climatiche e l’aumento delle temperature minime in tardo inverno e primavera, connesse a estati piovose di tipo tropicale.
Le ali “italiane”
Le ali “italiane” sono identiche in tutto a quelle analizzate in altri Stati d’Europa. Tuttavia si riscontrano delle curiosità che stanno diventando oggetto di accurate riflessioni.
Riceviamo sul fronte occidentale della nostra penisola, in particolare lungo la dorsale alto-tirrenica, un flusso migratorio di provenienza francese che debutta molto presto, generalmente ai primi di ottobre. Mentre, in questo periodo, la migrazione classica da nord-est non è ancora attiva e non si hanno notizie di entrate dai passi appenninici più importanti, rivolti a NE, ai primi di ottobre si registrano incontri e prelievi sulle aree tirreniche e nell’alto Appennino tosco-modenese. Le ali provenienti da questi prelievi presentano nella maggior parte dei casi le GCII con un vessillo nitido e un colore ocra (di solito puntiforme) ben distribuito e molto brillante, sia nei J che negli A. Sono tratti distintivi che fanno pensare a un ceppo di provenienza alpino-francese, a conferma dell’aumento dei siti di nidificazione francesi e di una rotta migratoria fidelizzata tra la Francia e l’Italia.
In più di dieci anni di lettura delle ali sono capitati soggetti che presentavano accenni di albinismo sotto forma di piccole macchie bianche presenti soltanto sulle punte delle piume CGI e GCII. Mentre sono più rari i casi di beccacce con penne remiganti a striatura bianca (solitamente le P10 e P9). Ancora più rari sono i casi di prelievo di beccacce “isabella/pastello”, dove tutto il sistema di piume appare molto chiaro, con sfumature di beige, tendenti al rosa. Prelievi di questo tipo sono registrati in Albania, Grecia, Montenegro. Negli ultimi anni ne abbiamo registrate in Italia tante quante le dita di una mano.
Come maneggiare e leggere le ali
Prima di illustrare la dinamica di riconoscimento dell’età della beccaccia, è necessaria una raccomandazione su come si prepara e si tiene correttamente in mano un’ala prima di iniziare la sua lettura.
Raccolta dell’ala. Si raccoglie l’ala destra per convenzione. I dati delle due ali, infatti, in qualche caso possono differenziare. Si raccoglie l’ala sinistra in caso la destra risulti particolarmente sciupata.
Preparazione. Dai soggetti prelevati durante la legale pratica dell’esercizio venatorio si provvede a recidere l’ala destra a livello dell’articolazione scapolo-omerale e ad essiccarla. Il sistema di essiccamento non è standardizzato: è sufficiente lasciare l’ala bloccata nella posizione desiderata attraverso l’ausilio di spille, chiodini o quant’altro disponibile, per ottenere un’apertura tra i 130° e i 160°, su di una superficie asciutta (legno, polistirolo, cartone). Dopo circa una settimana l’ala è pronta per essere imbustata e inviata. Una busta per ogni ala. Al contempo occorre riportare alcuni dati specificamente richiesti sulla busta (peso, sesso, località e data e data del prelievo, temperatura e condizioni meteo, eventuali particolarità biometriche) che serviranno da complemento a studi più approfonditi.
Lettura. L’ala così preparata si presenta davanti i vostri occhi come un mazzo di carte aperto. Il pollice della mano destra appoggia sullo snodo carpale, esattamente dove confluiscono le grandi copritrici primarie e secondarie. Con le dita della mano sinistra si procede a lisciare le penne, eliminando ogni sovrapposizione. Si sottopone l’ala a una fonte luminosa fissa e ravvicinata (30 cm) in modo tale da evitare errori nella percezione delle sfumature dei colori.
Siamo pronti così a iniziare la lettura con il Metodo Boidot, seguendo un vero e proprio percorso che parte dall’osservazione del primo gruppo di penne, ovvero le 10 remiganti primarie (P). La loro muta è di tipo centrifugo ovvero dall’interno verso l’esterno. La beccaccia, nel suo primo anno d’età, non muta queste penne. Mentre gli adulti la completano da luglio a settembre. Durante la muta l’uccello può continuare tranquillamente a volare.
Le caratteristiche che consentono di distinguere le remiganti primarie (P) tra un uccello adulto (A) e uno giovane (J) sono: la lunghezza, maggiore, nell’adulto; il vessillo, più largo nell’adulto, fino a formare una tipica sciancratura sull’apice, facilmente visibile a livello di P7, P6, P5, P4; maggior presenza di duvet (piumino) sulla rachide a base della piuma negli adulti; pigmentazione marcata e disegno a contorni nitidi negli adulti, più tenue nei giovani.
La nostra attenzione si concentra adesso sulla remigante primaria (P) esterna, la n° 10, per verificare la presenza di usura dell’apice, ovvero l’estremità. Il fattore determinante dell’usura della remigante esterna è il volo, ovvero l’attrito con la vegetazione e il suolo. L’usura si presenta sotto forma di seghettatura. Quindi, in presenza di questa usura caratterizzante, possiamo stabilire di essere in presenza di un soggetto giovane. Gli adulti invece non presentano usura dell’apice. L’usura non è proporzionale alle distanze di volo effettuate. Mentre, molto interessante è il rinvenimento di alcuni giovani tardivi senza usura delle 3 remiganti esterne P10-9-8, da supporsi nati presso i luoghi di caccia e definiti autoctoni. Infine, citando lo stesso Boidot, il colore e i motivi inerenti al disegno del vessillo esterno della P10 non determinano né l’età, né il sesso dell’uccello, come in precedenza avevano affermato certi autori. Verificando queste caratteristiche siamo in grado di distinguere una beccaccia giovane da una adulta.
E’ il momento di dare loro la classificazione (C). Per fare questo nei giovani (J), e quindi suddividerli da JC4 a JC0, occorre continuare a leggere le grandi copritrici primarie GCI e secondarie GCII, insieme alle tre polliciali, sempre restando sulla superficie esterna dell’ala. Invece, per classificare gli adulti (A) nelle due categorie di prima muta sospesa post-nuziale o x muta sospesa post-nuziale, occorre leggere le GCI e GCII della superficie interna dell’ala.
La classificazione dei giovani
Cominciamo a leggere le caratteristiche delle piume che formano le grandi copritrici primarie (GCI). Queste piume sono in numero di 10 e nell’osservazione delle loro punte abbiamo definitiva conferma se siamo in presenza di un giovane o di un adulto.
Le GCI adulte sono molto più larghe e finiscono con una “frangia” orizzontale color avorio, tendente al bianco (creando un nitido distacco visivo sul punto di contatto con le remiganti primarie). Nei giovani questa frangia non si è ancora formata e il loro disegno si uniforma a quello delle remiganti, in una continuità di pigmenti e sfumature.
Sicuri di avere fra le mani un’ala appartenente a un soggetto giovane (J) è il momento della classificazione (si usa la lettera C maiuscola).
Spostiamo quindi la nostra attenzione su altri due gruppi di piume della superficie esterna dell’ala: troviamo le 3 polliciali (POL) e le 16 grandi copritrici secondarie (GCII).
Le tre piume polliciali formano la cosiddetta alula. Nei giovani si presentano corte e strette, affilate in punta, di pigmentazione bruno-chiaro, con disegno e contorni sbiaditi. La loro muta, ovvero la trasformazione in piume di tipo adulto, quindi più lunghe, con estremità arrotondata, pigmentazione bruno-scuro tendente al nero, con disegno e contorni ben definiti, avviene in maniera “centrifuga”. Inizia, infatti, dall’interno verso la punta dell’ala. La muta si definisce anarchica nei casi in cui inizia dalla numero 2. Alle piume polliciali non mutate viene attributo un sistema di calcolo punti/piume da sommare a quello delle piume non mutate delle grandi copritrici secondarie.
Ricordiamo che il metodo Boidot si basa sempre sul conteggio delle piume non mutate, sia nei giovani che negli adulti.
Analizzando le 16 GCII dobbiamo individuare la presenza di piume non mutate riconoscendole perché più sottili, più corte e con punte ovali, di colorazione rossastra, con disegno irregolare e contorni sbiaditi. La muta delle GCII, quindi la trasformazione delle stesse in tipo adulto, ovvero più larghe e lunghe, di colorazione bruna, con disegno e contorni netti, avviene seguendo sempre un andamento centrifugo, dall’interno in posizione ravvicinata al torace (la n° 16) verso l’esterno dell’ala (la n° 1). Anche le GCII presentano casi di muta anarchica allorché la muta comincia da posizione centrale (n° 5-6-7). Le GCII presentano stadi di evoluzione differenti, che comunque resteranno bloccati durante il periodo invernale del primo anno d’età. Questi differenti stati di muta vengono ripartiti in 5 classificazioni corrispondenti al numero totale di piume non mutate, sommate a quelle delle polliciali.
La classificazione delle beccacce giovani
Le beccacce giovani (J) si classificano (C) in:
- JC0: trattasi della muta più avanzata con le 16 GCII tutte mutate e le 3 POL tutte mutate;
- JC1: GCII tutte mutate + 1,2 o 3 POL non mutate;
- JC2: da 4 a 7 GCII non mutate, comprese 3 POL non mutate;
- JC3: da 8 a 12 GCII non mutate, comprese 3 POL non mutate;
- JC4: da 13 a 19 GCII non mutate, comprese 3 POL non mutate.
Legenda: POL: piume polliciali; GCII: grandi copritrici secondarie
Queste cinque classificazioni nei giovani corrispondono a un’età che si esprime in mesi, però non perfettamente attribuibili. Trattandosi di beccacce nate nell’anno, possiamo valutare i JC0 e i JC1 quali soggetti precoci di nidiate dischiuse da metà aprile a metà maggio; mentre i JC3 e i JC4 sono soggetti tardivi, nati in alcuni casi anche alla fine di giugno. Poiché la muta si sospende per la migrazione e resta bloccata per il periodo di svernamento, le piume delle ali di beccaccia hanno un preciso valore anagrafico. Se nel mese di novembre preleviamo un JC0, esso avrà più o meno 7 mesi di vita, mentre un JC4, sempre in novembre, avrà circa 5 mesi.
La beccaccia più prelevata nell’areale mediterraneo è appartenente al gruppo JC1, solitamente nel picco metà novembre / metà dicembre: trattasi di soggetto con 8 mesi di vita circa. L’age ratio, ovvero la percentuale di giovani rispetto agli adulti, negli ultimi anni si attesta su valori del 70%. È un dato confortante, che spiega il corretto prelievo sulla specie, che va a incidere (usando un termine di politica economica) sugli interessi e non sul capitale. Possiamo affermare che la pressione venatoria esercitata con il cane da ferma sulla specie Scolopax rusticola risulta, attraverso la lettura delle ali, sostenibile.
La classificazione degli adulti
Per classificare (C) le beccacce adulte (A), una volta osservata la mancanza dell’usura sulle punte delle remiganti primarie esterne (P10-9), l’effetto “sciancratura” (ovvero l’apice squadrato con una leggera unghia) sulle remiganti primarie P7-6-5 e la tipica frangia color avorio/bianco sull’estremità di tutte le 10 grandi copritrici primarie GCI, occorre rovesciare l’ala e “leggere” il sistema di piume presente nella superficie ventrale.
Vista dall’interno, l’ala presenta una colorazione grigia piuttosto omogenea e l’attenzione va posta sulle variazioni dei toni del vessillo, ricordandoci che, mentre nella superficie esterna di un’ala adulta le piume sono tutte mutate, nella superficie interna vi è la presenza di piume adulte, ma di “tipo giovanile”, ovvero di forma stretta, di un grigio chiaro opaco a effetto ossidato. Sono sempre piume adulte, ma non sono mutate; mentre quelle adulte mutate sono più larghe e con il disegno del vessillo di colore nero, quasi brillante.
Quante volte si è riprodotta?
Le piume non mutate dell’ala adulta ci servono per il conteggio attraverso il sistema di attribuzione punti/piuma.
La beccaccia si considera adulta quando si è riprodotta. Se si è riprodotta una volta sola, troveremo le tracce di piume di tipo giovanile (apice stretto e vessillo frastagliato) e viene classificata come An+1C (adulto in prima muta post nuziale). La beccaccia ha quindi un anno di vita. Se si è riprodotta due o più volte, troveremo piume adulte non mutate (apice largo e vessillo definito), ma di un grigio tenue e sbiadito rispetto alle piume adulte caratterizzate, come abbiamo detto, dal disegno nero intenso e brillante. Queste beccacce sono classificate come An+xC (adulto in x muta post nuziale, ovvero che si è riprodotto almeno due volte, e dove la x mantiene il connotato di alea, poiché non siamo ancora in grado di determinare ulteriori stati di età adulta).
Parlando di sistema di piume superiori, le piume non mutate negli adulti si trovano solo fra le 16 remiganti secondarie, mai nelle remiganti primarie. Mentre nel sistema di piume inferiori, fra le grandi copritrici primarie GCI (in numero di 10) e le grandi copritrici secondarie GCII (in numero di 16) si trovano spesso piume di tipo giovanile (non mutate). Le piume non mutate fra le GCI si riconoscono poiché di colore grigio chiaro e con disegno sbiadito, mentre quelle mutate hanno un disegno scuro su base quasi bianca. Le piume non mutate fra le GCII hanno la forma stretta, con l’estremità smussata e un disegno a V più o meno marcato e sbiadito, mentre quelle mutate sono di forma più larga, le barre del disegno non sono a V bensì orizzontali, il colore è un nero marcato su fondo quasi bianco.
Nove varietà di beccacce adulte
Per stabilire la classificazione (C) si conta un punto per ciascuna delle piume GC non mutate e due punti per ciascuna remigante secondaria (P2) non mutata.
All’interno delle beccacce che si sono riprodotte una volta (An+1) avremo quindi:
- An+1C4 30 e oltre piume non mutate;
- An+1C3 da 20 a 29 piume non mutate;
- An+1C2 da 10 a 19 piume non mutate;
- An+1C1 da 1 a 9 piume non mutate.
All’interno delle beccacce che si sono riprodotte due o più volte (An+x) avremo quindi:
- An+xC4 30 e oltre piume non mutate;
- An+xC3 da 20 a 29 piume non mutate;
- An+xC2 da 10 a 19 piume non mutate;
- An+xC1 da 1 a 9 piume non mutate.
Attenzione: se un adulto presenta tutte le piume mutate, si definisce a muta terminata, senza possibilità di distinzione fra le categorie An+1 e An+x. Avremo quindi: AC0 tutte piume mutate.
L’AC0 è l’adulto più diffuso e prelevato nel nostro areale. Mentre la classificazione C1 è la più frequente (lo stesso accade anche nei giovani).
Con questo metodo possiamo classificare nove varietà di beccacce adulte, 4 fra gli An+1, 4 fra gli An+x e l’AC0.
È importante ricevere ogni stagione venatoria un buon numero di AC0 rispetto agli altri adulti, perché significa che si è svolta una stagione riproduttiva regolare e serena. Invece, se rinveniamo adulti in fase C4 e C3, certifichiamo la presenza di fattori di stress nel periodo di nidificazione che hanno impedito una regolare muta delle piume.
Ricordiamo che l’avanzamento della muta è collegato alla reperibilità del cibo, così come alla stabilità dei fattori climatici. Una femmina adulta AC0 oppure An+1C1 o An+xC1 certifica una regolare stagione riproduttiva.
La presenza di un numero elevato di femmine adulte in fase C4-C3 racconta generalmente di primavere tardive con neve prolungata o alluvioni che causano dispersione di nidi, così come, nel prosieguo di stagione, di estati siccitose magari colpite da vasti incendi.
È evidente il contributo che il Metodo Boidot conferisce alle analisi sulle dinamiche della specie. La lettura delle piume delle ali non solo consente l’acquisizione di dati diretti in termini di classificazione d’età, ma anche indiretti sullo stato della specie, offrendo così al legislatore un supporto scientifico notevole per adottare misure di prelievo sostenibile sulla specie, da adottarsi a livello internazionale.