Il coltello da caccia necessita di attenta e costante manutenzione per lavorare in perfetta efficienza e svolgere con funzionalità il proprio compito.
Tornati da una fortunata uscita di caccia, occorre avere cura e pulire tutta l’attrezzatura. Dopo aver accuratamente ripulito il nostro fidato coltello da caccia e magari averlo lubrificato, ci accorgiamo però che il tagliente della lama non è più affilato come prima. Addirittura sembra avere alcune piccole intaccature, probabili conseguenze di un uso piuttosto intensivo e forse del contatto con ossa o altre superfici dure e irregolari. La prova di taglio su un pezzo di carta ci conferma la prima impressione: il filo presenta indubbi segni di usura.
Gli acciai non sono tutti uguali
Come rimediare? Dipende dall’attrezzatura che nel frattempo avremo acquistato allo scopo, ma anche dalle caratteristiche costruttive del nostro coltello. Partiamo da queste ultime. Senza entrare in dettagli troppo tecnici è bene sapere che l’acciaio che compone la lama è fondamentale anche per una buona riuscita dell’affilatura.
In particolare, gli acciai al carbonio hanno notoriamente l’handicap di essere più soggetti all’umidità e agli agenti atmosferici, ma dall’altra parte l’indubbio vantaggio di poter essere affilati con maggiore rapidità. Viceversa l’acciaio inox ha maggior tenuta alla corrosione, ma comporta maggiori difficoltà nell’affilatura, dovute alla maggior durezza del materiale.
All’interno delle due categorie vi è poi un’infinità di materiali più o meno di qualità, da cui dipenderà in definitiva la facilità di gestione e la durata della lama.
Una pratica che richiede tempo
Se vogliamo cimentarci con l’affilatura casalinga dobbiamo però rassegnarci a una dura realtà. Si tratta di un compito che necessita di una discreta pratica e soprattutto di tanto tempo. Non facciamoci quindi ingannare da attrezzatura, venduta on line o consigliata da sedicenti esperti, che garantisce la perfetta affilatura in pochi minuti e con quattro passate di lama. Ripristinare il filo di un coltello necessita di attenzione, un po’ di manualità e tanta pazienza.
Anche gli acciaini che spesso vengono forniti con i coltelli industriali non possono essere risolutivi su un coltello con il filo palesemente danneggiato. L’acciaino (che va usato correttamente con la punta appoggiata su un piano e tirando il coltello verso di noi con il giusto angolo) può essere utile per correggere le macroscopiche sbavature della lama, ma non per ottenere una affilatura uniforme e duratura.
Che cosa serve per cominciare
L’attrezzatura essenziale per prenderci cura dei nostri coltelli è piuttosto modesta ed economicamente accessibile a tutti. Consiste in una piccola mola elettrica ad acqua e un set base di pietre sintetiche, anch’esse da utilizzare con acqua. I negozi specializzati, anche on line, hanno offerte vantaggiose, ma il consiglio è di impratichirsi con strumenti di buona qualità, che ci agevoleranno notevolmente il compito.
Il primo passo per la manutenzione di un coltello molto usurato è una serie di passate della lama (da dieci a venti per lato) con la mola ad acqua, usando un disco di pietra con grana 200-220. Per chi non lo sapesse, la grana misura la consistenza più o meno grossolana della superficie della pietra, analogamente a quanto accade con la carta abrasiva. In sostanza, più alto è il numero, più la grana è fine e maggiormente adatta a lavori di precisione.
L’angolo di affilatura del coltello da caccia
Prima di lavorare sul coltello, dovremo però stabilire il corretto angolo di affilatura, che deve coincidere con quello originario con cui è stato fabbricato il coltello stesso. Per fare ciò potremo far riferimento a eventuali dati forniti dalla casa produttrice o dall’artigiano oppure rendercene conto direttamente con l’osservazione ravvicinata. In generale, i coltelli da caccia presentano un angolo intorno ai 40° e a questa misura potremo fare riferimento nella maggior parte dei casi. Soltanto i coltelli destinati a sfilettare o a effettuare lavori di fino potrebbero avere un angolo minore, intorno ai 25°-30°.
Una volta individuato l’angolo corretto, sarà necessario impostarlo sulla mola, utilizzando le guide che vengono fornite con la stessa. Si tratta in sostanza di barre e morsetti che consentono di regolare e tenere fissa la posizione con cui andremo a passare la lama sulla ruota abrasiva. Una volta impostato l’angolo in questo modo sarà sufficiente passare uniformemente la lama sulla mola sino alla punta, da entrambi i lati, e con dolcezza e senza sobbalzi, per avere un trattamento uniforme.
Questa prima fase ha lo scopo di uniformare il filo, eliminando eventualmente i danni più macroscopici e ottenendo una superficie non ancora perfettamente affilata ma comunque ben liscia.
Un po’ di pratica e tanta pazienza
E passiamo alla fase forse più complessa, ma di maggiore soddisfazione: l’affilatura a mano su pietra. Non fatevi spaventare da tutorial o appassionati che la ritengono quasi impossibile. Con la necessaria pratica e soprattutto pazienza, la vostra manualità aumenterà di giorno in giorno, permettendovi di avere risultati ottimali. Naturalmente è consigliabile cominciare e fare pratica su coltelli economici e non di pregio, su cui eventuali errori non comporteranno grossi rimpianti.
In sostanza si tratta di porre la pietra abrasiva (che avremo preventivamente ben bagnato) su un piano di fronte a noi, impugnare il coltello e spingerlo sulla pietra con un movimento semicircolare, in modo che a ogni passata tutto il filo della lama passi sulla pietra. Anche in questo lavoro dovremo però mantenere fermo il corretto angolo e qui non ci sono guide che ci possano aiutare, anche se alcune aziende producono appoggi più o meno intuitivi per mantenere ferma l’angolazione.
Una misura empirica, ma sempre piuttosto valida è quella del pollice. Per un coltello con la lama alta 4-5 centimetri è corretto frapporre tra la pietra e il dorso della lama il nostro pollice, posto di lato; in questo modo sarà mantenuto un angolo di circa 40°. Al diminuire dell’altezza della lama, diminuisce in proporzione anche tale misura (mezzo pollice, ad esempio, per una lama alta 2,5-3 centimetri). Alternando le passate su entrambi i lati della lama, possiamo lavorare per cinque-dieci minuti con una pietra grana 400.
Non è ancora fatta
Dopo questa fase, passando il dito sul filo lo troveremo molto tagliente. Questo non deve però ingannare inducendoci a ritenere di aver finito: l’apparente affilatura è dovuta alle micro asperità che la grana 400 (ancora piuttosto grossolana) crea sul filo, rendendolo molto efficace nell’immediato, ma piuttosto fragile dopo pochi tagli.
Per completare il lavoro occorre invece passare per altri dieci minuti con una grana 3000 e finire il lavoro per altri cinque minuti con grana 8000. In questo modo il filo viene progressivamente affinato anche nel dettaglio in modo da avere una struttura più duratura per l’uso successivo.
Se proprio vogliamo essere professionali, possiamo dedicare qualche passata finale con una coramella di cuoio, per eliminare anche la microscopica bava di acciaio che costituisce il residuo dell’affilatura.
Per un’ottima affilatura
Facendo una breve somma, comprendiamo subito che l’accurata affilatura di un singolo coltello può portarci via anche mezz’ora, con buona pace dei prodotti miracolosi pubblicizzati in tv.
Questo processo è più che sufficiente per ottenere una ottima affilatura di un coltello da caccia. In realtà la tecnica di affilatura è una vera e propria scienza della infinite sfaccettature, per cui potremo anche documentarci su come ottenere lame ancora più affilate (a rasoio) o finiture a specchio molto accattivanti. Ma si tratta di finalità più estetiche che pratiche, che esulano forse dall’uso sul campo che viene richiesto a una lama da caccia.
Per completezza può essere interessante sapere che esistono kit di affilatura di dimensioni e peso molto contenuti che invertono la tecnica di lavoro con la pietra. In sostanza il coltello viene tenuto fermo da appositi morsetti e le pietre (dalla più grossolana alla più fine) vengono progressivamente passate sulla lama attraverso guide angolari che mantengono fisso l’angolo di lavoro desiderato. Si tratta di strumenti di buona qualità, ma che incontrano qualche difficoltà nel lavorare su lame di dimensioni generose.
Inoltre, tolgono un po’ di poesia a quella che è una sorta di arte zen e alla soddisfazione di prenderci cura con le nostre mani del nostro indispensabile strumento di acciaio.
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