Il cocker spaniel è un folletto tuttofare molto utilizzato e amato nel Regno Unito. E anche da noi il vento inizia a girare a suo favore.
Nel corso delle mie scorribande nel Regno Unito mi sono abituata alla presenza dei cocker. Se penso a un cocker, infatti, mi viene in mente il cosiddetto cocker da lavoro. Oltremanica sovente lo si incontra al fianco di un guardiacaccia, al piede di quegli appassionati che lo utilizzano per il riporto o per completare un gruppo di famiglia fatto da retriever. Il cocker da lavoro a volte è bruttino, a volte conserva una certa tipicità di razza, ma in entrambi i casi è piacevole ed efficace.
Linee da lavoro e in linee da show
La razza è nata formalmente nel 1873, ma presto si è manifesta la tendenza a una divisione in linee da lavoro e in linee da show. Le linee da show iniziarono a prendere il sopravvento a partire dal dopoguerra e, complice un’epidemia di mixomatosi in Gran Bretagna, che sterminò quasi interamente la popolazione di conigli, calò l’interesse nei confronti dei cocker da lavoro. A partire dagli anni Settanta tuttavia, la passione nei confronti di questi cani è tornata a rivivere consentendoci, oggi, di avere cocker addestrabili e docili. Docili sì, ma esuberanti, capaci di autonomia di pensiero e sensibili: il cocker non risponde bene all’addestramento in durezza.
Se negli anni Cinquanta il ruolo del cocker, in Gran Bretagna, era essenzialmente quello di accompagnare il cacciatore con il fucile (il così detto rough shooting), oggi questi cani sono usati per lo più nella caccia in battuta all’inglese, sia per scovare e involare i selvatici sia per riportarli. Secondo alcuni appassionati infatti, gli spaniel sono persino più efficaci dei retriever nelle azioni di recupero perché più vocati al lavoro nello sporco. L’ideale, in questo caso, trattandosi di cani meno calmi e pazienti dei labrador, è impiegarli durante la battuta posizionandoli dietro (e ben lontani) dalla linea di tiro. Così facendo, springer e cocker possono concentrarsi sugli animali abbattuti che sono caduti dietro la linea di tiro e sui feriti che cercano di allontanarsi.
Un numero impressionante
Nel Regno Unito si registrano fino a 24.000 cocker spaniel all’anno (dati 2018), un numero impressionante sebbene vada considerato che la maggior parte degli esemplari appartenga alle linee da show. In Italia siamo su tutte altre cifre (nel 2020 sono stati registrati 2.600 cocker) e, stante la prevalenza anche nostrana delle linee da bellezza, diventa complicato per gli aspiranti cockeristi conoscere la razza e trovare esemplari ben selezionati per il lavoro.
Chi intende acquistare un cocker dovrebbe tenere anche d’occhio la selezione per la salute. L’Enci ha stilato una lista di malattie genetiche per i quali i riproduttori andrebbero controllati al fine di accedere alla riproduzione selezionata. Le patologie in questione sono l’atrofia progressiva della retina (Pra), la nefropatia famigliare (Fn) e la lussazione della rotula.
Come sono i cocker da lavoro? Sono cani di taglia medio-piccola la cui struttura può variare anche parecchio dall’uno all’altro e lo stesso può dirsi per il mantello. Il pelo è setoso, non particolarmente abbondante e può presentarsi in moltissime varietà di colore. Gli altri dettagli lascio che siano gli appassionati a raccontarveli.
Elena Villa: «I miei perché di un cocker»
Da sempre sono una cinofila agonista, non solo competo in prove di lavoro, ma anche in diverse altre discipline come sleddog, agility e sheepdog. Quello che cerco principalmente in un compagno a quattro zampe è la versatilità (possibilità di impiegarlo in più discipline) e l’addestrabilità. Mi annoio ad avere cani “solo da ferma”. Fedele a questo principio, finora mi sono accompagnata nelle mie giornate di caccia, nelle competizioni venatorie e nella vita con la razza regina in quanto a versatilità e addestrabilità, sua maestà il kurzhaar, raccogliendo moltissime soddisfazioni.
Che cosa mi ha spinto quindi a passare dal kurzhaar al cocker? Sentivo il bisogno di fare qualcosa di nuovo, vivere una caccia più incalzante e con meno regole. Provo a spiegarmi meglio. Per preparare un cane da ferma a puntino, come piace a me, è necessario molto lavoro sulle competenze del cane prima, durante e dopo lo sparo. Ovviamente io pretendo che si osservino anche a caccia le correttezze; solo per citarne un paio, riporto a comando, a vista e fuori vista, assoluto divieto di inseguire la selvaggina di pelo, cerca ristretta nello sporco, ampia al pulito. Insomma, ogni minimo aspetto richiede un controllo.
Con i cocker è tutto più facile
Ho sempre però avuto l’impressione che con i cocker fosse tutto più facile, lasciando più tempo per addestrare su cose divertenti. La cerca dei cocker si svolge tradizionalmente in terreno coperto o molto coperto, quindi nessuno si mette a sindacare come e dove l’ausiliare passi (il vento non la fa da padrone come in campo aperto). I cocker non fermano, l’abbocco non è la maledizione della giornata, non importa dove mettano il naso o come portino la testa.
E per finire, adorano il riporto, quindi possiamo sbizzarrirci. Riporti fuori vista, conduzione a distanza, tutti aspetti che mi accendono. Questa grande docilità e la massima motivazione al gioco aprono anche tutte le porte a molte discipline cinofile non venatorie come l’agility e la ricerca. In particolare, rispetto agli altri gli spaniel trovo molto affascinante lo stile di cerca del cocker, quello sgattaiolare frenetico sotto la vegetazione e la gioia che sprizzano in ogni aspetto del lavoro.
Sto scrivendo queste righe con al mio fianco un piccolo folletto dalla doppia personalità; in casa è l’apoteosi della tenerezza, ma in campagna si trasforma in un esserino indemoniato che non è per niente facile da gestire. La cucciola ha solo sei mesi e mi piace che abbia questo gran motore. So che ci aspetta molto lavoro per far sì che riesca a controllarsi di fronte agli stimoli che la caccia sa dare, ma non vedo l’ora di vivere insieme a lei questa avventura e, perché no, magari di presentarci a qualche competizione venatoria nella prossima stagione.
La ricerca del giusto soggetto nel cocker non è facile e la razza è spaccata in due metà in completo contrasto tra loro. La dicotomia bellezza-lavoro in questi cani è massima. “Puoi far lavorare un cane da show, ma questo non lo trasformerà in un cane da lavoro, ma in un cane da bellezza che lavora” si dice. Io il mio piccolo diamante grezzo l’ho qui accanto, ora spero di valorizzarlo e di esserne all’altezza.
Barbara Stefani: «Il mio cocker l’ho trovato a beccaccini»
Ho iniziato ad allevare cocker spaniel inglesi (linea da lavoro) una decina di anni fa, con affisso Enci di San Maurelio. “Linea da lavoro” significa che si tratta di cani selezionati da allevatori britannici seguendo quei criteri che li rendono idonei al lavoro. Tra ciò che serve a un cocker per essere un buon cane da lavoro abbiamo dei tratti morfologici e dei tratti caratteriali.
Siamo di fronte a cani addestrabili, molto attenti al conduttore e con una groppa più lunga (rispetto alle linee da show) per avere più spinta e velocità. Le orecchie e il pelo sono più corti, questo per ragioni di praticità. Gli inglesi li chiamano working cocker, io li chiamo cocker spaniel inglesi potenziati. Ho scelto il cocker come razza perché è un piccolo atleta, dinamico, sportivo, ma potente, un cane che lavora nei rovi, penetrandoli come un trapano e facendoti letteralmente schizzare la selvaggina a tiro di fucile.
Non essendo un cane che ferma, la cerca del cocker si deve svolgere al massimo a 25 metri dal fucile, per permettere al cacciatore di abbattere il selvatico al volo. L’animale deve essere ben segnalato dal cane, con improvvisi cambi di direzione e con il movimento della coda, che diventa più frenetico con l’avvicinarsi dell’emanazione, in modo che ci si possa preparare allo sparo. Può partire un fagiano, schizzare una lepre, involarsi una beccaccia, e, perché no, un germano o un beccaccino, nei bordeggi dei fiumi e dei fossi.
Il cocker ama il riporto, si lancia impavido nell’acqua, e se ben affiatato con un proprio compagno di caccia, recupera qualsiasi tipo di animale abbattuto, consegnandolo in mano. È anche il compagno ideale nella caccia d’appostamento a tordi e colombacci, dove impara a restare immobile per essere poi inviato al riporto a comando, recuperando con dente morbido l’animale.
Nelle risaie di Jolanda di Savoia
Un episodio che ricordo con piacere è accaduto in valle, qualche anno fa, nelle risaie di Jolanda di Savoia, vicino alla mia città, Ferrara. Eravamo a beccaccini. Non avevo tante esperienze su questo selvatico, ma mi sono accorta subito che, al minimo rumore, il beccaccino si involava da solo fuori tiro, lasciandomi a bocca asciutta. Allora misi la mia cocker al piede, sganciandola di tanto in tanto e facendola cercare a pochi metri da me, piano piano.
L’atmosfera in risaia era incredibile, le stoppie di riso giallo oro riflettevano un paesaggio quasi lunare, era tutto uguale: non c’erano punti di riferimento, solo l’abilità della cagna nel memorizzare il punto di caduta del beccaccino e, ovviamente, il suo naso nel trovarlo. La ricordo come una cacciata molto faticosa, perché le risaie andavano percorse di traverso, saltando ogni 25 metri un fosso pieno d’acqua, largo almeno un metro e mezzo, perché, se avessi proceduto longitudinalmente (e sarebbe stato molto più comodo), i beccaccini si sarebbero involati da soli, lunghi e fuori tiro.
A fine mattina ero riuscita a incarnierare cinque beccaccini e un frullino, con dei recuperi difficili ed emozionanti della cagna. Non credevo di aver fatto dei grandi numeri, ma il proprietario del fondo della risaia rimase stupito di questa cacciata, e, incredulo, volle toccare con mano il mio carniere. Quel giorno che capii che il cocker era il mio cane ideale. Questo piccolo grande cane mi permette davvero di vivere la caccia a tutto tondo, praticandola su qualsiasi tipo di selvatico.
La storia di un campione: Speckle of Ardoon
Keith Erlandson è stato uno dei più famosi addestratori di spaniel del Regno Unito. Nella sua carriera ha laureato 20 campioni di lavoro, di cui cinque sono stati cocker. Tra questi va ricordata una femmina, ft. ch. Speckle of Ardoon, la cui storia è piuttosto particolare.
Speckle, nota anche con il nome di Polecat (puzzola), è descritta da Erlandson come un fenomeno della natura, il tutto nonostante le sue discutibili origini. Nata in Irlanda del Nord, questa cagna era infatti figlia di Colleen of Elan, una cagna da lavoro poco vocata… al lavoro, con la quale si chiudeva una linea di sangue che era andata affievolendosi per la troppa consanguineità. Il padre Tireragh Silver Starlight era un vecchio cane da show senza una goccia di sangue da lavoro nelle sue vene. Era stato scelto per necessità: un’epidemia di afta epizoica in corso impediva lo spostamento di animali per una distanza superiore alle dieci miglia e questo cane apparteneva a un vicino di casa dell’allevatore, Will Sloan.
L’accoppiamento produsse due cuccioli, Speckle e il fratello Wilgo. Sorprendentemente Speckle si rivelò una cagnina molto sveglia e fu mandata in addestramento da Erlandson che, nel 1971, la diplomò campionessa di lavoro (ft. ch.) all’età di 17 mesi, in una sola stagione di prove. Negli anni successivi (1972, 1973 e 1974) vinse per tre volte di fila il Champion Stake (la prova d’eccellenza per gli spaniel) realizzando un record che resta tuttora imbattuto.
Speckle era una cagna piuttosto corta, roano rosso e ben costruita. Agli eccessi di esuberanza giovanile erano abbinati stile, avidità e addestrabilità. Purtroppo nessuno dei suoi discendenti è stato alla sua altezza, ma essi hanno comunque tenuto alto il buon nome della razza aiutando (il tutto insieme all’eccezionalità della vicenda di Speckle) a far rinascere interesse intorno al cocker.
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